Cerca nel blog

martedì 29 maggio 2012

Gli stipendi dei docenti universitari italiani

Il quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung ha fatto un'inchiesta sui compensi dei professori universitari nel mondo. Ne emerge che gli italiani, con 13.677 euro mensili lordi medi, sono i più pagati dell’Unione europea (a parità del costo della vita). Il compenso nel Regno Unito è di 12.554 euro, in Olanda di 10.685, in Germania 9.575. 

lunedì 28 maggio 2012

Tagliare per crescere

Tim Knox e Ryan Bourne, economisti del Centre for Policy Studies, nella ricerca "Small is Best: Lessons From Advanced Economies" hanno confrontato la crescita delle principali economie industrializzate dal 1965 e il 2010 (su dati del Fmi). Ne emerge che la riduzione della quota di  tasse e di spesa pubblica sul Pil di 5 punti percentuali fa aumentare la crescita del Pil di una cifra compresa tra gli 0,5 e gli 0,6 punti percentuali.

domenica 27 maggio 2012

Crolla la produzione dell'oppio afghano

Pessimo raccolto per l'oppio afghano, la produzione è crollata a circa un sesto di quella dello scorso anno. Addirittura tre contadini della provincia dell'Helmand, che conta per metà della produzione nazionale, si sono suicidati per la disperazione. Dato che la raccolta è stata così scarsa i prezzi si sono impennati dai 200 ai 300 dollari (erano 80 nel 2009). L'Afghanistan produce il 90% dell'oppio mondiale, secondo le stime le coltivazioni coprono 131.000 ettari. Considerato che la tassazione clandestina dell'oppio è una delle loro principali fonti di finanziamento, i talebani dovrebbero avere serie difficoltà. Nello stesso tempo però americani e afghani temono che altri contadini finiti sul lastrico finiranno invece per entrare a far parte dei barbuti.

sabato 26 maggio 2012

Eurobond, qualche dubbio sull'esempio di Hamilton


Nel chiedere ai tedeschi di intervenire per garantire i debiti degli altri europei si cita spesso l'esempio di Alexander Hamilton che, da primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti, nel suo First Report on the Public Credit propose che il governo federale che stava nascendo si facesse carico dei debiti delle 13 colonie che ne avrebbero fatto parte. Il Congresso approvò la sua idea ed evitò che alcuni degli Stati finissero in bancarotta.
Ma, avverte il Wsj, tra l'Europa di oggi e gli Usa di allora ci sono differenze non piccole. Hamilton non si fece carico dei debiti futuri, ma solo di quelli passati, che erano eredità delle spese sostenute per la guerra che ha permesso a quelle 13 colonie di diventare indipendenti e quindi potersi unire. Messi assieme i debiti del passato, quelli del futuro sarebbero rimasti separati. Difatti qualche stato americano ha poi fatto bancarotta nel Novecento e qualcuno rischia ancora di fallire. La seconda differenza è che Hamilton mise assieme i debiti sul principio che la guerra di indipendenza era una guerra da fare tutti assieme, e quindi i costi sostenuti andavano divisi tra tutti. Invece i debiti degli Stati europei sono stati fatti per interessi sempre domestici, non per qualche esigenza di spesa necessaria per unire sempre di più l'Ue.

I rischi dello sitmolo cinese

Con un grosso piano di stimolo nel 2008 la Cina spese una cifra pari al 15% del suo Pil per rilanciare l'economia. Tra i risultati di quel progetto ci sono sta stati un'inflazione impazzita, la crescita sregolata del mercato immobiliare, la diffusione di pessimi prestiti. Ora Pechino punta a lanciare un nuovo piano per la crescita, che sta rallentando vistosamente (ad aprile si è fermata al +7% rispetto a un anno fa). La strategia è rischiosa. Si consideri che oggi la quota di Pil cinese dedicata agli investimenti è il 50%, nessuna tigre asiatica aveva mai speso tanto. Anche l'efficienza dell'economia cinese e quantomeno discutibile. Secondo le stime di Bp, Pechino lo scorso anno ha consumato energia per 2,4 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente per ottenere un Pil di 5,9 miliardi di dollari. Gli Usa ne hanno consumati 2,3 per un Pil di 14,6 miliardi.

venerdì 25 maggio 2012

Il sensato richiamo di Weidmann

Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, al Monde ribadisce un concetto abbastanza sempre: mettere in comune i debiti non favorisce la crescita, serve solo a rimandare la soluzione del problema, che è la necessità di fare riforme strutturali in grado di mettere le economie più in difficoltà in grado di crescere. Chi parla di Keynes fa finta che gli enormi debiti pubblici non esistono.

Statali, quanti sono e cosa fanno

Due bei grafici da Repubblica di oggi.