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martedì 5 febbraio 2013

Nissan assume in Spagna, ma taglia gli stipendi


Mentre il mercato dell’auto europea vive il momento peggiore dell’ultimo ventennio, le fabbriche lottano per restare aperte. Lo stabilimento Nissan nella Zona Franca di Barcellona – 3 mila dipendenti – rischiava la chiusura. Ha invece ottenuto nuovi investimenti e assunzioni (preziosissime in un Paese dove la disoccupazione è al 26%) in cambio di un taglio dei salari.
L’accordo, arrivato dopo 6 mesi di trattative, è stato annunciato ieri. Dal luglio del 2014 Nissan produrrà nella Zona Franca un nuovo modello – dovrebbe essere un’auto compatta – in 80 mila esemplari all’anno. La fabbrica catalana, che oggi produce dei furgoni e un’auto elettrica, lavorerà così a pieno regime. L’azienda giapponese alleata di Renault assumerà mille persone (se si considera anche l’indotto i nuovi posti di lavoro sono 4 mila) e investirà 130 milioni di euro. I nuovi assunti, però, prenderanno 19.900 euro lordi all’anno, il 20% in meno dei 25 mila euro incassati da chi già sta nella fabbrica. I sindacati Ccoo e Ugt, che all’inizio avevano respinto l’accordo siglato solo dal sindacato Usoc, hanno accettato la riduzione dei salari dopo avere ottenuto una clausola che impedisce alla Nissan di licenziare gli attuali dipendenti per sostituirli con i nuovi.
Affamata di posti di lavoro (anche a poco prezzo) più di altre nazioni europee, la Spagna continua a conquistare gli investimenti delle case automobilistiche. A ottobre la Ford ha deciso di spostare dallo stabilimento belga di Genk a quello di Valencia la produzione dei suoi nuovi monovolume (con un costo del lavoro ridotto da 40,6 a 22 euro all’ora). La Renault a novembre ha annunciato 1.300 assunzioni per la fabbrica di Palencia, mentre a gennaio Volkswagen ha ufficializzato un piano di investimenti da 1 miliardo per costruire anche le future Polo a Pamplona. Secondo i dati dell’Oica, l’associazione mondiale dei produttori di auto, nel 2011 la Spagna ha costruito 1,8 milioni di automobili, l’Italia 485 mila.
da Avvenire di oggi

mercoledì 9 gennaio 2013

I conti dei bond periferici

L'Italia quest'anno deve raccogliere sul mercato 410 miliardi di euro. La Spagna 121,3 miliardi, l'Irlanda 10.

venerdì 4 gennaio 2013

La Spagna si compra Bonos col fondo pensioni

La Spagna sta facendo comprare titoli di Stato anche anche al fondo pubblico con cui garantisce le pensioni.  Il fondo ha investito in Bonos circa il 90% dei 65 miliardi di euro del suo patrimonio. A settembre, per la prima volta nella storia, il governo ha prelevato 3 miliardi dal fondo per pagare le pensioni. A novembre lo ha fatto di nuovo, prelevando 4 miliardo. I due prelievi hanno superato il limite legale annuo, per cui il governo ha dovuto alzare il tetto. Quest'anno Madrid dovrà raccogliere 207 miliardi sui mercati (186 miliardi nel 2012).

sabato 15 dicembre 2012

La bad bank spagnola

La bad bank spagnola si  chiama Sareb e questa settimana ha raccolto i suoi primi investimenti: 430 milioni di euro da 5 banche spagnole. Le stesse banche dovrebbero metterci altri 1,3 miilardi. Il fondo pubblico di salvataggio delle banche, il Frob, contribuirà con altri 397 milioni..

venerdì 14 dicembre 2012

Pimco compra titoli italiani

Il fondo di investimento Pimco (la sigla sta per Pacific Investment Management) è il maggiore acquirente di bond del pianeta (ha asset per 559 miliardi di dollari in Europa). Sta comprando titoli di Stato di breve durata di Italia e Spagna, non quelli francesi, che rendono troppo poco. L'incertezza politica sull'Italia, spiega, "non ha colpito l'attrattività dei titoli pubblici italiani che maturano nei prossimi 3 anni". L'Italia prevede di raccogliere 410 miliardi di euro vendendo titoli di Stato nel 2013.

giovedì 22 novembre 2012

Le assunzioni spagnole di Renault

Per assumere 1.300 nuovi operai nella fabbrica di Palencia alla quale affidare due nuove piattaforme la Renault ha ottenuto dai sindacati spagnoli: far lavorare gli operai nei giorni festivi, se necessario; una giornata lavorativa di 7 giorni; aumenti di salario inferiori all'inflazione; la possibilità di fare contratti di 18 mesi; stipendi dei nuovi assunti inferiori (di circa un quarto)  a quelli dei vecchi lavoratori. "Non gli chiediamo di essere competitivi rispetto ai cinesi o ali indiani - ha spiegato il ceo Carlo Tavares - ma di essere competitivi con la nostra attività in altre regioni". Con 2,4 milioni di auto costruite nel 2010 la Spagna è il secondo produttore d'Europa, dietro la Germania (5,9 milioni di auto) e davanti alla Francia (2,2 milioni).

lunedì 19 novembre 2012

I problemi di Desertec

Il progetto Desertec, quello che prevede di produrre energia elettrica con centrali solari nell'Africa del Nord, perde pezzi. A fine ottobre è uscita Siemens, poi ha lasciato anche Bosch. Costi troppo alti e progetti troppo rischiosi, dicono. La Spagna, poi, non ha firmato il progetto di connessione della rete elettrica con il Marocco. A tre anni dall'avvio del progetto ancora non è stato realizzato nulla.

sabato 25 agosto 2012

La deflazione che manca nella zona euro


Il principale problema della "periferia dell'euro" potrebbe essere che in questi paesi gli stipendi si stanno riducendo, ma i prezzi non scendono. Nel primo decennio dell'euro la periferia della zona euro ha avuto tassi di inflazione superiori a quelli tedeschi, aiutando la Germania a diventare il centro di produzione low cost dell'area. Perché la riduzione dei salari in Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia non danneggi i consumi interni occorre che anche i prezzi scendano, con tassi di inflazione che devono restare sotto quelli della Germania e in alcuni casi, come in Grecia, andare sotto zero. In Grecia, assicura Michail Chalaris, direttore dell'ispettorato nazionale sul lavoro "c'è margine per tagliare i prezzi senza eliminare i profitti. Forse il motivo è molto molto antico: l'avidità".
dal Wsj

domenica 1 luglio 2012

I debiti delle regioni spagnole

Le regioni spagnole hano un debito di 145 miliardi e quest'anno devono raccogliere 35 miliardi di euro. Non sanno come fare, per questo hanno chiesto aiuto allo Stato centrale, che in cambio del sostegno pretende il rispetto di rigorose regole di bilancio. Madrid ha aperto per loro una linea di credito di 5 miliardi e gli ha prestato 17,7 miliardi per pagare i vecchi debiti. Per ora non può fare di più.

mercoledì 20 giugno 2012

I numeri della "austerità" Spagnola

Premessa: negli anni del boom immobiliare il governo spagnolo ha fatto piani di spesa a lungo termine (per finanziare aiuti sociali, infrastrutture e stipendi degli statali) finanziandosi con entrate a breve termine.
La spesa pubblica spagnola nel 2011 è stata del 13% più alta di quella del 2007 e il doppio di quella del 2000.
Il deficit di bilancio pubblico spagnolo è peggiorato di 13,1 punti di Pil tra il 2007 e il 2009 a causa di aumenti di spesa e cali di entrate. L'attuale "austerità" ha migliorato il deficit di soli 2,3 punti.
La spesa del governo in rapporto al Pil è aumentata di 4,4 punti tra il 2007 e il 2011 (in Germania di 2,1 punti).
Il debito pubblico spagnolo è aumentato del 90% tra il 2007 e il 2011.
Il governo Zapatero tra il 2008 e il 2009 implementò uno dei maggiori pacchetti di rilancio economico del mondo, paragonabile solo a quello degl Stati Uniti.
Martin Oro, sul Wsj

lunedì 18 giugno 2012

Le sofferenze delle banche spagnole

La Banca di Spagna ha comunicato che il tasso dei crediti in sofferenza è salito all'8,72% ad aprile dall'8,22% di marzo. E' il livello più alto dal 1994. In Spagna le banche hanno crediti che non vengono rimborsati per 152,7 miliardi di euro.

giovedì 14 giugno 2012

I redditi delle famiglie nella zona euro

Secondo i dati a disposizione dell'Ocse, tra il 1997 e il 2010 il reddito medio reale delle famiglie è aumentato dell'1,4% all'anno nell'area dell'euro.In Grecia l'aumento medio annuo è stato del 3,5%, in Spagna del 3%, in Portogallo del 2,1%, in Irlanda del 3,8%. In Italia la crescita dei redditi reali è stata in media dello 0,3% all'anno. In Germania dello 0,8%.

mercoledì 16 maggio 2012

L'esposizione della Bce verso le periferie


"Secondo le stime di Bridgewater, l'esposizione totale della cosiddetta «periferia» dell'euro è di circa diecimila miliardi di euro, sommando i debiti del settore pubblico a quelli privati. Di questi, circa 3.500 miliardi sono prestiti a suo tempo offerti a Italia, Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo dall'estero; gli investitori stranieri servirebbero dunque a finanziare il funzionamento di questi cinque Paesi, invece continuano a liberarsi dei loro crediti cercando di venderli non appena possono. Una fonte di finanziamento vitale per l'Europa del Sud sta venendo meno. Bridgewater calcola che, dall'inizio della crisi, la riduzione del credito privato all'Italia (meno 19%) o alla Spagna (meno 15%) è stata minore di quella subita dalla Grecia, dall'Irlanda e dal Portogallo (meno 5o%). Ma anche così il buco nelle esigenze di raccolta di prestiti per le imprese, le famiglie e i governi, in Italia e in Spagna, è molto grande: ai ritmi attuali solo nei prossimi sei mesi rischiano di mancare all'appello 33o miliardi".
Federico Fubini sul Corriere

sabato 14 aprile 2012

La caduta delle Borse del 13 aprile


Gli investitori stanno scommettendo pesantemente sul fallimento della Spagna. Dall’inizio di marzo tutti vogliono i credit default swap (Cds) iberici, quei titoli che garantiscono un rimborso nel caso che Madrid non sia in grado di onorare i suoi debiti. All’inizio di marzo assicurarsi contro l’insolvenza spagnola costava 355 dollari per ogni 10 mila dollari di credito, dopo 15 giorni il prezzo è salito fino a oltre i 400 dollari, ieri ha superato i 500, toccando un nuovo record. Quello precedente, 492, era stato segnato lo scorso novembre, nel peggior momento della crisi del debito europeo. In quelle settimane i Cds italiani erano arrivati a superare i 590 punti e l’Italia fino a ieri era l’unica nazione dell’euro che aveva visto i suoi Cds superare quota 500 ma non aveva dovuto chiedere aiuti internazionali (come invece hano fatto Grecia, Portogallo e Irlanda). Adesso i nostri Cds costano 428 dollari, 70 in più rispetto all’inizio di marzo, ma sopra quota 500 c’è appunto Madrid.
Da qualche giorno il governo guidato da Mariano Rajoy è costretto a smentire che la Spagna debba essere salvata, eppure la voce di un imminente piano di salvataggio continua a circolare. Il principale problema è che il governo ha comunicato dati sul debito pubblico che però non comprendono quelli delle Regioni, e senza informazioni più complete l’Europa continua a dubitare dell’efficacia del piano di risanamento dei conti spagnolo. La credibilità del nuovo premier iberico nel mondo finanziario sta scendendo tanto che ieri il <+corsivo>Wall Street Journal<+tondo> gli ha dedicato un duro editoriale. Basta il titolo: «Pollyanna in Madrid». Un dato, poi, ha fatto ulteriormente salire la tensione: a marzo le banche spagnole hanno raddoppiato la loro richiesta di fondi alla Banca centrale europea, ottenendo 227 miliardi di euro sui 361 messi a disposizione da Francoforte. E questo dopo essere state in prima fila nell’attingere alle aste a tasso scontato con cui la Bce ha concesso alle banche mille miliardi tra dicembre e febbraio. Sembra, insomma, che gli istituti di credito iberici, in serissime diffiicoltà per avere gonfiato la bolla immobiliare nazionale, non riescano a raccogliere fondi sul mercato se non chiedendoli alla Bce.
Il nuovo allarme ha spinto in alto di altri 16 punti i tassi dei Bonos spagnoli (al 5,98%), con gli italiani che li seguono a distanza sentendo la tensione (5,52%, 12 punti in più). Il nostro <+corsivo>spread<+tondo> rispetto ai Bund tedeschi è salito da 362 a 379 punti, quello spagnolo è salito fino a 424 punti.
Le Borse sono crollate, anche in vista del probabile taglio di rating delle banche europee da parte di Moody’s, che però è stato rimandato: alle italiane doveva toccare lunedì, ma a mercati chiusi l’agenzia ha annunciato una modifica dell’agenda, rinviando tutti a maggio. I titoli bancari (-6% Unicredit, -4,8% Intesa) hanno affondato Milano, che ha perso il 3,4% bruciando 11 miliardi di capitalizzazione. Giù del 3,6% Madrid, -2,5% Parigi, -2,4% Francoforte e -1% Londra. Male anche Wall Street, che vede peggiorare lo scenario globale: ieri sono arrivati cattivi dati sulla fiducia dei consumatori americani e sulla crescita cinese (il Pil salirà dell’8,1% invece dell’8,4% previsto).
In questo contesto estremamente complesso, per l’Italia c’è anche il altro rischio di perdere il controllo delle aziende, ha avvertito un allarmato Giovanni Perissinotto, amministratore delegato di Generali: «La Borsa non funziona – ha detto il manager –, bisogna cambiare le regole. C’è troppa speculazione e i prezzi sono preoccupanti, con le aziende sottovalutate in maniera pericolosa e attaccabili dall’estero».

mercoledì 11 aprile 2012

La svalutazione europea

Due analisi di Goldman Sachs spiegano che per ottenere una bilancia commerciale sostenibile il Protogallo ha bisogno di ottenere una riduzione reale del suo tasso di cambio del 35%, la Grecia del 30%, la Spagna del 2'% e l'Italia del 10-15%. L'Irlanda è invece già tornata competitiva. Con un'inflazione media del 2% nella zona euro, cioè prezzi su del 4% nelle economie forti e prezzi fermi nelle economie non competitive il Portogallo e la Grecia avrebbero bisogno di 15 anni per completare l'aggiustamento svalutativo, la Spagna di 10, l'Italia di 5-10 anni.


dal Ft

martedì 10 aprile 2012

I conti giusti dell'Europa

La Spagna dice di avere un debito pubblico di 732 miliardi di dollari su un Pil di 1.295 miliardi. In realtà il debito interno spagnolo deve comprendere anche i 183 miliardi di debito regionale, i 103 miliardi di debito bancario garantito e i 72 miliardi di debito sovrano con garanzia. In totale ammonta così a 1.090 miliardi. Se si9 considerano anche i 643 miliardi di debito europeo della Spagna (per il budget Ue, per liabilities verso i fondi e verso la Bce) la cifra sale a 1.733 miliardi, il 133,8% del Pil. L'analisi è della Phoenix Capital Research, che applicando gli stessi criteri vede un debito pubblico tedesco al 139,8% del Pil e un debito francese al 146% del Pil.

di Mauro Bottarelli, da Finanza e Mercati

giovedì 5 aprile 2012

Perché la Spagna spaventa i mercati

"Non c'è un dato economico che ispiri ottimismo. L'economia è attesa in frenata dell'1,7% quest'anno. Il tasso di disoccupazione è al 23%. Un giovane su due non lavora. I consumi nel 2011 si sono contratti dell'1,3%. Gli investimenti privati scendono. Il sistema bancario è in crisi, principalmente perché è troppo esposto su un settore immobiliare che dai massimi del 2008 ha registrato prezzi in calo del 25%. Le finanze pubbliche soffrono altrettanto: non solo il deficit 2011 è aumentato all'8,5% del Pil, non solo i conti delle 17 Regioni (che contribuiscono per il 57% alla spesa pubblica) danno l'impressione di essere fuori controllo, ma anche il debito pubblico sta salendo. La Spagna è sempre stata virtuosa su questo fronte, ma ieri il Governo ha annunciato che il debito dello Stato salirà al 79,8% quest'anno. Il rapporto è basso, ma il trend di crescita è preoccupante".


Morya Longo, il Sole 24 Ore, 5 aprile 2012

lunedì 2 aprile 2012

I mali della Spagna

L'obiettivo della finanziaria spagnola è chiudere il 2012 con un deficit al 5,3% del Pil.  La manovra è da 27 miliardi di euro. Alcuni analisti stimano che l'austerità manderà il Pil spagnolo in calo dell'1,7%. Il taglio della spesa pubblica è del 9,6%.

Il problema vero è la crisi delle banche. Gli istituti di credito hanno un milione di appartamenti che nessuno si compra, i prezzi sono crollati del 22% ma devono andare ancora più giù. Gli analisti calcolano che le banche devono fare svalutazioni per 100 miliardi di euro.

Per mettere a posto i conti le banche hanno convinto molti clienti a convertire i loro conti in azioni "preference" (rientrano nel capitale secondo Basilea II): ne hanno emesse per 32 miliardi. Quest'anno Santander ha convertito quei titoli in azioni a 14 euro ad azione, più del doppio della quotazione.

Wsj e ancora Wsj

sabato 17 marzo 2012

Il crollo dei prezzi delle case spagnole

I prezzi delle case in Spagna sono calati in media dell'11,2% nell'ultimo trimestre del 2011 rispetto all'anno prima. Nel terzo trimestre la riduzione era stata del 7,4%. Il prezzo delle case usate è diminuito del 13,7%. Sono i dati peggiori da quando, nel 2007, l'Ine ha iniziato a tracciare la statistica. Rispetto al 2007 il calo è compreso tra il20 e il 30%. Le banche spagnole hanno in portafoglio 400 miliardi di euro di prestiti al settore immobiliare, asset basati su titoli che si svalutano se i prezzi immobiliari scendono. Parliamo di una cifra pari al 40% del Pil spagnolo. http://europe.wsj.com/article/SB10001424052702304692804577282790599220690.html?mod=ITP_pageone_0

lunedì 23 gennaio 2012

Il Lussemburgo vuol far fuori la Spagna dal direttivo della Bce

Dei sei membri del comitato esecutivo della Bce oggi tre sono di paesi Pigs (Draghi, Costancio, Gonzàlez-Pàramo), uno viene dal malmesso Belgio (Praet) e un altro (Coeuré) dalla problematica Francia. Solo il tedesco Asmussen è di un'economia a tripla A. A Maggio scade il mandato di Gonzàlez-Pàramo. Al suo posto la Spagna vorrebbe mettere Antonio Sainz de Vicuna, ma il Lussemburgo si è fatto avanti per mettere nel comitato il suo Ives Mersch. Anche l'Olanda appoggia una soluzione a tripla A. Vedremo che succede.

Grand Duchy exposes eurozone fault lines - FT.com: