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giovedì 2 gennaio 2014

Pagare solo 1,75 miliardi per comprarsi la Chrysler

Riuscire a farsi dare un miliardo e mezzo di dollari dagli americani della General Motors per non comprare la Fiat – era l’ormai lontano 2005 – è stato il primo degli incredibili risultati di Sergio Marchionne al Lingotto. Conquistare il 100% della Chrysler pagandola in gran parte con i suoi stessi soldi però sembra un affare anche migliore. Negli Stati Uniti questo manager italiano emigrato in Canada a quattordici anni sa strappare contratti davvero stupefacenti.

Quello annunciato ieri dà diritto alla Fiat di salire dal 58,5 al 100% della Chrysler comprando la quota del 41,5% in mano al Veba, il fondo sanitario del sindacato United Auto Workers (Uaw). L’accordo prevede che al sindacato vadano 3,65 miliardi di dollari. Di questi solo 1,75 saranno sborsati direttamente dalla Fiat. Gli altri 1,9 li metterà Chrysler, che li distribuirà come dividendo straordinario ai suoi soci (cioè la società italiana e il fondo sanitario del sindacato). Il Veba si terrà la sua parte, circa 780 milioni, e in più avrà tutta la parte della Fiat, cioè altri 1,12 miliardi. Il fondo sindacale otterrà poi altri 700 milioni di dollari, in quattro rate da saldare in quattro anni, come "contributo" da parte di Chrysler «a integrazione del vigente contratto collettivo» dell’azienda.

L’intesa chiude una trattativa che negli ultimi mesi sembrava a un passo dal fallimento. Fiat e il sindacato erano andati davanti alla corte del Dalaware perché non erano d’accordo su come fissare il prezzo delle azioni di Chrysler che gli italiani avevano diritto di comprare in base agli accordi del 2009. Il Veba aveva già consegnato alla Sec i primi documenti necessari ad avviare le procedure per quotare a Wall Street quel 25% di Chrysler svincolato dagli accordi con la Fiat. Un modo per mettere sotto pressione Marchionne, spingendolo ad adeguare la sua offerta alle richieste del fondo. La distanza era enorme: secondo le indiscrezioni il sindacato chiedeva 4,3 miliardi, l’azienda ne offriva poco più di 2. A chi gli aveva detto che il Uaw contava di incassare tutti i 5 miliardi di dollari fissati come soglia massima dagli accordi iniziali, Marchionne aveva risposto che «allora dovrebbero comprarsi un biglietto della lotteria».

Hanno incassato poco meno senza svenare il Lingotto. Ieri Marchionne ha definito l’intesa, che sarà finalizzata il 20 gennaio, un momento che «finirà nei libri di storia» della Fiat e della Chrysler, diventate assieme «un costruttore di auto globale». John Elkann, presidente della Fiat, è naturalmente entusiasta: «Aspetto questo giorno sin dal primo momento, sin da quando nel 2009 siamo stati scelti per contribuire alla ricostruzione di Chrysler».

Il progetto di integrazione tra Detroit e Torino è stato il centro dell’attività dei manager della Fiat negli ultimi quattro anni. Con un mercato dell’auto italiano ed europeo ridotto ai minimi termini, le vendite della casa americana sono state indispensabili per dare una prospettiva all’azienda degli Agnelli. Senza gli utili arrivati dall’altra sponda dell’oceano Atlantico, oggi la Fiat rischierebbe di essere un altro costruttore automobili europeo soffocato dalla crisi, come la disastrata Peugeot-Citroën che sta chiedendo aiuto ai cinesi. Invece il Lingotto inaugura il 2014 trasformandosi realmente un colosso italo-americano. Quanto sarà "italiano" e quanto "americano" lo si scoprirà nei prossimi mesi. Ma si sa che a Marchionne le cose migliori sono sempre riuscite nei dintorni di Detroit.

da Avvenire

mercoledì 10 luglio 2013

La Peugeot, quello che la Fiat rischiava di diventare

Sono passati 35 anni da quando la Fiat e la Peugeot si sono alleate nella Sevel per costruire assieme furgoni e furgoncini. Collaborazioni così durature, nell’industria dell’auto, sono rare. Questa joint venture ha funzionato bene perché i due alleati si capiscono e si assomigliano da sempre. I loro soci di riferimento sono ancora i discendenti del fondatore, gli Agnelli e i Peugeot, le loro macchine sono per il pubblico di massa, i loro rapporti con i governi nazionali sono particolarmente forti. Ma le loro storie, in questi ultimi anni, hanno preso direzioni opposte.

La storia di Fiat la conosciamo bene: arrivata a un passo dallo sfascio si è rimessa in marcia costruendo la sua rinascita sugli 1,6 miliardi di euro che le ha dato General Motors per non comprarla, quindi ha puntato forte su modelli 'ricercati' (come la 500) e sull’espansione del mercato brasiliano, infine si è lanciata nella conquista di Chrysler. La storia recente di Psa, cioè del gruppo Peugeot- Citroën , è poco seguita nel nostro Paese. Peccato, perché le vicende della casa francese raccontano quella che sarebbe potuta essere oggi la Fiat se Sergio Marchionne non si fosse buttato nell’avventura americana. Partiamo dalla fine. Psa ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con 1,5 milioni di auto vendute, il 9,8% in meno rispetto alla prima metà del 2012. Crollano, naturalmente, le vendite europee. La forte crescita delle immatricolazioni in Cina (+32%) non basta a compensarle. L’Asia però sembra l’unica strada percorribile per i Peugeot. L’amministratore delegato, Philippe Varin, una settimana fa ha inaugurato a Wuhan la terza fabbrica cinese di Psa. Nel 2015, quando sarà in grado di produrre 750mila auto all’anno, sarà lo stabilimento più grande del gruppo. L’apertura dell’impianto cinese stride con le chiusure annunciate in Europa. Chiuderà l’anno prossimo (se non alla fine del 2013) la fabbrica parigina di Aulnay-sous-Bois, che è stata al centro dello scontro con il governo Hollande. I sindacati, a maggioranza, hannodovuto digerire un piano di ristrutturazione delle attività francesi che prevede 11.200 esuberi.
Non avevano molta scelta: con il mercato auto europeo al collasso, Psa, che dipende ancora da vetture di fascia media e bassa, è in crisi nera. Nel 2012 ha bruciato 2,5 miliardi di euro di cassa, per quest’anno prevede di bruciare un altro miliardo e mezzo. Le risorse non sono infinite. È dovuto intervenire il governo francese, che ha concesso garanzie e prestiti per un totale di 7 miliardi di euro. A Bruxelles stanno studiando quegli aiuti, perché potrebbero essere contrari alle regole sulla concorrenza. Nei piani di Varin l’azienda attraverso il radicale taglio dei costi e l’aumento delle vendite in Asia potrebbe chiudere le falle nei suoi conti correnti già l’anno prossimo, per ritrovare l’utile nel 2015. La maggioranza degli analisti è scettica.
Comunque andrà, la famiglia Peugeot, che ha il 25% delle azioni e il 38% dei diritti di voto, sembra destinata, dopo due secoli, a perdere il controllo dell’azienda. Serve un aumento di capitale e a loro mancano i soldi. Il denaro potrebbe arrivare da General Motors. La più grande delle tre sorelle di Detroit, tornata forte dopo il fallimento di quattro anni fa, nel 2012 è entrata in società comprando il 7% per 400 milioni di euro. Sta valutando l’idea di fondere Psa con la sua Opel. A fine giugno l’agenzia Reuters ha rilanciato le voci di imminente scalata. Sono arrivate le dovute smentite, ma gli investitori ci credono così poco che da 10 giorni sono tornati a far scorta delle azioni Psa.
Ecco: la conquista americana, con gli yankee nella parte dei predatori, sarebbe la perfetta chiusura della storia degli opposti destini degli Agnelli e dei Peugeot.

martedì 9 luglio 2013

Il problema di Fiat: quanto costerà sfilarsi?

Secondo Riccardo Ruggeri la questione di Fiat non è tanto il costo del lavoro, quanto la necessità di procedere a tagli strutturali nelle sue fabbriche europee.

Il costo del lavoro operaio (diretti, indiretti, manutentori, ecc.) in Fiat rappresenta il 7 per cento del costo. L’intero processo di fabbrica, dalla lastro-ferratura al montaggio finale, per una Panda vale 11 ore, assumiamo un costo/operaio di 22 euro/ora, totale 242 euro/auto. In Polonia costerebbe 88 euro (8 euro/ora), in Germania 330 (30 euro/ora). Come si vede, il costo del lavoro è poco significativo. Costruire 200.000 Panda in Italia, di puro costo-lavoro, spendi 48 milioni di euro, in Polonia 18 (in crescita), la differenza di 30 milioni è irrilevante, trascurando gli altri ben noti fattori, qualità percepita compresa. [...] Ora sono di nuovo tutti lì a sfruculiare su argomenti irrilevanti o a interpretare sentenze, solo nello specifico, di scarsa rilevanza. In realtà il problema Fiat-Italia noi investitori l’abbiamo chiaro da tempo: “Fiat Auto ha stabilimenti e personale in esubero in termini strutturali, quanto costerà sfilarsi?”.

martedì 23 aprile 2013

Volkswagen ruba il manager americano di Maserati


Il nuovo piano europeo di Marchionne punta a espandere la presenza delle auto del gruppo Fiat nella fascia medio-alta del mercato. In questo senso il marchio Maserati ha un ruolo strategico. Il pubblico per queste auto sta in Europa, in Asia, in Nordamerica. E tanto per iniziare la Volkswagen ha fregato a Maserati il suo manager per gli Stati Uniti.

(ANSA) - ROMA, 22 APR - Mark McNabb, che nei giorni scorsi aveva lasciato la Maserati dove ricopriva il ruolo di CEO per le attività in Nordamerica, è il nuovo chief operating officer di Volkswagen of America. McNabb sarà operativo - si legge in una nota dell'azienda nella sua nuova posizione - dal prossimo primo maggio e risponderà al CEO di Volkswagen of America, Jonathan Browning, per sovraintendere alle vendite del marchio negli Stati Uniti ed all'ambizioso progmma di crescita in quel mercato. McNabb, che prima della Maserati ha lavorato in Cadillac e in GM (partecipando anche alla ricerca degli acquirenti per Saab e Hummer), in Nissan ed Infiniti e in Mercedes, ha 51 anni di cui 25 passati nell'industria automobilistica. Volkswagen of America distribuisce negli Usa, attraverso una rete di 610 dealer indipendenti i modelli Beetle, Beetle Convertible, Eos, Golf, Golf R, GTI, Jetta, Jetta SportWagen, Passat, CC, Tiguan, Touareg e Routan, molti dei quali costruiti nello stabilimento di Chattanooga, nel Tennessee. (ANSA)

lunedì 11 febbraio 2013

La Dodge Dart (made in Fiat) vende poco


La Dodge Dart, basata sulla Giulietta e prima Chryser derivata da una piattaforma Fiat, non vende bene. Secondo Autodata nel 2012 ne sono state vendute 25.303. Le previsioni indicavano 100 mila immatricolazioni. Chrysler resta conosciuta tra i clienti per le Jeep, i pick up e le auto grosse, convincere i clienti a scegliere le sue auto piccole è più difficile di quanto di pensasse. La Dart costa dai 16 mila dollari in su. Le sue concorrenti sono la Honda Civic (che vende 5 volte tanto) e la Chevrolet Cruze (vende il quadruplo). 

sabato 2 febbraio 2013

Il 2012 della Fiat, una cronologia


Il 5 gennaio, Fiat ha annunciato che è stato raggiunto l’“Ecological Event” (il terzo performance event contemplato dal "Amended and Restated LLC Operating Agreement", dalla cui realizzazione è derivato un ulteriore incremento del 5% della partecipazione in Chrysler. La partecipazione di Fiat in Chrysler è quindi pari al 58,5%. Il rimanente 41,5% di Chrysler è posseduto dallo UAW Retiree Medical Benefits Trust (“VEBA”).
Durante il primo trimestre, Fiat ha completato l’emissione di due prestiti obbligazionari, il primo emesso in data 7 Marzo per 425 milioni di franchi svizzeri (con cedola fissa del 5,00%, scadenza a settembre 2015) e l’altro emesso in data 23 Marzo per 850 milioni di euro (con cedola fissa del 7,00%, scadenza a marzo 2017). I titoli emessi da Fiat Finance and Trade Ltd SA - società interamente controllata da Fiat S.p.A. – e garantiti da Fiat S.p.A. nell’ambito del programma di Global Medium Term Note (GMTN), hanno ottenuto l’assegnazione di un rating pari a Ba3 da Moody’s, BB da Standard & Poor’s e BB da Fitch.
Il 25 aprile, Chrysler ha comunicato ad Ally Financial, Inc. (“Ally”) la sua intenzione di non rinnovare l’attuale “Auto Finance Operating Agreement” alla scadenza del 30 aprile 2013. Chrysler sta discutendo con istituzioni finanziarie in merito a diverse opzioni al fine di garantire le necessità di finanziamento della rete di vendita e dei clienti del Gruppo Chrysler.
Il 27 aprile, Standard & Poor’s ha ridotto il rating sul debito a lungo termine di Fiat S.p.A. da “BB” a “BB-”, con outlook stabile. Il rating a breve termine è confermato a “B”.
Il 2 maggio, Fiat e Tata, con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente il marchio Fiat in India, hanno
concordato il trasferimento della gestione delle attività commerciali e di distribuzione relative al marchio Fiat ad una società indipendente di proprietà Fiat. Lo sviluppo della nuova rete di concessionari Fiat sta avvenendo in modo progressivo. I concessionari Tata affiliati Fiat saranno incoraggiati a costituire le basi della futura rete di vendita.
Il 21 maggio, Fiat S.p.A., in attuazione della delibera dell’assemblea straordinaria del 4 aprile 2012, ha dato corso alla conversione obbligatoria di tutte le azioni privilegiate e di risparmio in azioni ordinarie. Il capitale sociale è salito a 4.476.441.927,34 euro, suddiviso in n. 1.250.402.773 azioni ordinarie del valore nominale unitario pari a 3,58 euro.
Il 28 giugno, nello stabilimento GAC-Fiat di Changsha (Cina), si è svolta la cerimonia di inaugurazione del nuovo impianto e per celebrare l’avvio produttivo della Fiat Viaggio, il primo modello Fiat prodotto in Cina dalla joint-venture.
Il 3 luglio, Fiat ha comunicato a VEBA la volontà di esercitare la sua opzione di acquisto di una quota della partecipazione detenuta da VEBA in Chrysler che rappresenta circa il 3,3% del capitale di Chrysler.
Il 16 luglio Fiat ha emesso un prestito obbligazionario da 600 milioni di euro (con cedola fissa del 7,75% e scadenza a ottobre 2016). I titoli, emessi da Fiat Finance and Trade Ltd S.A. e garantiti da Fiat S.p.A.
Il 26 luglio, Fiat Group Automobiles S.p.A. (FGA) e PSA Peugeot Citroën hanno siglato l’accordo per il trasferimento a PSA Peugeot Citroën della quota detenuta da FGA nella joint venture SevelNord. In base all’accordo, SevelNord continuerà a produrre veicoli commerciali leggeri per
entrambi i gruppi fino alla fine del 2016. Tale progetto non avrà alcun impatto sugli altri accordi di
collaborazione attualmente esistenti tra FGA e PSA Peugeot Citroën, inclusa la joint venture Sevel in Val di Sangro, che continuerà ad operare come da contratti in essere.
Il 13 settembre, per il quarto anno consecutivo Fiat S.p.A. è stata confermata nei Dow Jones Sustainability Indexes (DJSI) World e Europe con un punteggio di 91/100 rispetto a una media di 74/100 delle aziende del settore Automobile analizzate da SAM, società specializzata nel campo della sostenibilità. Il DJSI World e il DJSI Europe sono prestigiosi indici borsistici ai quali accedono solo le società giudicate migliori dal punto di vista economico-finanziario sia da quello sociale e ambientale.
Il 19 settembre, Fitch ha confermato il rating sul debito a lungo termine di Fiat S.p.A. a “BB” e quello sul debito a breve termine a “B”. Il 10 ottobre, Moody’s ha ridotto da “Ba2” a “Ba3” il Corporate Family Rating di Fiat S.p.A. e conseguentemente, secondo la propria metodologia, da “Ba3” a “B1” il rating delle obbligazioni emesse da Fiat Finance & Trade Ltd. S.A. e da Fiat Finance North America, Inc. Per entrambe le agenzie l’outlook è negativo.
Il 26 di settembre Fiat S.p.A., attraverso la sua controllata Fiat North America, ha avviato un giudizio di accertamento dinnanzi al Court of Chancery del Delaware per ottenere conferma del prezzo che dovrà essere corrisposto per la partecipazione, in considerazione del mancato accordo tra le parti sul prezzo stesso.
Il 7 novembre, è stato assegnato allo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco il prestigioso riconoscimento internazionale “Automotive Lean Production 2012” nella categoria OEM, dopo un processo di analisi e valutazione da parte di una commissione di esperti selezionati dalla rivista tedesca “Automobil Produktion” e da una società di consulenza.
Il 23 novembre, Fiat ha completato l’emissione di un prestito obbligazionario da 400 milioni di franchi svizzeri con cedola fissa del 5,25% e scadenza a novembre 2016. I titoli, emessi da Fiat Finance and Trade Ltd S.A. e garantiti da Fiat S.p.A. nell’ambito del programma GMTN, hanno ottenuto un rating pari a B1 da Moody’s, BB- da Standard & Poor’s e BB da Fitch.
Il 29 novembre, a seguito della riapertura del prestito obbligazionario da 600 milioni di euro con cedola fissa del 7,75% e scadenza a ottobre 2016 (inizialmente emesso il 16 luglio 2012), è stata completata l’emissione di obbligazioni per 400 milioni di euro, che ha portato a 1 miliardo di euro l’ammontare complessivo del prestito. I titoli, emessi da Fiat Finance and Trade Ltd S.A. e garantiti da Fiat S.p.A.
Il 20 dicembre, presso lo stabilimento di Melfi, il Presidente della Fiat John Elkann e l’Amministratore Delegato Sergio Marchionne, alla presenza del Primo Ministro Mario Monti, hanno presentato i piani per la produzione dal 2014 di un nuovo modello a marchio Jeep uno a marchio Fiat. A seguito di investimenti per un miliardo di euro, Melfi sarà uno dei più avanzati stabilimenti al mondo per la produzione di automobili, dotato delle tecnologie più avanzate e gestito secondo i principi e gli standard del World Class Manufacturing.

(dalla relazione sul Bilancio del Cda del 30 gennaio)

venerdì 26 ottobre 2012

L'auto in ritirata.

La selezione naturale delle fabbriche d’auto europee procede inesorabile. Ford ha annunciato che chiuderà entro la fine del 2014 lo stabilimento di Genk, in Bel­gio, dove oggi con 4.300 addetti costruisce la Mondeo, il Galaxy e il S-Max. Fra due anni questi veicoli finiranno fuori produzione, Ford ha deciso di affidare la costruzione dei nuovi modelli alla fabbrica spagnola di Valencia, do­ve produce la monovolume C-Max con 3.500 operai che, secondo i calcoli degli analisti, co­stano il 75% in meno dei loro colleghi belgi. Il mercato dell’auto europea vive una crisi strut­turale, lo stabilimento spagnolo lavora al 50-60% della sua capacità produttiva. Con i nuo­vi modelli potrà raggiungere quell’80% con­siderato la soglia minima per non lavorare in perdita. La Ford, come la Fiat, oggi perde sol­di in Europa e li guadagna altrove. A Detroit prevedono di chiudere il 2012 con 9 miliardi di dollari di utili. Sarebbero stati 10, ma l’atti­vità europea farà un rosso di 1 miliardo. A o­gni auto costruita nel Vecchio Continente, spiegano i manager, corrisponde una perdita di 1.125 euro; abbandonare il Belgio costerà 1,1 miliardi di dollari ma permetterà di ri­sparmiare ogni anno 730 milioni. Probabil­mente giovedì annunceranno anche la chiu­sura della fabbrica inglese di Southampton, 500 dipendenti.
Quella di Genk, aperta nel 1964, è la quinta fabbrica europea di automobili di cui è stata pianificata la chiusura negli ultimi due anni. La General Motors nel 2010 ha chiuso lo sta­bilimento di Anversa, ancora in Belgio, e pro­getta di fermare nel 2014 la fabbrica tedesca di Bo­chum. L’anno scorso Fiat ha lasciato Termini Ime­rese. Psa, cioè il gruppo Peugeot-Citroën, ha an­nunciato che interrom­perà la produzione ad Aulnay, a una manciata di chilometri da Parigi.
Quest’ultima chiusura però potrebbe essere e­vitata grazie all’intervento dello Stato. Psa è in profonda crisi (in 6 mesi ha perso 819 milio­ni di euro) e ieri, oltre ad annunciare una rafforzamento dell’alleanza con General Mo­tors, ha ufficialmente ottenuto l’aiuto forma­le del governo francese. Lo Stato concederà 7 miliardi di euro di garanzie e 11,5 miliardi di rifinanziamenti al Banque Psa Finance, l’isti­tuto con cui la casa automobilistica finanzia gli acquisti delle sue auto. La banca della Peu­geot all’inizio del mese è stata declassata da Moody’s al livello di 'spazzatura', e senza aiu­ti rischiava di rimanere a corto di liquidità. Il sostegno statale non è gratis: prestiti e garan­zie sono a pagamento, inoltre l’azienda non potrà distribuire dividendi né pagare stock option ai manager e ha dovuto accettare l’in­gresso di un rappresentante dello Stato e di u­no dei sindacati nel suo consiglio di sorveglianza. Probabilmente anche il piano di tagli e chiusure annunciato in estate (gli esuberi previsti sono 10 mila) dovrà essere am­morbidito. Arnaud Mon­tebourg, ministro dello Sviluppo economico di Hollande, lo ha chiesto esplicitamente.
Attenzione, però, perché anche l’auto euro­pea ha i suoi falchi. Falchi, come al solito, te­deschi. David McAllister, primo ministro del­lo Stato della Bassa Sassonia, azionista di Volk­swagen con una quota del 20%, ha già invita­to il governo di Berlino a chiedere alla Com­missione europea di verificare se quelli previ­sti dal piano francese non siano aiuti di Stato illegali. Mentre tutte le case automobilistiche europee sono più o meno in difficoltà Volk­swagen, Mercedes e Bmw sanno come resi­stere. Ieri Volkswagen ha mostrato i conti dei primi 9 mesi: ha fatto 8,8 miliardi di utili, po­co meno di un anno fa, ma conta di chiudere l’anno con 11,3 miliardi di profitti. Fiat-Chry­sler, che presenterà i suoi risultati martedì, nel 2012 potrebbe fare utili per 1,1 miliardi. Die­ci volte meno. Più forti degli altri, i tedeschi comprensibilmente non vogliono che i loro rivali europei in difficoltà siano aiutati. È il mercato. Sergio Marchionne come presiden­te di turno dell’Acea, l’associazione dei pro­duttori europei, ha tentato di ottenere Bruxel­les un piano di sostegno che aiuti il settore a ridurre la capacità produttiva (ad esempio a­gevolazioni per riconvertire le fabbriche), ma Volkswagen è intervenuta per fermarlo. Così, senza una strategia comune, ogni Paese del­l’Unione europea ora va per la sua strada nel­la gestione della crisi dell’auto. E ai manager costretti a chiudere fabbriche rimaste senza mercato tocca sorbirsi le periodiche lezioni di Martin Winterkorn, il numero uno di Volk­swagen. Ieri, in occasione dei conti, il tema è stato 'perché non delocalizzare': «Dove scom­pare la produzione – ha ricordato a tutti il ma­nager tedesco – scompare, a breve o lungo ter­mine, anche lo sviluppo». 

da Avvenire

martedì 23 ottobre 2012

Hyundai anche in Brasil

"Chi sono i concorrenti più pericolosi? La risposta del manager tedesco è netta: «Più dei cinesi, mi preoccupano i coreani». Hyundai ha per ora una quota di mercato dell'1,5%, ma la sua fabbrica a Piracicaba, nella regione di San Paolo, è appena entrata in funzione: la casa coreana punta a produrre 150mila unità l'anno prossimo, con un modello di business particolare: la rete commerciale dei modelli prodotti qui (con la sigla HB, Hyundai Brasil) sarà completamente separata da quelli importati".
Martin Winterkorn di Voliswagen al Sole24Ore

lunedì 30 luglio 2012

"L'auto sconta la crisi"

Cercare un’auto nuova, in questi mesi, può essere un’esperienza gratificante. Costruttori e conces­sionari si svenano pur di riuscire a piazzare qual­che macchina in più, mentre il potenziale acquirente, se la crisi non gli ha svuotato troppo il conto in banca, sco­pre sorpreso di potersi permettere modelli che fino a po­co tempo fa sembravano irraggiungibili. «È un bagno di sangue dei prezzi ed è un bagno di sangue dei margini» ha detto Sergio Marchionne all’International Herald Tri­bune, irritando i rivali di Volkswagen. I tedeschi negano, ma la disperata guerra degli sconti non è un’invenzione del manager della Fiat. «Ci sono troppi marchi in Euro­pa che competono a prezzi irrazionali» ha spiegato Arndt Ellinghorst, analista del settore auto del Crédit Suisse. Secondo i suoi calcoli, il 60% delle macchine europee so­no vendute a prezzi inferiori ai costi di produzione.
Tagliare i prezzi e fare offerte davvero pazzesche è l’uni­co modo per conquistare clienti in un mercato dell’auto europea tornato ai livelli del 1994. È paradossale che tut­to questo avvenga nel momento del boom dell’auto mon­diale. Nel 2012 le immatricolazioni di auto nuove a livel­lo globale potrebbero raggiungere il record degli 80 mi­lioni di unità, ma è tutto merito di Cina, India, Russia e Sudamerica, economie emergenti dove ogni anno spun­tano decine di milioni di persone diventate abbastanza ricche da potersi comprare una macchina, e fabbriche di automobili pronte ad accontentarle. In Europa le vendi­te si fermeranno invece sotto i 13 milioni, 3 in meno ri­spetto all’anno migliore (il 2007) e troppo pochi per fare funzionare le fabbriche, se non quelle di 'lusso' che producono per esportare i veicoli lon­tano dal Vecchio continente.
Secondo uno studio di AlixPartners le fabbriche di auto europee stanno la­vorando al 73% della loro capacità pro­duttiva. In genere, sottolineano gli a­nalisti, la soglia di produttività sotto la quale si lavora in perdita è del 75-80%.
Stanno sopra quella quota Germania e Regno Unito (en­trambi all’85%), ci va vicina la Spagna (70%) mentre le fab­briche di Francia (60%) e Italia (54%) sono lontanissime dalla capacità di produrre profitti. Non aspettatevi una ripresa rapida, ha avvertito AlixPartners: i livelli di ven­dite del 2007 non torneranno prima del 2020. E siccome lavorare in perdita non è un grande affare, diversi co­struttori europei stanno studiando il modo per evitare che la disperata guerra al ribasso li faccia fuori. La soluzione che hanno trovato è semplice e brutale: chiudere le fab­briche più problematiche.
Da quando, a dicembre scorso, Marchionne è stato elet­to presidente dell’associazione europea dei costruttori di automobili, l’Acea, il manager della Fiat ha insistito su un unico punto: ottenere dall’Europa un piano per la ridu­zione della produzione di automobili (con l’allegato, non dichiarato, di aiuti comunitari per gestire la chiusura o la riconversione degli impianti). Non ha ottenuto nulla per­ché il problema della sovracapacità produttiva è soltan­
to di alcune case e, come abbiamo visto, non di quelle tedesche.
Così la selezione naturale tra le fabbriche va avanti di­sordinata e spietata. Le 'vittime', per il momento, sono state quattro. La prima è stata la fabbrica di Anversa, do­ve la General Motors, con il marchio Opel, produceva l’A­stra. Ha chiuso a fine 2010, lasciando a casa gli ultimi 2.600 addetti. La seconda è stata Termini Imerese, dove con circa 2 mila operai la Fiat costruiva la vecchia Lan­cia Y. La fabbrica ha chiuso alla fine dell’anno scorso e la ricerca di nuovi investitori pronti a scommettere sullo stabilimento siciliano procede con mol­te difficoltà. La prossima a chiudere sarà Aulnay, la fabbrica vicina a Parigi che oggi costruisce la Citroën C3 ma che al­l’inizio del 2014 sarà abbandonato dal gruppo Peugeot-Citroën, pronto a col­laborare col governo Hollande per tro­vare una nuova occupazione ai 3.200 o­perai. Nel 2016 arriverà il turno dei te­deschi, che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non avevano mai vi­sto chiudere una fabbrica di automobili. Capiterà a Bo­chum, lo stabilimento della Opel (3 mila addetti) che og­gi costruisce la Zafira e sperava di aggiudicarsi la nuova Astra. La General Motors, la casa di Detroit che control­la la Opel, ha preferito affidare la futura Astra alla fabbrica inglese di Ellesmere Port e a quella polacca di Gliwice. Bochum sarà chiusa nel 2016.
Non è finita. Gli analisti calcolano che nella necessaria riorganizza­zione
 del settore dell’auto euro­pea ci sono ancora una dozzina di fabbriche di troppo. Marchion­ne ha già chiarito che se le vendite non ripartono sono a rischio altre 2 fabbriche ita­liane su 5. Ford, che usa i suoi impianti al 63%, probabil­mente chiuderà lo stabili­mento inglese di Southampton o quello belga di Genk. Nel se­condo trimestre dell’anno l’a­zienda americana ha fatto 1 mi­liardo di dollari di utili, ma in Europa ha perso 404 milioni e prevede di perderne al­tri 600 da qui a fine anno. L’altra 'Big' di Detroit, Gm, nel Vecchio Continente perde soldi da più di 10 anni. «Ha senso per Gm e Ford continuare a costruire e vendere macchine in Europa?» ha chiesto nel numero di giugno di Automotive News , la rivista di riferimento dell’auto mondiale, il direttore dell’edizione europea, l’i­taliano Come dire: chi è 'straniero' e può tirarsi facilmente fuo­ri dal «bagno di sangue» dell’auto europea farebbe me­glio a non esitare. Gli altri non possono che restare e lot­tare per sopravvivere. Fino all’ultimo sconto.



mio pezzo su Avvenire di sabato

giovedì 5 luglio 2012

Le perdite di Fiat in Europa


"Quest’anno, Europa, Medio Oriente e Africa daranno alla Fiat 19 miliardi di fatturato con un trading profit
negativo per 650 milioni; il Nord America 47 miliardi di fatturato con un margine positivo per 3,1 miliardi;
l’America Latina (principalmente il Brasile), farà 10,6 miliardi di ricavi e quasi un miliardo di margine; l’Asia e il resto del mondo, 3,3 miliardi di ricavi e 350 milioni di trading profit. Partendo da tali previsioni e dai multipli dei concorrenti, l’analista Massimo Vecchio attribuisce all’Europa (Fiat) un valore negativo per 3,4 miliardi, mentre ne assegna di positivi al Nord America (Chrysler) per 16 miliardi, all’America Latina (Fiat) per 10,8, al resto del mondo (Fiat e Chrysler) per 2,4, alla Ferrari per 4 miliardi e così via fino a maturare un valore teorico lordo di 31,6 miliardi che, al netto dei debiti e degli interessi di minoranza (i sindacati Usa in Chrysler), scende a 16 miliardi. La somma delle parti tradizionale, fatta dallo stesso analista, porta a un valore assai diverso, 7,4 miliardi, sempre ottimistico ma molto più vicino alla reale capitalizzazione di Borsa, che corre sui 5 miliardi".
dal Corriere di oggi

sabato 23 giugno 2012

La Fiat piace se è americana


Le sorti della Fiat sono sempre più slegate da quelle dell’Italia. Lo confermano con chiarezza due interviste a grandi manager dell’industria dell’auto pubblicate ieri con una curiosa coincidenza. Nella prima, concessa a InterautoNews, Mong-Koo Chung, presidente e manager della Hyundai, spiega che non ha nessuna intenzione di venire a costruire macchine in Italia. A Sergio Marchionne, che ha proposto ai costruttori internazionali di usare le fabbriche europee che la Fiat non sta utilizzando a pieno ritmo, il capo della Hyundai ha risposto di non essere interessato: «Vogliamo concentrarci sulla qualità e questo è possibile soltanto se produciamo dentro i nostri stabilimenti e non in altri perché solo così possiamo avere il controllo totale su quello che facciamo».
Qualcuno che però vuole lavorare con la Fiat c’è. «Se parlate con Marchionne, ditegli di chiamarmi» ha scherzato Stefan Jacoby, amministratore delegato della Volvo, in un’intervista uscita ieri su <+corsivo>Automotive News<+tondo>. La svedese Volvo, che apparteneva all’americana Ford, due anni fa è stata comprata dalla cinese Geely e ora è in cerca di partner. Attenzione, però: anche in questo caso l’Italia non è coinvolta. «In 5 o 6 anni abbiamo bisogno di trovare una soluzione adatta in Nord America – ha spiegato Jacoby –. Costruirci una fabbrica mi sembra un progetto improbabile. Cerco un partner che ci possa aiutare a utilizzare uno stabilimento americano». E allora «Fiat è ovviamente una delle alternative» ha concluso il manager, confermando così che la Fiat che funziona e che attira, oggi, è solo quella a stelle e strisce.

mio pezzetto su Avvenire del 23 giugno 2012

mercoledì 28 marzo 2012

Il punto sui livelli produttivi delle fabbriche Fiat


scheda di Reuters

Nei primi due mesi dell'anno, la situazione degli stabilimenti Fiat in Europa si caratterizza per una produzione non a pieno regime anche se con differenze molto elevate.
A Torino l'impianto di Mirafiori è quasi fermo, mentre Cassino viaggia a circa un quarto della sua capacità. Pomigliano, dove è iniziata la produzione della nuova Panda, e Melfi, dove si realizza la Punto, sono circa a metà della capacità produttiva. La Sevel (veicoli commerciali), che generalmente viaggia a pieno regime, ha visto qualche fermata per il maltempo e per lo sciopero delle bisarche.
Cala l'attività anche in Polonia, e in Turchia, che restano però su livelli superiori al 70%.
Il quadro si basa sui dati del sindacato, su alcune cifre Fiat già diffuse e sui dati di vendita dei singoli modelli in Europa (Ue27+Efta) elaborati da Jato Dynamics.
Il riferimento è alla definizione "technical" della capacità produttiva, che considera 6 giorni lavorativi la settimana, su tre turni giornalieri.
A gennaio e febbraio ha pesato lo sciopero delle bisarche e in alcuni casi, come a Chieti, il maltempo.
Anche se l'impatto maggiore dello sciopero si registrerà probabilmente a marzo. Fiat ha parlato di 20.000 veicoli in meno genericamente nel periodo febbraio-marzo. Unrae prevede 60.000 immatricolazioni in meno a marzo di cui 20.000 per Fiat.
Questi due mesi risentono fortemente anche dello shock sulla domanda derivante dalla crisi finanziaria in Europa. Secondo alcuni analisti, potrebbero rappresentare un minimo nel 2012.
I dati e le definizioni di capacità produttiva sono quelle utilizzate da Fiat nel piano industriale del 2010. Il gruppo usa due definizioni: "harbour", 5 giorni lavorativi la settimana, per 235 complessivi annui, su due turni giornalieri; "technical" 6 giorni la settimana per 280 giorni l'anno, su tre turni.

MIRAFIORI - L'attività a basso regime proseguirà fino a ottobre 2013. Nei primi due mesi dell'anno sono state immatricolate 823 Lancia Musa, 1.096 Fiat Idea e 5.943 Alfa MiTo, i modelli realizzati nello stabilimento. Quindi circa 8.000 veicoli in due mesi contro una capacità produttiva di 300.000 veicoli annui (technical) e 200.000 (harbour). Gli operai, a rotazione, lavorano da un minimo di 3 giorni al mese.
A fine 2013 dovrebbe entrare in produzione un Suv compatto Fiat. Un Suv con marchio Jeep verrà prodotto dal secondo trimestre 2014. Gli oltre 5.300 operai della carrozzeria il 2 aprile entreranno in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione per 18 mesi quindi fino a ottobre 2013, quando dovrebbe partire il primo modello nuovo.
Gli spazi nello stabilimento sono sufficienti ampi da consentire di realizzare le nuove linee produttive, mentre si continua a lavorare sui vecchi modelli. I lavori cominceranno nella prima metà di quest'anno, dice il sindacato con riferimento alla tempistica data da Fiat negli ultimi incontri.
CASSINO - Si usano due giorni di cassa integrazione la settimana, lavorando 3 giorni su due turni. La produzione è di 700 auto al giorno, dice il sindacato, quindi circa 100.000 veicoli su base annua, contro un capacità massima di oltre 400.000 veicoli (technical) e circa 300.000 (harbour). A Cassino si producono Alfa Giulietta (11.796 vetture immatricolate), Fiat Bravo (4.328) e Lancia Delta (2.945) per un totale di immatricolazioni di circa 19.000 veicoli in due mesi.

MELFI - Si lavora per tre giorni a settimana su tre turni producendo circa 3.800 vetture, 180.000 veicoli su base annua contro una capacità a oltre 400.000 (technical) e oltre 250.000 (harbour). Nei primi due mesi dell'anno sono stati venduti 27.949 esemplari della Punto, l'unico modello realizzato a Melfi. Ora, dice il sindacato, i piazzali sono pieni a causa dello sciopero delle bisarche e la produzione è di fatto ferma.
POMIGLIANO - GIANBATTISTA VICO - Sono rientrati dalla cassa integrazione circa 2.100 lavoratori sul totale di circa 4.700 e lavorano su due turni. Si producono circa 630 Panda al giorno e quindi circa 3.000 la settimana che su base annua significa circa 140.000 contro una capacità produttiva di circa 300.000 veicoli (technical), 200.000 (harbour). Il gruppo stima di vendere quest'anno 230.000 esemplari tra vecchia (prodotta a Tychy in Polonia) e nuova Panda. Nei primi due mesi dell'anno sono state vendute 33.134 Panda, tra nuovo e vecchio modello. Una produzione di circa 280.000 nuove Panda consentirebbe il rientro di tutti gli operai, dice il sindacato.

SEVEL (Chieti) - La joint-venture con PSA, produce Fiat Ducato, Citroen Jumper e Peugeot Boxer. La capacità è di oltre 350.000 veicoli (200.000 harbour). Lo stabilimento ne ha realizzati 225.000 nel 2011, non lontano dal record di 251.000 del 2008, occupando tutti i lavoratori, per 5 giorni su tre turni, dice il sindacato. Nel 2011 sono stati richiesti anche alcuni sabati di straodinario. Per quest'anno la neve e poi lo sciopero delle bisarche ha richiesto alcuni giorni di cassa integrazione, oltre all'utilizzo di ferie residue. Secondo il sindacato, da voci informali che provengono dall'indotto, il 2012 dovrebbe essere in lieve calo rispetto al 2011.
GRUGLIASCO - Sono iniziati i lavori per l'allestimento delle nuove linee produttive nello stabilimento ex-Bertone. A metà novembre dello scorso anno è stata firmata la cassa integrazione per ulteriori 12 mesi (a partire dal 19 novembre) per tutti i 1.077 lavoratori. Il piano Fiat prevede investimenti per 500 milioni per una Maserati di classe E. La produzione dovrebbe partire a fine del 2012 e, a regime, si prevedono 50.000 veicoli l'anno.
TYCHY (Polonia) - La produzione dei primi due mesi dell'anno vede un calo dell'11,9% a 75.450 veicoli. Si lavora a ritmi di circa 1.780 veicoli al giorno, per 5 giorni la settimana su tre turni giornalieri, quindi 418.000 su base annua, che comporterebbe un ribasso del 10% rispetto ai 467.760 veicoli del 2011. Si producono il vecchio modello Panda, la 500, la Lancia Y e la Ford Ka. Per quest'anno si attende una contrazione, man mano che la vecchia Panda ridurrà le vendite sostituita dalla nuova realizzata a Pomigliano. Fiat non ha dato indicazioni su quando uscirà dalla produzione la vecchia Panda. Sui volumi 2011, 400.000 sono stati per Fiat, il resto per Ford. Nel 2010 lo stabilimento aveva prodotto 533.455 veicoli, nel 2009, anno record grazie anche agli incentivi, oltre 600.000 veicoli. In quell'anno l'utilizzo della capacità produttiva era al 93% (147% su base harbour). Nel 2011, secondo i dati Fiat, Tychy e la Turchia hanno operato al 74% della capacità produttiva (118% harbour definition). L'AD Sergio Marchionne ha parlato di un nuovo modello per Tychy senza dare ulteriori indicazioni.
BURSA (Turchia) - Tofas joint venture con la conglomerata locale Koc Holding, realizza il Doblò e Fiorino oltre a un veicolo commerciale per PSA, e due vetture Linea. L'utilizzo della capacità produttiva, secondo i dati della società turca, era al 77% in tutto il 2011 e al 74% nell'ultimo trimestre. L'utilizzo era pari all'87% nel secondo trimestre del 2011. La società soffre per il rallentamento del mercato interno atteso in calo del 12% nel 2012, ma conta di chiudere l'anno con un saldo positivo in termini di vendite, grazie alla nuova produzione di un veicolo commerciale da fornire a Opel Vauxhall, in seguito a un accordo di tre anni, siglato a fine 2010.
KRAGUJEVAC (Serbia) - La 500L destinata allo stabilimento in Serbia è stata presentata a marzo al salone dell'auto di Ginevra. La commercializzazione dell'auto è prevista intorno a settembre di quest'anno. Fiat ha acquistato la ex-Zastava nel 2008. L'investimento complessivo è di un miliardo, ripartito tra Fiat,

lunedì 12 marzo 2012

La 500 ci riprova in America

I concessionari americani dicono che se le 500 non ha avuto successo in America (ne hanno vendute 26 mila nel 2011, l'obiettivo erano 50 mila) è perché gli americani non sono disposti a spendere di più per un'auto piccola soltanto perché consuma meno ed è carina. Le dimensioni, in particolare, sono un problema. Per questo la 500 L potrebbe andare meglio. L'obiettivo di vendita di Fiat in Nord America per quest'anno è di 40 mila auto. L'azienda ha 140 concessionari, che potrebbero diventare 150.

Fiat Tries Again in the U.S. - Businessweek

mercoledì 7 marzo 2012

Diritti Globali - "Sede Fiat già in Usa se potessi"

Se è vero quello che scrive oggi Paolo Griseri su Repubblica, Marchionne a Ginevra ha spiegato perché avrebbe senso spostare la sede della Fiat in America: «Se non avessi vincoli sarebbe già successo perché, purtroppo, l´unico modo per spronare la parte italiana è quello di portare fuori mamma chioccia, il capofamiglia e dire: "Bene, ora sono un investitore straniero in questo paese. Mi credete adesso?" Allora forse capirebbero».

Diritti Globali - "Sede Fiat già in Usa se potessi"