da Avvenire del 25 marzo 2012
1.Perché la benzina adesso costa quasi 2 euro al litro?
Gli attuali prezzi dei carburanti (1,87 centesimi al litro in media la benzina, 1,78 il gasolio, se si considerano i listini al 'servito') sono il risultato di due fattori. Quello dominante è il fattore fiscale. Lo scorso anno il governo Berlusconi ha alzato per quattro volte le accise su benzina e gasolio, portandole rispettivamente da 56,4 e 42,3 a 62,2 e 48,1 centesimi al litro. Il governo Monti ha aggiunto un quinto e più sostanzioso aumento, che ha portato l’accisa sulla benzina a 70,4 centesimi al litro e quella sul gasolio a 59,3 centesimi al litro. A settembre, inoltre, l’Iva (che si calcola sia sul prezzo industriale della benzina che sull’accisa) è stata portata dal 20 al 21%, producendo così un rialzo lineare dell’1%. E a gennaio 5 giunte regionali hanno fatto scattare le addizionali locali, ora applicate in 10 Regioni su 20. In breve: durante il 2011 le tasse nazionali sul carburante sono salite di 16 centesimi al litro per la benzina e di 20 per il gasolio. L’altro fattore dietro gli aumenti è il costo della materia prima, che si è impennato negli ultimi mesi. Il Platts cif Med, l’indice delle quotazioni dei carburanti sui mercati europei, tra novembre scorso e oggi è salito per la benzina da 52 centesimi a 67 centesimi al litro, per il gasolio da 62 a 69 centesimi.
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2.Come mai questo Platts aumenta tanto?
La quotazione Platts – elaborata dall’omonima agenzia internazionale sulla base degli scambi quotidiani di prodotti petroliferi tra le varie aziende della filiera del petrolio – esprime il prezzo 'all’ingrosso' della benzina e del gasolio. Su questi valori incidono sia la normale dinamica della domanda e dell’offerta (di prodotti già raffinati) che la quotazione del prodotto da raffinare, cioè il petrolio. La quotazione del petrolio 'europeo', il Brent, tra dicembre e oggi è salito da 104 a 125 dollari al barile (in euro il passaggio è da 75 a 94 euro al barile). La quotazione è elevatissima, tanto che ieri l’Agenzia internazionale dell’energia ha lanciato l’allarme: a questi prezzi si rischia la recessione. Le tensioni iraniane pesano ma non spiegano questa impennata. Non si capisce cosa ci sia dietro. Lo stesso ministro del Petrolio saudita, Alì al Naimi, ha detto che non capisce cosa stia spingendo il prezzo. L’Unione petrolifera ha detto qualche settimana fa che le banche stanno facendo salire i prezzi perché investono anche sui
futures petroliferi i 1.000 miliardi di euro avuti in prestito agevolato dalla Bce. I tempi dei rialzi, in effetti, coincidono.
3.Chi sta guadagnando da questi rincari?
Sicuramente ci guadagnano i Paesi esportatori che, secondo i calcoli dell’Aie, quest’anno guadagneranno dal petrolio la cifra più alta di sempre: 1.200 miliardi di dollari. Anche le compagnie petrolifere, che estraggono e raffinano il greggio più o meno con gli stessi costi di prima, vedono salire i loro margini. Festeggiano anche all’Erario: nei primi due mesi del 2012, secondo i calcoli del centro studi Promotor, il Tesoro ha già incassato 5,5 miliardi dai carburanti, con un aumento del 19,8% rispetto a un anno fa. E questo nonostante i consumi nel frattempo siano diminuiti del 9,6%. Chi ci perde, infatti, sono evidentemente gli italiani, che per fare meno rifornimento hanno comunque già speso in due mesi 10,1 miliardi quest’anno, l’11% in più nel confronto con il 2011. Senza contare che i rincari dei trasporti provocano un aumento generalizzato dei prezzi degli altri beni che si devono spostare per il Paese. E ci perde anche il benzinaio, che ha un margine fisso al litro (tra i 4 e i 5 centesimi) ma sta vendendo meno carburante di prima.
4.Anche nel resto d’Europa i prezzi salgono tanto?
Quasi, nel senso che tra lo scorso novembre e oggi in Europa il prezzo medio della benzina è salito del 9% e quello del gasolio dell’11%, mentre in Italia gli aumenti sono stati del 14% in entrambi i casi. Questo, però, se si considerano le tasse. Al netto delle imposte, il rialzo europeo è del 18% per la verde e del 9% per il diesel, quello italiano è del 15% sulla benzina e dell’8% per il gasolio. Senza le nuove tasse, che ci hanno 'regalato' la benzina più cara d’Europa e il secondo gasolio più costoso, saremmo vicini alla media Ue. Difatti il cosiddetto 'stacco', cioè la differenza, tasse escluse, tra il prezzo al litro del carburante italiano e la media europea (calcolato dall’Unione petrolifera) si è ridotto dai 3,6 centesimi medi del 2011 agli attuali 2,5 centesimi. La tendenza al rialzo è comunque globale. Gli Usa, ad esempio, sono in allarme perché in alcuni Stati la benzina ha superato la soglia di 4 dollari al gallone (che ai cambi attuali sono 81 centesimi al litro).
5.Cosa si può fare per fermare gli aumenti?
Sul lato fiscale, se non si vogliono tagliare le tasse, si potrebbe almeno ritentare la strada della sterilizzazione dell’Iva: un meccanismo che riduce l’accisa (e quindi l’imposta) per un certo periodo quando il prezzo della materia prima supera una certa quota. Sperimentata nel 2000 e nel 2008, la sterilizzazione ha permesso risparmi modesti, nell’ordine dei 2 centesimi al litro. Sul lato industriale si può agire solo su quei 15-16 centesimi al litro che sono il margine lordo di gestori e compagnie. Una loro riduzione di un terzo vale al massimo 5 centesimi. Le liberalizzazioni appena approvate permettono ai benzinai di vendere altri prodotti e di restare sempre aperti, così i gestori hanno una base di guadagno più larga e sono meno 'benzina-dipendenti'. Questo permette loro un contenimento del prezzo. Ma tra sconti, fai da te e 'pompe bianche' è inutile sperare in risparmi che vadano oltre i 10-15 centesimi al litro.
Pietro Saccò