Cerca nel blog

martedì 31 luglio 2012

Nuovi allarmi sulla crescita cinese

Le semestrali delle aziende cinesi hanno mostrato cali pesanti. L'80% dei produttori d'acciaio hanno avvertito che i loro risultati saranno inferiori alle previsioni. I ricavi dei colossi statali sono in calo dell'11,6%, quelli del settore industriale privato del 2,2%.

dal Ft

lunedì 30 luglio 2012

Il male cinese di Apple

Quando Apple ha lanciato il suo nuovo iPad in Cina (dopo la risoluzione della disputa sul nome del tablet), la settimana scorsa, non ci sono state le solite code davanti ai negozi. Anche a marzo, quando il nuovo iPad è arrivato in Cina attraverso rivenditori illegali, i negozianti hanno dovuto tagliare il prezzo del 30% perché i clienti non erano entusiasti. La settimana scorsa la trimestrale di Apple ha mostrato un calo nel trimestre del 28% dei ricavi in Cina, a 5,7 miliardi di dollari. Rispetto a un anno prima il dato era superiore del 48%. Gli analisti dicono che i clienti cinesi sono diventati più "price sensitive" e trovano diverse alternative all'iPad.
dal Ft

"L'auto sconta la crisi"

Cercare un’auto nuova, in questi mesi, può essere un’esperienza gratificante. Costruttori e conces­sionari si svenano pur di riuscire a piazzare qual­che macchina in più, mentre il potenziale acquirente, se la crisi non gli ha svuotato troppo il conto in banca, sco­pre sorpreso di potersi permettere modelli che fino a po­co tempo fa sembravano irraggiungibili. «È un bagno di sangue dei prezzi ed è un bagno di sangue dei margini» ha detto Sergio Marchionne all’International Herald Tri­bune, irritando i rivali di Volkswagen. I tedeschi negano, ma la disperata guerra degli sconti non è un’invenzione del manager della Fiat. «Ci sono troppi marchi in Euro­pa che competono a prezzi irrazionali» ha spiegato Arndt Ellinghorst, analista del settore auto del Crédit Suisse. Secondo i suoi calcoli, il 60% delle macchine europee so­no vendute a prezzi inferiori ai costi di produzione.
Tagliare i prezzi e fare offerte davvero pazzesche è l’uni­co modo per conquistare clienti in un mercato dell’auto europea tornato ai livelli del 1994. È paradossale che tut­to questo avvenga nel momento del boom dell’auto mon­diale. Nel 2012 le immatricolazioni di auto nuove a livel­lo globale potrebbero raggiungere il record degli 80 mi­lioni di unità, ma è tutto merito di Cina, India, Russia e Sudamerica, economie emergenti dove ogni anno spun­tano decine di milioni di persone diventate abbastanza ricche da potersi comprare una macchina, e fabbriche di automobili pronte ad accontentarle. In Europa le vendi­te si fermeranno invece sotto i 13 milioni, 3 in meno ri­spetto all’anno migliore (il 2007) e troppo pochi per fare funzionare le fabbriche, se non quelle di 'lusso' che producono per esportare i veicoli lon­tano dal Vecchio continente.
Secondo uno studio di AlixPartners le fabbriche di auto europee stanno la­vorando al 73% della loro capacità pro­duttiva. In genere, sottolineano gli a­nalisti, la soglia di produttività sotto la quale si lavora in perdita è del 75-80%.
Stanno sopra quella quota Germania e Regno Unito (en­trambi all’85%), ci va vicina la Spagna (70%) mentre le fab­briche di Francia (60%) e Italia (54%) sono lontanissime dalla capacità di produrre profitti. Non aspettatevi una ripresa rapida, ha avvertito AlixPartners: i livelli di ven­dite del 2007 non torneranno prima del 2020. E siccome lavorare in perdita non è un grande affare, diversi co­struttori europei stanno studiando il modo per evitare che la disperata guerra al ribasso li faccia fuori. La soluzione che hanno trovato è semplice e brutale: chiudere le fab­briche più problematiche.
Da quando, a dicembre scorso, Marchionne è stato elet­to presidente dell’associazione europea dei costruttori di automobili, l’Acea, il manager della Fiat ha insistito su un unico punto: ottenere dall’Europa un piano per la ridu­zione della produzione di automobili (con l’allegato, non dichiarato, di aiuti comunitari per gestire la chiusura o la riconversione degli impianti). Non ha ottenuto nulla per­ché il problema della sovracapacità produttiva è soltan­
to di alcune case e, come abbiamo visto, non di quelle tedesche.
Così la selezione naturale tra le fabbriche va avanti di­sordinata e spietata. Le 'vittime', per il momento, sono state quattro. La prima è stata la fabbrica di Anversa, do­ve la General Motors, con il marchio Opel, produceva l’A­stra. Ha chiuso a fine 2010, lasciando a casa gli ultimi 2.600 addetti. La seconda è stata Termini Imerese, dove con circa 2 mila operai la Fiat costruiva la vecchia Lan­cia Y. La fabbrica ha chiuso alla fine dell’anno scorso e la ricerca di nuovi investitori pronti a scommettere sullo stabilimento siciliano procede con mol­te difficoltà. La prossima a chiudere sarà Aulnay, la fabbrica vicina a Parigi che oggi costruisce la Citroën C3 ma che al­l’inizio del 2014 sarà abbandonato dal gruppo Peugeot-Citroën, pronto a col­laborare col governo Hollande per tro­vare una nuova occupazione ai 3.200 o­perai. Nel 2016 arriverà il turno dei te­deschi, che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non avevano mai vi­sto chiudere una fabbrica di automobili. Capiterà a Bo­chum, lo stabilimento della Opel (3 mila addetti) che og­gi costruisce la Zafira e sperava di aggiudicarsi la nuova Astra. La General Motors, la casa di Detroit che control­la la Opel, ha preferito affidare la futura Astra alla fabbrica inglese di Ellesmere Port e a quella polacca di Gliwice. Bochum sarà chiusa nel 2016.
Non è finita. Gli analisti calcolano che nella necessaria riorganizza­zione
 del settore dell’auto euro­pea ci sono ancora una dozzina di fabbriche di troppo. Marchion­ne ha già chiarito che se le vendite non ripartono sono a rischio altre 2 fabbriche ita­liane su 5. Ford, che usa i suoi impianti al 63%, probabil­mente chiuderà lo stabili­mento inglese di Southampton o quello belga di Genk. Nel se­condo trimestre dell’anno l’a­zienda americana ha fatto 1 mi­liardo di dollari di utili, ma in Europa ha perso 404 milioni e prevede di perderne al­tri 600 da qui a fine anno. L’altra 'Big' di Detroit, Gm, nel Vecchio Continente perde soldi da più di 10 anni. «Ha senso per Gm e Ford continuare a costruire e vendere macchine in Europa?» ha chiesto nel numero di giugno di Automotive News , la rivista di riferimento dell’auto mondiale, il direttore dell’edizione europea, l’i­taliano Come dire: chi è 'straniero' e può tirarsi facilmente fuo­ri dal «bagno di sangue» dell’auto europea farebbe me­glio a non esitare. Gli altri non possono che restare e lot­tare per sopravvivere. Fino all’ultimo sconto.



mio pezzo su Avvenire di sabato

mercoledì 25 luglio 2012

I rating della zona euro

dal Wsj di oggi

Gli interventi al convegno "Il mercato dell'auto al giro di boa del 2012"

Nel mondo l'andamento del mercato dell'auto è positivo. Le immatricolazioni di auto nuove sono infatti cresciute a livello mondiale del 5,7% nei primi 5 mesi del 2012. La crescita però non tocca i paesi dell'area euro, dove, sempre nei primi 5 mesi del 2012 le immatricolazioni di nuove autovetture sono calate del 10,5%.
Gian Primo Quagliano, presidente GlMotors: "In questo quadro il mercato automobilistico italiano dovrebbe
chiudere il 2012 con circa 1.400.000 nuove immatricolazioni, tornando così ai livelli del 1979. Le cause di questa situazione sono molteplici. In particolare c'è da dire che la crisi economica deprime la domanda in due modi: da un lato tagliando le risorse disponibili e dall'altro lato modificando il rapporto tra consumi e risparmio".

Mario Beretta, vice presidente di Federauto: "La situazione delle concessionarie è sempre meno sostenibile. I Concessionari hanno bisogno di un estremo realismo da parte delle Case automobilistiche, che si traduce in minori pressioni e imposizioni, maggiore flessibilità e trasparenza, condivisione di un nuovo percorso focalizzato sulle prospettive di sviluppo del business. L'associazione prevede per il 2017 il dimezzamento degli imprenditori concessionari, il -27% delle imprese e il -25% dei punti vendita.
Loris Casadei, direttore generale di Porsche Italia: "Sparita la Fiat, nessuno ha saputo ricostruire l'importanza politica del mondo dell'auto: manchiamo così di capacità politica di far sentire la nostra voce. Ce l'hanno gli operai di Termini Imerese, ma non i 10.000 addetti della distribuzione automobilistica che hanno perso il lavoro".


Massimo Nordio, ad e dg di Volkswagen Group in Italia: "Il mercato italiano dell'auto è cambiato e non tornerà mai più quello di prima, La crisi economica non è l'unica causa del difficile momento del mercato

dell'auto. Colpa dell'accanimento terapeutico dei governi degli ultimi 50 anni verso il mondo dell'auto, reso sempre più oneroso e oggi insostenibile, ma anche della mutata relazione tra gli italiani e l'automobile. Quindi è ora di mettere in discussione l'intero nostro modello di business.
Il convegno si è svolto il 4 luglio a Bologna







martedì 24 luglio 2012

Quello che ha fatto la Bce

dal Sole24Ore

Nissan produrrà auto in Corea del Sud

Per la prima volta nella storia dell'industria dell'auto giapponese un produttore nipponico realizzerà vetture in Corea del Sud. Nissan ha scelto di costruire a Busan la nuova Rogue, un suv. Le auto saranno vendute, dal 2014, negli Stati Uniti (ci si aspetta 80 mila auto all'anno). E' una mossa quasi obbligata dallo yen forte. L'impianto di Busan appartiene alla Renault (alleata di Nissan) in joint venture con la Samsung, oggi è utilizzato solo al 60% perché l'azienda fatica a fare concorrenza alla Hyundai.
dal Ft