Cerca nel blog

mercoledì 28 marzo 2012

Gli effetti dell'aumento del prezzo del petrolio

Goldman Sachs calcola che un aumento del prezzo del petrolio del 10% tende a spingere al ribasso la crescita del Pil degli Stati Uniti dello 0,2% dopo un anno e dello 0,4% dopo due. In Europa la riduzione è dello 0,2% per il primo anno. 

Lo shale gas alla cinese

Nel suo discorso alla nazione il premier cinese Wen Jiabao ha per la prima volta parlato dello shale gas (yeyanqi, in cinese). Secondo gli studi del ministero del Territorio e delle Risorse cinese, Pechino ha riserve per 25 mila miliardi di metri cubi di gas, 200 volte il consumo annuale del Paese. Ma Wen ha ammesso che ci sono grossi problemi: le compagnie cinesi non sono ancora capaci di estrarlo. Per questo hanno investito molto in alleanze con le società americane (ad esempio Sinopec ha puntato 2,5 miliardi sulla Devon Energy). L'obiettivo della Cina è produrre 6,5 miliardi di metri cubi di metri cubi di gas all'anno dal 2015 e 60 miliardi dal 2020.

http://www.ft.com/intl/cms/s/0/3fcc49a4-71de-11e1-90b5-00144feab49a.html#axzz1qLSeiWul

Il punto sui livelli produttivi delle fabbriche Fiat


scheda di Reuters

Nei primi due mesi dell'anno, la situazione degli stabilimenti Fiat in Europa si caratterizza per una produzione non a pieno regime anche se con differenze molto elevate.
A Torino l'impianto di Mirafiori è quasi fermo, mentre Cassino viaggia a circa un quarto della sua capacità. Pomigliano, dove è iniziata la produzione della nuova Panda, e Melfi, dove si realizza la Punto, sono circa a metà della capacità produttiva. La Sevel (veicoli commerciali), che generalmente viaggia a pieno regime, ha visto qualche fermata per il maltempo e per lo sciopero delle bisarche.
Cala l'attività anche in Polonia, e in Turchia, che restano però su livelli superiori al 70%.
Il quadro si basa sui dati del sindacato, su alcune cifre Fiat già diffuse e sui dati di vendita dei singoli modelli in Europa (Ue27+Efta) elaborati da Jato Dynamics.
Il riferimento è alla definizione "technical" della capacità produttiva, che considera 6 giorni lavorativi la settimana, su tre turni giornalieri.
A gennaio e febbraio ha pesato lo sciopero delle bisarche e in alcuni casi, come a Chieti, il maltempo.
Anche se l'impatto maggiore dello sciopero si registrerà probabilmente a marzo. Fiat ha parlato di 20.000 veicoli in meno genericamente nel periodo febbraio-marzo. Unrae prevede 60.000 immatricolazioni in meno a marzo di cui 20.000 per Fiat.
Questi due mesi risentono fortemente anche dello shock sulla domanda derivante dalla crisi finanziaria in Europa. Secondo alcuni analisti, potrebbero rappresentare un minimo nel 2012.
I dati e le definizioni di capacità produttiva sono quelle utilizzate da Fiat nel piano industriale del 2010. Il gruppo usa due definizioni: "harbour", 5 giorni lavorativi la settimana, per 235 complessivi annui, su due turni giornalieri; "technical" 6 giorni la settimana per 280 giorni l'anno, su tre turni.

MIRAFIORI - L'attività a basso regime proseguirà fino a ottobre 2013. Nei primi due mesi dell'anno sono state immatricolate 823 Lancia Musa, 1.096 Fiat Idea e 5.943 Alfa MiTo, i modelli realizzati nello stabilimento. Quindi circa 8.000 veicoli in due mesi contro una capacità produttiva di 300.000 veicoli annui (technical) e 200.000 (harbour). Gli operai, a rotazione, lavorano da un minimo di 3 giorni al mese.
A fine 2013 dovrebbe entrare in produzione un Suv compatto Fiat. Un Suv con marchio Jeep verrà prodotto dal secondo trimestre 2014. Gli oltre 5.300 operai della carrozzeria il 2 aprile entreranno in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione per 18 mesi quindi fino a ottobre 2013, quando dovrebbe partire il primo modello nuovo.
Gli spazi nello stabilimento sono sufficienti ampi da consentire di realizzare le nuove linee produttive, mentre si continua a lavorare sui vecchi modelli. I lavori cominceranno nella prima metà di quest'anno, dice il sindacato con riferimento alla tempistica data da Fiat negli ultimi incontri.
CASSINO - Si usano due giorni di cassa integrazione la settimana, lavorando 3 giorni su due turni. La produzione è di 700 auto al giorno, dice il sindacato, quindi circa 100.000 veicoli su base annua, contro un capacità massima di oltre 400.000 veicoli (technical) e circa 300.000 (harbour). A Cassino si producono Alfa Giulietta (11.796 vetture immatricolate), Fiat Bravo (4.328) e Lancia Delta (2.945) per un totale di immatricolazioni di circa 19.000 veicoli in due mesi.

MELFI - Si lavora per tre giorni a settimana su tre turni producendo circa 3.800 vetture, 180.000 veicoli su base annua contro una capacità a oltre 400.000 (technical) e oltre 250.000 (harbour). Nei primi due mesi dell'anno sono stati venduti 27.949 esemplari della Punto, l'unico modello realizzato a Melfi. Ora, dice il sindacato, i piazzali sono pieni a causa dello sciopero delle bisarche e la produzione è di fatto ferma.
POMIGLIANO - GIANBATTISTA VICO - Sono rientrati dalla cassa integrazione circa 2.100 lavoratori sul totale di circa 4.700 e lavorano su due turni. Si producono circa 630 Panda al giorno e quindi circa 3.000 la settimana che su base annua significa circa 140.000 contro una capacità produttiva di circa 300.000 veicoli (technical), 200.000 (harbour). Il gruppo stima di vendere quest'anno 230.000 esemplari tra vecchia (prodotta a Tychy in Polonia) e nuova Panda. Nei primi due mesi dell'anno sono state vendute 33.134 Panda, tra nuovo e vecchio modello. Una produzione di circa 280.000 nuove Panda consentirebbe il rientro di tutti gli operai, dice il sindacato.

SEVEL (Chieti) - La joint-venture con PSA, produce Fiat Ducato, Citroen Jumper e Peugeot Boxer. La capacità è di oltre 350.000 veicoli (200.000 harbour). Lo stabilimento ne ha realizzati 225.000 nel 2011, non lontano dal record di 251.000 del 2008, occupando tutti i lavoratori, per 5 giorni su tre turni, dice il sindacato. Nel 2011 sono stati richiesti anche alcuni sabati di straodinario. Per quest'anno la neve e poi lo sciopero delle bisarche ha richiesto alcuni giorni di cassa integrazione, oltre all'utilizzo di ferie residue. Secondo il sindacato, da voci informali che provengono dall'indotto, il 2012 dovrebbe essere in lieve calo rispetto al 2011.
GRUGLIASCO - Sono iniziati i lavori per l'allestimento delle nuove linee produttive nello stabilimento ex-Bertone. A metà novembre dello scorso anno è stata firmata la cassa integrazione per ulteriori 12 mesi (a partire dal 19 novembre) per tutti i 1.077 lavoratori. Il piano Fiat prevede investimenti per 500 milioni per una Maserati di classe E. La produzione dovrebbe partire a fine del 2012 e, a regime, si prevedono 50.000 veicoli l'anno.
TYCHY (Polonia) - La produzione dei primi due mesi dell'anno vede un calo dell'11,9% a 75.450 veicoli. Si lavora a ritmi di circa 1.780 veicoli al giorno, per 5 giorni la settimana su tre turni giornalieri, quindi 418.000 su base annua, che comporterebbe un ribasso del 10% rispetto ai 467.760 veicoli del 2011. Si producono il vecchio modello Panda, la 500, la Lancia Y e la Ford Ka. Per quest'anno si attende una contrazione, man mano che la vecchia Panda ridurrà le vendite sostituita dalla nuova realizzata a Pomigliano. Fiat non ha dato indicazioni su quando uscirà dalla produzione la vecchia Panda. Sui volumi 2011, 400.000 sono stati per Fiat, il resto per Ford. Nel 2010 lo stabilimento aveva prodotto 533.455 veicoli, nel 2009, anno record grazie anche agli incentivi, oltre 600.000 veicoli. In quell'anno l'utilizzo della capacità produttiva era al 93% (147% su base harbour). Nel 2011, secondo i dati Fiat, Tychy e la Turchia hanno operato al 74% della capacità produttiva (118% harbour definition). L'AD Sergio Marchionne ha parlato di un nuovo modello per Tychy senza dare ulteriori indicazioni.
BURSA (Turchia) - Tofas joint venture con la conglomerata locale Koc Holding, realizza il Doblò e Fiorino oltre a un veicolo commerciale per PSA, e due vetture Linea. L'utilizzo della capacità produttiva, secondo i dati della società turca, era al 77% in tutto il 2011 e al 74% nell'ultimo trimestre. L'utilizzo era pari all'87% nel secondo trimestre del 2011. La società soffre per il rallentamento del mercato interno atteso in calo del 12% nel 2012, ma conta di chiudere l'anno con un saldo positivo in termini di vendite, grazie alla nuova produzione di un veicolo commerciale da fornire a Opel Vauxhall, in seguito a un accordo di tre anni, siglato a fine 2010.
KRAGUJEVAC (Serbia) - La 500L destinata allo stabilimento in Serbia è stata presentata a marzo al salone dell'auto di Ginevra. La commercializzazione dell'auto è prevista intorno a settembre di quest'anno. Fiat ha acquistato la ex-Zastava nel 2008. L'investimento complessivo è di un miliardo, ripartito tra Fiat,

La Germania rischia il black out

La Germania dopo il disastro di Fukushima ha chiuso 8 centrali nucleari su 17, rinunciando così a 20 Gigawatt di potenza. Lo scorso febbraio la rete elettrica nazionale è andata molto vicino a un blackout. Il problema è che  le centrali sono a sud, dove le industrie di Stoccarda e Monaco hanno bisogno di tanta energia. Adesso quell'energia arriva da nord, ma la rete elettrica tedesca non era pensata per questo enorme trasferimento di elettricità.

http://www.ft.com/intl/cms/s/0/8925115a-6eb7-11e1-afb8-00144feab49a.html#axzz1qLSeiWul

martedì 27 marzo 2012

Il Giappone rimane con una sola centrale nucleare

Lunedì la Tokyo Electric Power Co. ha spento il reattore n. 6 nell'impianto di Kashiwazaki-Kariwa, nel nord del Giappone, per ordinaria manutenzione. Così in Giappone è rimasto un solo reattore nucleare attivo, il n. 3 dell'impianto di Tomari, nell'isola di Hokkaido. Il 5 maggio anche questo sarà chiuso per manutenzione. Il Giappone prima del terremoto era abituato ad ottenere dal nucleare il 30% dell'energia,  quota che lo scorso agosto è scesa all'11% e a febbraio si è ridotta al 2,5%.


http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303816504577304763323680918.html?mod=ITP_pageone_4

Monti come la Thatcher. Il testo completo


Il pezzo sul Wsj di oggi.

Italian Prime Minister Mario Monti has walked away from negotiations with Italy's labor unions and announced that he is going to move ahead with reforming the country's notorious employment laws—with or without union consent. If Rome is spared the fate that recently befell Athens, mark this as the week the turnaround began.
Italy's labor laws are some of the most restrictive in the Western world. The totemic Article 18 all but bans companies with more than 15 employees from involuntarily dismissing workers, regardless of the severance offered. Mr. Monti has proposed replacing this job-for-life scheme with a generous system of guaranteed severance when employees are dismissed for "economic reasons."
In most of the free world, this would count as a useful, albeit mild, reform. Among other weaknesses, the new law would not affect a worker's right to challenge his dismissal in court when fired for disciplinary reasons—an unreciprocated gift to the unions.
But standing up to Italy's labor unions takes courage, and not only of the political sort. Ten years ago this month economist Marco Biagi was gunned down by left-wing terrorists for his role in designing a previous attempt at labor reform. Mr. Monti's move has prompted calls for a general strike from CGIL, Italy's largest union confederation.


Since coming to power in November, Mr. Monti has passed some measures by emergency decree, bypassing parliament. On Friday, however, he announced that the labor-law changes would be voted through the National Assembly in the normal way.

This, too, is politically courageous. The center-left Democratic Party—an ally of the CGIL and one of the three main political blocs supporting Mr. Monti's grand coalition—has called the reform unacceptable. A split in the coalition could doom both the reform and Mr. Monti's government. The alternative is to pass the law over Democratic Party opposition, which would saddle Mr. Monti with former Prime Minister Silvio Berlusconi's base of right-of-center support.
That prospect probably doesn't thrill Mr. Monti. But holding a vote is also right. Italy's labor laws have been a fixture of economic life for decades. Successful—and lasting—reform won't be accomplished by decree, but by demonstrating that the changes enjoy a popular mandate.
Mr. Monti has three chief advantages over his recent predecessors. He remains popular in Italy. He also says he doesn't intend to run for re-election. This gives him a chance to maintain control over his reforms as they move toward a parliamentary vote.

More importantly, Mr. Monti—a former economics professor—has a rare opportunity to educate Italians on the consequences of opposing reform. This won't require sophisticated explanations of why employers will still employ people even when the law does not force them to do so. He can merely ask Italians to look across the Ionian Sea. If that doesn't scare them sober, then nothing will help.
Postwar Italian politics has chewed up more than a few would-be reformers while career politicians and union leaders enjoy the spoils of power. The difference with Mr. Monti is that he didn't take this job to be a caretaker PM. If he means to make his current reform the first, not last, step in a more ambitious agenda for reviving Italian growth, he could make his one term in office a great one.

lunedì 26 marzo 2012

Cosa spinge i prezzi della benzina e chi ci guadagna

da Avvenire del 25 marzo 2012


1.Perché la benzina a­desso costa quasi 2 euro al litro?

Gli attuali prezzi dei carburanti (1,87 cente­simi al litro in media la benzina, 1,78 il ga­solio, se si considerano i listini al 'servito') sono il risultato di due fattori. Quello do­minante è il fattore fiscale. Lo scorso anno il governo Berlusconi ha alzato per quattro volte le accise su benzina e gasolio, portan­dole rispettivamente da 56,4 e 42,3 a 62,2 e 48,1 centesimi al litro. Il governo Monti ha aggiunto un quinto e più sostanzioso aumento, che ha portato l’accisa sul­la
 benzina a 70,4 centesimi al litro e quella sul gasolio a 59,3 centesimi al li­tro. A settembre, i­noltre, l’Iva (che si calcola sia sul prez­zo industriale della benzina che sull’accisa) è stata portata dal 20 al 21%, producendo così un rialzo linea­re dell’1%. E a gennaio 5 giunte regionali hanno fatto scattare le addizionali locali, o­ra applicate in 10 Regioni su 20. In breve: durante il 2011 le tasse nazionali sul carbu­rante sono salite di 16 centesimi al litro per la benzina e di 20 per il gasolio. L’altro fat­tore dietro gli aumenti è il costo della ma­teria prima, che si è impennato ne­gli ultimi mesi. Il Platts cif Med, l’in­dice delle quotazioni dei carburan­ti sui mercati europei, tra novembre scorso e oggi è salito per la benzina da 52 centesimi a 67 centesimi al li­tro, per il gasolio da 62 a 69 centesi­mi.

1.34


2.
Come mai questo Platts au­menta
 tanto?

La quotazione Platts – elaborata dal­l’omonima agenzia internazionale sulla base degli scambi quotidiani di prodotti petroliferi tra le varie a­ziende della filiera del petrolio – e­sprime il prezzo 'all’ingrosso' della benzina e del gasolio. Su questi va­lori incidono sia la normale dinami­ca della domanda e dell’offerta (di prodotti già raffinati) che la quota­zione
 del prodotto da raffinare, cioè il pe­trolio. La quotazione del petrolio 'europeo', il Brent, tra dicembre e oggi è salito da 104 a 125 dollari al barile (in euro il passaggio è da 75 a 94 euro al barile). La quotazione è e­levatissima, tanto che ieri l’Agenzia inter­nazionale dell’energia ha lanciato l’allarme: a questi prezzi si rischia la recessione. Le tensioni iraniane pesano ma non spiegano questa impennata. Non si capisce cosa ci sia dietro. Lo stesso ministro del Petrolio saudita, Alì al Naimi, ha detto che non ca­pisce cosa stia spin­gendo il prezzo. L’U­nione petrolifera ha detto qualche setti­mana fa che le ban­che stanno facendo salire i prezzi perché investono anche sui

futures
 petroliferi i 1.000 miliardi di eu­ro avuti in prestito agevolato dalla Bce. I tempi dei rialzi, in effetti, coincidono.

3.
Chi sta guadagnando da questi rincari?


Sicuramente ci guadagnano i Paesi espor­tatori che, secondo i calcoli dell’Aie, que­st’anno guadagneranno dal petrolio la cifra più alta di sempre: 1.200 miliardi di dollari. Anche le compagnie petrolifere, che estrag­gono
 e raffinano il greggio più o meno con gli stessi costi di prima, vedono sali­re i loro margini. Fe­steggiano anche al­l’Erario: nei primi due mesi del 2012, secondo i calcoli del centro studi Promo­tor, il Tesoro ha già incassato 5,5 miliar­di dai carburanti, con un aumento del 19,8% rispetto a un an­no fa. E questo nonostante i consumi nel frattempo siano diminuiti del 9,6%. Chi ci perde, infatti, sono evidentemente gli ita­liani, che per fare meno rifornimento han­no comunque già speso in due mesi 10,1 miliardi quest’anno, l’11% in più nel con­fronto con il 2011. Senza contare che i rincari dei trasporti provocano un aumento generalizzato dei prezzi de­gli altri beni che si devono spostare per il Paese. E ci perde anche il ben­zinaio, che ha un margine fisso al li­tro (tra i 4 e i 5 centesimi) ma sta ven­dendo meno carburante di prima.

4.
Anche nel resto d’Europa i prezzi salgono tanto?


Quasi, nel senso che tra lo scorso no­vembre e oggi in Europa il prezzo me­dio della benzina è salito del 9% e quello del gasolio dell’11%, mentre in Italia gli aumenti sono stati del 14% in entrambi i casi. Questo, però, se si considerano le tasse. Al netto delle imposte, il rialzo europeo è del 18% per la verde e del 9% per il diesel, quello italiano è del 15% sulla benzi­na e dell’8% per il gasolio. Senza le nuove tasse, che ci hanno 'regalato' la benzina più cara d’Europa e il se­condo gasolio più costoso, saremmo vicini alla media Ue. Difatti il cosid­detto 'stacco', cioè la differenza, tas­se escluse, tra il prezzo al litro del car­burante italiano e la media europea (calcolato dall’Unione petrolifera) si è ridotto dai 3,6 centesimi medi del 2011 agli attuali 2,5 centesimi. La ten­denza al rialzo è comunque globale. Gli Usa, ad e­sempio,
 sono in al­larme perché in al­cuni Stati la benzi­na ha superato la soglia di 4 dollari al gallone (che ai cam­bi attuali sono 81 centesimi al litro).

5.
Cosa si può fare per fermare gli aumenti?


Sul lato fiscale, se non si vogliono tagliare le tasse, si potrebbe almeno ritentare la strada della sterilizzazione dell’Iva: un meccanismo che riduce l’accisa (e quindi l’imposta) per un certo periodo quando il prezzo della materia prima supera una cer­ta quota. Sperimentata nel 2000 e nel 2008,
 la sterilizzazione ha permesso risparmi modesti, nell’ordine dei 2 centesimi al li­tro. Sul lato industriale si può agire solo su quei 15-16 centesimi al litro che sono il margine lordo di gestori e compagnie. U­na loro riduzione di un terzo vale al mas­simo 5 centesimi. Le liberalizzazioni ap­pena approvate permettono ai benzinai di vendere altri prodotti e di restare sempre aperti, così i gestori hanno una base di gua­dagno più larga e sono meno 'benzina-di­pendenti'. Questo permette loro un con­tenimento del prezzo. Ma tra sconti, fai da te e 'pompe bianche' è inutile sperare in risparmi che vadano oltre i 10-15 centesi­mi al litro.

Pietro Saccò