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giovedì 14 giugno 2012

I redditi delle famiglie nella zona euro

Secondo i dati a disposizione dell'Ocse, tra il 1997 e il 2010 il reddito medio reale delle famiglie è aumentato dell'1,4% all'anno nell'area dell'euro.In Grecia l'aumento medio annuo è stato del 3,5%, in Spagna del 3%, in Portogallo del 2,1%, in Irlanda del 3,8%. In Italia la crescita dei redditi reali è stata in media dello 0,3% all'anno. In Germania dello 0,8%.

sabato 26 maggio 2012

Eurobond, qualche dubbio sull'esempio di Hamilton


Nel chiedere ai tedeschi di intervenire per garantire i debiti degli altri europei si cita spesso l'esempio di Alexander Hamilton che, da primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti, nel suo First Report on the Public Credit propose che il governo federale che stava nascendo si facesse carico dei debiti delle 13 colonie che ne avrebbero fatto parte. Il Congresso approvò la sua idea ed evitò che alcuni degli Stati finissero in bancarotta.
Ma, avverte il Wsj, tra l'Europa di oggi e gli Usa di allora ci sono differenze non piccole. Hamilton non si fece carico dei debiti futuri, ma solo di quelli passati, che erano eredità delle spese sostenute per la guerra che ha permesso a quelle 13 colonie di diventare indipendenti e quindi potersi unire. Messi assieme i debiti del passato, quelli del futuro sarebbero rimasti separati. Difatti qualche stato americano ha poi fatto bancarotta nel Novecento e qualcuno rischia ancora di fallire. La seconda differenza è che Hamilton mise assieme i debiti sul principio che la guerra di indipendenza era una guerra da fare tutti assieme, e quindi i costi sostenuti andavano divisi tra tutti. Invece i debiti degli Stati europei sono stati fatti per interessi sempre domestici, non per qualche esigenza di spesa necessaria per unire sempre di più l'Ue.

venerdì 25 maggio 2012

Il sensato richiamo di Weidmann

Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, al Monde ribadisce un concetto abbastanza sempre: mettere in comune i debiti non favorisce la crescita, serve solo a rimandare la soluzione del problema, che è la necessità di fare riforme strutturali in grado di mettere le economie più in difficoltà in grado di crescere. Chi parla di Keynes fa finta che gli enormi debiti pubblici non esistono.

giovedì 24 maggio 2012

La straordinaria ripresa islandese

L'Islanda, che nel 2008 ha fatto bancarotta per l'implosione del suo sistema bancario, si sta riprendendo. Il Pil è salito del 3% lo scorso anno e dovrebbe fare +2,4% nel 2012. Nel 2009 era caduto del 7% e nel 2010 del 4%. La strategia islandese è stata quella di adottare un percorso autonomo. Il governo ha scaricato sui creditori internazionali le perdite del suo sistema bancario, ha svalutato la sua moneta, la krona, del 50%, ha imposto forti controlli sui capitali per evitare fughe all'estero.

Il risultato è stato un aumento di alcuni costi - come i carburanti, i finanziamenti e in generale i beni importati - e un miglioramento dell'export, che conta per il 54% del Pil del Paese. La disoccupazione è al 6,3%, l'inflazione in 4 anni è stata del 26% e ora il trend sul 2011 è del 4,8%. Gli stipendi sono diminuiti ma sono comunque più alti della media europea: l'equivalente di 10 euro all'ora per i meno qualificati, contro i 20 di prima del 2008.

In questa risalita gli islandesi hanno però qualche vantaggio che li rende poco imitabili: sono molto lontani dal resto d'Europa, per scaldare le case usano l'energia geotermica (un'energia autoctona) e sono solo 320 mila persone.

martedì 22 maggio 2012

Il motore della crescita tedesca

Oggi a Milano Ludger Schuknecht, direttore generale del ministero delle Finanze tedesco, ha spiegato una cosa semplice: l'unico modo che la periferia europea ha di risolvere la sua crisi è rendersi abbastanza competitivo da tornare a crescere. Una riforma del lavoro che permetta di spostare la forza lavoro dalle imprese improduttive a quelle produttive sarebbe un primo passo. Il secondo è il contenimento dei salari. Nel frattempo tagliare tagliare tagliare la spesa pubblica.



La variazione del costo del lavoro in Germania e nella zona euro tra il 1995 e il 2011, dal Wsj

sabato 19 maggio 2012

Un Brasile quasi europeo

A marzo il Pil del Brasile si è contratto dello 0,35% rispetto a febbraio. Un calo che fa del paese governato da Dilma Roussef la seconda economia più lenta dell'America latina, dopo l'Argentina. Nel primo trimestre la crescita si è quindi fermata all'1,1%, dopo l'1% dell'ultimo trimestre 2011. Già lo scorso anno si era concluso con risultati economici deludenti: il Pil era cresciuto solo del 2,7%.Il real si sta svalutando, è sceso sotto i 50 centesimi di dollaro per la prima volta  da tre anni. Tra  altre economie emergenti, nel primo trimestre la Cina è cresciuta dell'8,1% (+8,9% il Pil di fine 2011), mentre l'India del 6,1% (in calo rispetto al +8% di ottobre-dicembre). Poche settimane fa la banca centrale brasiliana ha tagliato il costo del denaro di 350 punti base, portandolo al 9%. Potrebbe presto annunciare un nuovo taglio, all'8,5%.

giovedì 17 maggio 2012

La lezione di Lucrezia Reichlin, in tre punti


"Primo, le deludenti performance recenti dell'Italia rispetto alla Germania non sono dovute al maggiore successo nell'export di quest'ultima ma a una domanda interna che in Italia è particolarmente depressa. Da qui l'importanza di pensare a politiche che la sostengano. Secondo, la bassa crescita del nostro Paese è un problema tutto italiano che nasce quindici anni fa e che poco ha a che fare con la crisi dell'euro. Questo problema va risolto affrontandone le sue cause strutturali. Terzo, l'Europa nel suo insieme, compresa la più virtuosa delle sue figlie, la Germania, è da quarant'anni ad un livello di reddito molto più basso di quello degli Stati Uniti. La sopravvivenza dell'euro e dell'Unione Europea dipenderà dal sapere affrontare con coraggio le cause di questa differenza e dalla capacità di analisi del perché il mercato unico e la unione monetaria abbiano largamente deluso le loro promesse iniziali. Forse questo sarà il momento in cui si smetterà di dare colpa agli speculatori e si comincerà a guardare alle vere cause dei nostri insuccessi".
dal Corriere di Oggi

mercoledì 16 maggio 2012

L'esposizione della Bce verso le periferie


"Secondo le stime di Bridgewater, l'esposizione totale della cosiddetta «periferia» dell'euro è di circa diecimila miliardi di euro, sommando i debiti del settore pubblico a quelli privati. Di questi, circa 3.500 miliardi sono prestiti a suo tempo offerti a Italia, Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo dall'estero; gli investitori stranieri servirebbero dunque a finanziare il funzionamento di questi cinque Paesi, invece continuano a liberarsi dei loro crediti cercando di venderli non appena possono. Una fonte di finanziamento vitale per l'Europa del Sud sta venendo meno. Bridgewater calcola che, dall'inizio della crisi, la riduzione del credito privato all'Italia (meno 19%) o alla Spagna (meno 15%) è stata minore di quella subita dalla Grecia, dall'Irlanda e dal Portogallo (meno 5o%). Ma anche così il buco nelle esigenze di raccolta di prestiti per le imprese, le famiglie e i governi, in Italia e in Spagna, è molto grande: ai ritmi attuali solo nei prossimi sei mesi rischiano di mancare all'appello 33o miliardi".
Federico Fubini sul Corriere

lunedì 23 aprile 2012

14 mila miliardi contro la Crisi

Calcola Cnbc che da quando è iniziata la recessione gli stati hanno speso 14 mila miliardi di dollari per combattere la crisi. Giovedì la Banca del Giappone optrebbe dare nuove indicazioni su un possibile aumento della sua strategia monetaria espansiva. La Fed tiene i tassi ai minimi e anche la Bce potrebbe pensare a un altro taglio. E pure la Banca centrale cinese taglia gli interessi per spingere la crescita. 

Segni di crisi

Gli indicatori della crisi in corso, secondo il Sole 24 Ore



martedì 17 aprile 2012

Paulson gioca contro l'Europa

John Paulson, il 56enne titolare del fondo Paulson & Co., avrebbe detto ai suoi cilenti che sta scommettendo contro i titoli sovrani europei e si sta proteggendo con i Cds. Il fondo hedge di Paulson ha in gestione 24 miliardi di dollari e lo scorso anno ha perso il 51% scommettendo sula ripresa americana. Paulson è sicuro che l'euro presto scomparirà.

sabato 14 aprile 2012

La caduta delle Borse del 13 aprile


Gli investitori stanno scommettendo pesantemente sul fallimento della Spagna. Dall’inizio di marzo tutti vogliono i credit default swap (Cds) iberici, quei titoli che garantiscono un rimborso nel caso che Madrid non sia in grado di onorare i suoi debiti. All’inizio di marzo assicurarsi contro l’insolvenza spagnola costava 355 dollari per ogni 10 mila dollari di credito, dopo 15 giorni il prezzo è salito fino a oltre i 400 dollari, ieri ha superato i 500, toccando un nuovo record. Quello precedente, 492, era stato segnato lo scorso novembre, nel peggior momento della crisi del debito europeo. In quelle settimane i Cds italiani erano arrivati a superare i 590 punti e l’Italia fino a ieri era l’unica nazione dell’euro che aveva visto i suoi Cds superare quota 500 ma non aveva dovuto chiedere aiuti internazionali (come invece hano fatto Grecia, Portogallo e Irlanda). Adesso i nostri Cds costano 428 dollari, 70 in più rispetto all’inizio di marzo, ma sopra quota 500 c’è appunto Madrid.
Da qualche giorno il governo guidato da Mariano Rajoy è costretto a smentire che la Spagna debba essere salvata, eppure la voce di un imminente piano di salvataggio continua a circolare. Il principale problema è che il governo ha comunicato dati sul debito pubblico che però non comprendono quelli delle Regioni, e senza informazioni più complete l’Europa continua a dubitare dell’efficacia del piano di risanamento dei conti spagnolo. La credibilità del nuovo premier iberico nel mondo finanziario sta scendendo tanto che ieri il <+corsivo>Wall Street Journal<+tondo> gli ha dedicato un duro editoriale. Basta il titolo: «Pollyanna in Madrid». Un dato, poi, ha fatto ulteriormente salire la tensione: a marzo le banche spagnole hanno raddoppiato la loro richiesta di fondi alla Banca centrale europea, ottenendo 227 miliardi di euro sui 361 messi a disposizione da Francoforte. E questo dopo essere state in prima fila nell’attingere alle aste a tasso scontato con cui la Bce ha concesso alle banche mille miliardi tra dicembre e febbraio. Sembra, insomma, che gli istituti di credito iberici, in serissime diffiicoltà per avere gonfiato la bolla immobiliare nazionale, non riescano a raccogliere fondi sul mercato se non chiedendoli alla Bce.
Il nuovo allarme ha spinto in alto di altri 16 punti i tassi dei Bonos spagnoli (al 5,98%), con gli italiani che li seguono a distanza sentendo la tensione (5,52%, 12 punti in più). Il nostro <+corsivo>spread<+tondo> rispetto ai Bund tedeschi è salito da 362 a 379 punti, quello spagnolo è salito fino a 424 punti.
Le Borse sono crollate, anche in vista del probabile taglio di rating delle banche europee da parte di Moody’s, che però è stato rimandato: alle italiane doveva toccare lunedì, ma a mercati chiusi l’agenzia ha annunciato una modifica dell’agenda, rinviando tutti a maggio. I titoli bancari (-6% Unicredit, -4,8% Intesa) hanno affondato Milano, che ha perso il 3,4% bruciando 11 miliardi di capitalizzazione. Giù del 3,6% Madrid, -2,5% Parigi, -2,4% Francoforte e -1% Londra. Male anche Wall Street, che vede peggiorare lo scenario globale: ieri sono arrivati cattivi dati sulla fiducia dei consumatori americani e sulla crescita cinese (il Pil salirà dell’8,1% invece dell’8,4% previsto).
In questo contesto estremamente complesso, per l’Italia c’è anche il altro rischio di perdere il controllo delle aziende, ha avvertito un allarmato Giovanni Perissinotto, amministratore delegato di Generali: «La Borsa non funziona – ha detto il manager –, bisogna cambiare le regole. C’è troppa speculazione e i prezzi sono preoccupanti, con le aziende sottovalutate in maniera pericolosa e attaccabili dall’estero».

mercoledì 11 aprile 2012

La svalutazione europea

Due analisi di Goldman Sachs spiegano che per ottenere una bilancia commerciale sostenibile il Protogallo ha bisogno di ottenere una riduzione reale del suo tasso di cambio del 35%, la Grecia del 30%, la Spagna del 2'% e l'Italia del 10-15%. L'Irlanda è invece già tornata competitiva. Con un'inflazione media del 2% nella zona euro, cioè prezzi su del 4% nelle economie forti e prezzi fermi nelle economie non competitive il Portogallo e la Grecia avrebbero bisogno di 15 anni per completare l'aggiustamento svalutativo, la Spagna di 10, l'Italia di 5-10 anni.


dal Ft

giovedì 5 aprile 2012

Perché la Spagna spaventa i mercati

"Non c'è un dato economico che ispiri ottimismo. L'economia è attesa in frenata dell'1,7% quest'anno. Il tasso di disoccupazione è al 23%. Un giovane su due non lavora. I consumi nel 2011 si sono contratti dell'1,3%. Gli investimenti privati scendono. Il sistema bancario è in crisi, principalmente perché è troppo esposto su un settore immobiliare che dai massimi del 2008 ha registrato prezzi in calo del 25%. Le finanze pubbliche soffrono altrettanto: non solo il deficit 2011 è aumentato all'8,5% del Pil, non solo i conti delle 17 Regioni (che contribuiscono per il 57% alla spesa pubblica) danno l'impressione di essere fuori controllo, ma anche il debito pubblico sta salendo. La Spagna è sempre stata virtuosa su questo fronte, ma ieri il Governo ha annunciato che il debito dello Stato salirà al 79,8% quest'anno. Il rapporto è basso, ma il trend di crescita è preoccupante".


Morya Longo, il Sole 24 Ore, 5 aprile 2012

mercoledì 21 marzo 2012

La Grecia vende un pezzo di Rodi

L'Hellenic Republic Asset Development Fund, il fondo creato nell'ambito del programma di privatizzazioni avviato dalla Grecia, ha pubblicato l'invito per gli investitori istituzionali a presentare manifestazioni di interesse per un'area di 1,86 milioni di metri quadri a Rodi. In vendita ci sono due appezzamenti, uno da 1,5 e uno da 0,3 milioni di metri quadrati, nell'area di Afantou, nel Nordest dell'isola. Il fondo sottolinea che sono a 20 chilometri dal'aeroporto Per i prezzi si vedrà in seguito.. L'isola, tutta intera, è grande 1,4 miliardi di metri quadri.

http://www.milanofinanza.it/giornali/preview_giornali.asp?id=1763308&codiciTestate=7&titolo=Atene%20cerca%20acquirenti%20per%20Rodi

venerdì 10 febbraio 2012

La conversazione che oggi non piace ai mercati.



Durante il vertice dell'Eurogruppo Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble spiega al collega portoghese Vitor Gaspar che, se serve, Berlino può muoversi per aiutare Lisbona. Ma solo dopo che sarà approvato il nuovo piano per la Grecia.

martedì 31 gennaio 2012

Le banche vogliono mille miliardi dalla Bce

Il Financial Times prevede che le banche europee chiederanno mille miliardi alla Banca centrale europea alla prossima asta all'1% (prevista per il 21 febbraio).

lunedì 23 gennaio 2012

Come l'Europa aiuta i suoi disoccupati

(ANSA) - ROMA, 23 GEN - Indennità di disoccupazione più
sostanziose e, in alcuni casi, anche protezione per chi non ha
mai lavorato ma che cerca impiego, ma nessun istituto simile
alla cassa integrazione italiana, istituto che, secondo le
intenzioni del Governo, dovrebbe essere a breve riformato
limitandone la durata e l'utilizzo ai casi nei quali l'azienda
può riprendere rapidamente il lavoro. I sistemi di protezione
sociale nei principali Paesi europei di fronte alla
disoccupazione sono variegati, ma con tutele uniformi nei
singoli Paesi verso chi perde il lavoro. Ecco in sintesi -
secondo il sistema informativo della Commissione Ue Missoc,
aggiornato a luglio 2011 - le tutele previste per chi è senza
lavoro.
- ITALIA: L'indennità di disoccupazione non agricola può
essere chiesta da chi ha almeno un anno di contributi versati
negli ultimi 2 anni. Viene erogata per un massimo di 8 mesi a
chi ha meno di 50 anni e per 12 mesi a chi ne ha più di 50. Il
sussidio è pari al 60% dello stipendio (la media degli ultimi 3
mesi) per i primi 6 mesi per scendere poi al 50% e al 40%. C'è
comunque un tetto mensile di 892 euro per i salari al di sotto
dei 1.931 euro e di 1.073 euro per gli stipendi superiori a
questa cifra. In casi di licenziamenti collettivi è prevista
l'indennità di mobilità per un massimo di 24 mesi (36 per chi
ha più di 50 anni). In caso di difficoltà dell'azienda
(ordinarie o straordinarie) è possibile il ricorso alla cassa
integrazione ma il lavoratore resta dipendente dell'azienda pur
potendo non metterci più piede fino a 36 mesi (questo periodo
può essere ancora più lungo se si chiede anche la cassa in
deroga).
- GERMANIA: Chi chiede l'indennità di disoccupazione deve
essere stato assicurato per almeno 12 mesi negli ultimi 2 anni.
Ha diritto al 67% dell'ultimo stipendio netto nel caso in cui si
hanno figli e al 60% nel caso non si abbiano figli. Ci sono
tutele anche per chi è alla ricerca del primo lavoro (ed è
quindi senza versamenti) con un sussidio di 359 euro al mese.
Naturalmente si richiedono sforzi per trovare un lavoro e che ci
si renda disponibili nel caso venga proposto un impiego.
- FRANCIA: Per avere diritto al sussidio bisogna aver versato
contributi per almeno 4 mesi negli ultimi 28 mesi. Si ha invece
diritto a un'indennità più sostanziosa (regime di
solidarietà) nel caso si siano versati almeno 5 anni di
contributi negli ultimi 10 anni. Il sussidio può essere
erogato, a seconda della durata dei contributi versati, per un
periodo variabile tra i 4 mesi e i 2 anni (3 per chi ha più di
50 anni). Si prende una percentuale del 40,4% del salario
giornaliero +11,34 euro, o il 57,4% del salario giornaliero. Il
minimo è 27,66 euro al giorno.
- REGNO UNITO: Le indennità di disoccupazione possono essere
legate o al fatto di aver contribuito o semplicemente al basso
reddito. Chi ha perso il lavoro (avendo quindi contribuito) ha
diritto a 67,50 sterline (75 euro) a settimana se ha più di 25
anni e 53,45 sterline se ha tra i 18 e i 24 anni per un massimo
di 182 giorni in ogni periodo di ricerca. Per chi cerca lavoro
senza avere alcun reddito si ha diritto a 80,75 sterline a
settimana se si è sotto i 18 anni, e 105,95 sterline se si
hanno più di 18 anni. Non c'è limite di durata per il sussidio
ma si deve dimostrare di star cercando attivamente lavoro e si
deve essere disponibili qualora ne venga proposto un altro.
- SPAGNA: Per l'indennità di disoccupazione è necessario aver
lavorato almeno tre anni negli ultimi sei anni. C'è poi un
sussidio di "assistenza" con un minimo di tre mesi di
contribuzione. L'indennità di disoccupazione è pari al 70%
della base contributiva media degli ultimi sei mesi. Questa
percentuale scende dopo i primi sei mesi al 60%. C'è un tetto
massimo per l'indennità di disoccupazione che varia dal
175% al 225%, a seconda del numero dei figli, dell'Iprem, pari
per il 2011 a 532,51 euro al mese (1.198 euro, quindi,
l'indennità nel caso del diritto al 225% dell'Iprem). (ANSA).null