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giovedì 17 maggio 2012

La promessa del gas africano


La rivoluzione del "nuovo gas" – quello non convenzionale che si estrae dalle rocce d’argilla a tre chilometri di profondità – sta cambiando gli equilibri energetici mondiali, perché sta dando agli Stati Uniti una crescente indipendenza dal petrolio straniero. Anche il "vecchio gas" sta vivendo però una sua rivoluzione, una svolta in atto nell’Africa dell’Est e mossa soprattutto dall’Eni, la compagnia italiana che ha nel ministro dell’Economia il suo principale azionista. Ieri il gruppo italiano ha annunciato una nuova scoperta di gas naturale al largo delle coste del Mozambico. Una scoperta "giant", gigante: il nuovo pozzo trovato nell’Area 4 potrebbe contenere tra i 198 e i 202 miliardi di metri cubi di gas, la stima per l’intera Area 4 sale così a una quantità di gas compresa tra i 424 e i 566 miliardi di metri cubi, mentre il potenziale massimo dell’area è ora indicato in 1.471 miliardi di metri cubi. È una quantità enorme: si consideri che Francia, Germania, Regno Unito e Italia in un anno consumano tutte assieme circa 280 miliardi di metri cubi di gas. La sola Area 4 delle esplorazioni Eni in Mozambico potrebbe quindi rifornire di gas le tre principali economie europee per due anni interi.
Il terreno sotto il mare al largo dell’Africa sud-orientale si sta rivelando ricchissimo di gas naturale. Sempre ieri le compagnie britanniche BG Group e Ophir Energy hanno annunciato di avere trovato più gas di quanto inizialmente previsto al largo della Tanzania mentre martedì erano stati ancora dei britannici, quelli di Anadarko, a comunicare nuove scoperte nel mare del Mozambico.
Le compagnie si stanno organizzando per trasportare nel mondo il gas che estrarranno in Africa. È proprio di ieri il via libera dell’Antitrust europeo alla costituzione di una joint venture tra Eni, British Petroleum, Chevron, Sonangol e Total per la produzione di gas naturale liquefatto (quello che può essere caricato sulle navi e portato a un rigassificatore dovunque nel mondo) in Angola.
Inoltre le nuove scoperte di gas potrebbero creare un indotto locale in grado di spingere la crescita dell’economia di nazioni poverissime: con un Pil pro capite di 1.515 dollari nel 2011 la Tanzania è 158esima sui 183 Paesi censiti dal Fondo monetario internazionale. Il Mozambico, dove il Pil pro capite è di 1.085 dollari, è in 170esima posizione.
da Avvenire del 17/05/2012

mercoledì 16 maggio 2012

Sei mesi di calo per gli investimenti esteri in Cina

Gli investimenti esteri in Cina ad aprile sono diminuiti dello 0,74% rispetto a un anno fa, per un ammontare complessivo di 8,4 miliardi di dollari. A marzo la diminuzione era stata del 6,1%, a 11,8 miliardi. Sono sei mesi che gli investimenti esteri in Cina sono in calo. Il portavoce del ministero del Commercio ha giustificato la riduzione con due ragioni: le difficoltà dell'economia globale e il fatto che altre economie emergenti hanno adottato politiche fiscali e agevolazioni che attraggono gli investimenti di Europa e Stati Uniti. Nei primi 4 mesi dell'anno il calo degli investimenti esteri in Cina è stato del 2,4%, a 37,9 miliardi di dollari.

L'esposizione della Bce verso le periferie


"Secondo le stime di Bridgewater, l'esposizione totale della cosiddetta «periferia» dell'euro è di circa diecimila miliardi di euro, sommando i debiti del settore pubblico a quelli privati. Di questi, circa 3.500 miliardi sono prestiti a suo tempo offerti a Italia, Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo dall'estero; gli investitori stranieri servirebbero dunque a finanziare il funzionamento di questi cinque Paesi, invece continuano a liberarsi dei loro crediti cercando di venderli non appena possono. Una fonte di finanziamento vitale per l'Europa del Sud sta venendo meno. Bridgewater calcola che, dall'inizio della crisi, la riduzione del credito privato all'Italia (meno 19%) o alla Spagna (meno 15%) è stata minore di quella subita dalla Grecia, dall'Irlanda e dal Portogallo (meno 5o%). Ma anche così il buco nelle esigenze di raccolta di prestiti per le imprese, le famiglie e i governi, in Italia e in Spagna, è molto grande: ai ritmi attuali solo nei prossimi sei mesi rischiano di mancare all'appello 33o miliardi".
Federico Fubini sul Corriere

venerdì 11 maggio 2012

Lo shale gas ucraino a Chevron e Shell

Kiev sta per assegnare i suoi due maggiori giacimenti di shale gas. A quanto pare ne ha vinto uno, quello di Yuzivska, sarebbe toccato a Shell, l'altro, Olesska, a Chevron. Sconfitte nella gara Eni, Exxon e Tnk-Bp.

giovedì 10 maggio 2012

La casa si rivaluta sempre? Bugia

I calcoli di Scenari Immobiliari dicono che posto 100 il prezzo medio delle case in Italia nel 1992  la sua variazione reale (cioè quella che tiene conto dell'inflazione) è stata in discesa per 10 anni, con punte di ribasso a 73 nel 1999. Per le case di lusso, che secondo il luogo comune "si rivalutano sempre" il calo è durato sempre 10 anni, la risalita le ha portate a toccare una punta di 115 nel 2007, ma ora valgono 103. Cioè in 20 anni si sono rivalutate del 3%. Quelle "normali" oggi valgono invece 87: hanno perso il 13% del valore.


Vittorio Tadei, fondatore di Terranova e Rinascimento

"Ex ciclista, cattolico, definisce Dio «il socio di maggioranza» delle proprie aziende. Nel 2006 tentò l' avventura politica con una lista civica appoggiata dal centrodestra, ma dopo meno di due mesi mollò per problemi di salute. Ha quattro figli: un maschio, Gigi, scomparso prematuramente, e tre femmine. Non ama parlare di sé, ma la sua storia l' ha raccontata l' anno scorso ai dipendenti venuti da tutto il mondo al Palacongressi di Rimini, per festeggiare i suoi 50 anni di carriera. «Fin da quando ero piccolo - ha ricordato - ci sono due frasi che mi hanno sempre accompagnato. La prima dice che l' uomo è amministratore dei beni che dispone e non padrone. Sentirmi amministratore e non padrone della Teddy, mi ha regalato la forza di cui avevo bisogno per affrontare il business. Un padrone ragiona soltanto per il proprio tornaconto, fa scelte di tipo speculativo, chiude senza preoccuparsi delle persone. Un amministratore, invece, deve rendere conto al suo socio di maggioranza quindi non tratta le persone come numeri e non chiude, ma cerca di far crescere l' azienda nell' interesse del bene di tutti, comprese le generazioni future»".


Roberta Scagliarini sul Corriere

mercoledì 9 maggio 2012

Le strane scorte di petrolio saudita

I sauditi stanno facendo scorta di petrolio. Ne hanno messi da parte 35 milioni di barili tra dicembre e febbraio. Adesso sono arrivati a 80 milioni di barili. Strano, visto che quando i prezzi sono così alti non ha senso fare scorte. Scrive Raineri: "Riad e Washington tengono in considerazione la possibilità a breve termine di uno strike israeliano contro il programma atomico di Teheran e le sue conseguenze: la chiusura dello Stretto di Hormuz, il collo di bottiglia marittimo attraverso cui passa un terzo del petrolio mondiale, da parte degli iraniani; gli attacchi di rappresaglia contro Israele; l’intero quadrante mediorientale destabilizzato. Sanno che in caso di attacco la produzione di petrolio subirà un rallentamento generale e non vogliono che – come minaccia Teheran – il prezzo schizzi oltre quota 200 dollari e provochi un infarto all’economia mondiale".