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giovedì 24 maggio 2012

Lo shale gas taglia le emissioni

Di tutte le nazioni analizzate dall'Agenzia internazionale per l'energia, quella che ha ottenuto la migliore riduzione nelle emissioni di gas serra sono gli Stati Uniti, capace di tagliare le emissioni di 450 milioni di tonnellate in cinque anni. Negli ultimi 12 mesi, secondo il Dipartimento Usa per l'Energia, la produzione di elettricità da carbone è diminuita del 19%, quella da gas è aumentata del 38%. E una centrale a gas in genere produce metà delle emissioni serra di una centrale a carbone.

Raffinerie a secco


"Lo scorso anno la libica Tamoil ha definitivamente spento la raffineria di Cremona. A fine gennaio la Erg è scesa al 20% nell'isab di Priolo, ora in mano a Lukoil per 1'80%. Il gruppo della famiglia Garrone, in un'audizione alla Camera, ha calcolato che se non avesse ceduto a fine 2008 una prima metà della raffineria
ai russi avrebbe bruciato 600 milioni di euro nei tre anni successivi, «probabilmente causando ti fallimento dell'intera azienda». Nel complesso il sistema italiano pub «lavorare» oggi un centinaio di milioni di tonnellate l'anno di greggio (erano 180 nei 1976) ma i consumi superano di poco i 70 milioni. in questo spazio, si fa
spesso notare, potrebbero «ballare?? (cioè sparire)  4-5 medie raffinerie. Oggi sul territorio nazionale ce ne sono 15, e da un paio di anni a questa parte il toto-chiusura è diventato un gioco un po' funereo ma molto attuale. Non che in Europa lo scenario sia molto diverso. L'ultimo schianto è stato quello di Petroplus cinque raffinerie tra Svizzera, Belgio, Francia, Germania e Regno Unito".

Stefano Agnoli sul Corriere

giovedì 17 maggio 2012

La promessa del gas africano


La rivoluzione del "nuovo gas" – quello non convenzionale che si estrae dalle rocce d’argilla a tre chilometri di profondità – sta cambiando gli equilibri energetici mondiali, perché sta dando agli Stati Uniti una crescente indipendenza dal petrolio straniero. Anche il "vecchio gas" sta vivendo però una sua rivoluzione, una svolta in atto nell’Africa dell’Est e mossa soprattutto dall’Eni, la compagnia italiana che ha nel ministro dell’Economia il suo principale azionista. Ieri il gruppo italiano ha annunciato una nuova scoperta di gas naturale al largo delle coste del Mozambico. Una scoperta "giant", gigante: il nuovo pozzo trovato nell’Area 4 potrebbe contenere tra i 198 e i 202 miliardi di metri cubi di gas, la stima per l’intera Area 4 sale così a una quantità di gas compresa tra i 424 e i 566 miliardi di metri cubi, mentre il potenziale massimo dell’area è ora indicato in 1.471 miliardi di metri cubi. È una quantità enorme: si consideri che Francia, Germania, Regno Unito e Italia in un anno consumano tutte assieme circa 280 miliardi di metri cubi di gas. La sola Area 4 delle esplorazioni Eni in Mozambico potrebbe quindi rifornire di gas le tre principali economie europee per due anni interi.
Il terreno sotto il mare al largo dell’Africa sud-orientale si sta rivelando ricchissimo di gas naturale. Sempre ieri le compagnie britanniche BG Group e Ophir Energy hanno annunciato di avere trovato più gas di quanto inizialmente previsto al largo della Tanzania mentre martedì erano stati ancora dei britannici, quelli di Anadarko, a comunicare nuove scoperte nel mare del Mozambico.
Le compagnie si stanno organizzando per trasportare nel mondo il gas che estrarranno in Africa. È proprio di ieri il via libera dell’Antitrust europeo alla costituzione di una joint venture tra Eni, British Petroleum, Chevron, Sonangol e Total per la produzione di gas naturale liquefatto (quello che può essere caricato sulle navi e portato a un rigassificatore dovunque nel mondo) in Angola.
Inoltre le nuove scoperte di gas potrebbero creare un indotto locale in grado di spingere la crescita dell’economia di nazioni poverissime: con un Pil pro capite di 1.515 dollari nel 2011 la Tanzania è 158esima sui 183 Paesi censiti dal Fondo monetario internazionale. Il Mozambico, dove il Pil pro capite è di 1.085 dollari, è in 170esima posizione.
da Avvenire del 17/05/2012

venerdì 11 maggio 2012

Lo shale gas ucraino a Chevron e Shell

Kiev sta per assegnare i suoi due maggiori giacimenti di shale gas. A quanto pare ne ha vinto uno, quello di Yuzivska, sarebbe toccato a Shell, l'altro, Olesska, a Chevron. Sconfitte nella gara Eni, Exxon e Tnk-Bp.

martedì 8 maggio 2012

L'Iran vende petrolio in yuan

L'Iran ha iniziato ad accettare pagamenti in yuan sul petrolio che vende alla Cina. In parte è uno degli effetti delle sanzioni subite dal Paese per il suo programma nucleare. Teheran usa gli yuan per comprare prodotti e servizi dalla stessa Cina. Secondo le stime l'Iran vende alla Cina petrolio per circa 30 miliardi di dollari all'anno. 

sabato 5 maggio 2012

Il Giappone rimane senza centrali nucleari

Oggi il Giappone spegne il suo ultimo reattore nucleare. Gli altri li ha fermati, uno dopo l'altro, nei mesi dopo l'incidente di Fukushima. Sono stati fermati per controlli, hanno superato i controlli, ma non sono più stati riattivati. Il governo ha compensato il crollo di forniture energetiche importando petrolio e gas (ha speso 4.700 miliardi di yen per questo, cioè 45 miliardi di euro). Il governo conta di riaccenderne comunque la metà prima dell'estate, per non rischiare un collasso delle forniture.

venerdì 4 maggio 2012

Lo shale gas fa chiudere i pozzi

Le compagnie americane stanno iniziando a tagliare la produzione di gas naturale, perché i prezzi sono scesi troppo. Nel primo trimestre hanno tagliato quasi tutti. Compresi Exxon, Encana e Conoco, che hanno promesso nuovi tagli per questi mesi. I prezzi del gas naturale, che il 19 aprile hanno toccato la quotazione più bassa da settembre 2001, sono aumentati del 18%, a 2,25 dollari per 300 metri cubi (o per British thermal unit).

giovedì 26 aprile 2012

Nuovi elementi sullo shale gas

- Nel suo discorso sullo Stato dell'Unione, Barack Obama ha detto che lo shale gas ha generato 600 mila posti di lavoro negli Stati Uniti.

- Molto del merito dello sviluppo dello shale gas va a George Mitchell, bizzarro imprenditore figlio di un immigrato greco, che ha perfezionato assieme alla sua squadra la tecnica della fratturazione idraulica. Nel 2022, Mitchell ha venduto la sua società alla Devon Energy, specializzata nella perforazione orizzontale. La combinazione delle due tecniche ha permesso il boom dello shale gas.

- Le stime dicono che scavare un pozzo per lo shale gas in Polonia costa tre volte un identico pozzo in America.

lunedì 23 aprile 2012

"Il mondo è già cambiato Usa leader nel nuovo gas "


Il mio pezzo da Avvenire di domenica

N
 Star, la maggiore compagnia elettri­ca del Massachussets, a febbraio ha annunciato un taglio del 34% della bolletta dei suoi clienti industriali: dal 1° a­prile le aziende che rifornisce pagano l’elet­tricità 5,5 invece che 8,3 centesimi di dollaro al kilowattora. La utilitynordamericana ha promesso un taglio anche ai clienti domesti­ci, che per ora dovranno accontentarsi di u­no sconto del 27% sul gas. Qualche settima­na dopo, a Roma, l’Autorità per l’energia e­lettrica ha comunicato agli italiani che il prez­zo dell’elettricità sarebbe salito del 5,8%, a 18,3 centesimi di euro per kWh. Le aziende i­taliane pagano la luce poco meno dei normali cittadini, in media 16 centesimi per kWh. È quasi quattro volte la tariffa garantita da NStar. L’America taglia e l’Italia (ma più in generale l’Europa) stanga. Succede perché nel Nuovo mondo hanno trovato qualcosa che nel Vec­chio mondo ancora non sanno se c’è: losha­le gas . Il gas che si ottiene dagli scisti bitumi­nosi (vedi box a fianco) ha cambiato in pochi anni lo scenario energetico mondiale. Con benefici, almeno per il momento, tutti ame­ricani. Gli Stati Uniti hanno scoperto di ave­re una riserva di gas naturale 'non conven­zionale' da 23 mila miliardi di metri cubi. Ba­sterebbe a coprire il fabbisogno nazionale per più di un secolo. È tanto gas ed è gas a basso prezzo. Se NStar può tagliare le tariffe è per­ché la maggioranza degli impianti di genera­zione di energia elettrica del Massachussets funziona a gas, e il costo del gas in America è crollato dai 14 dollari per 300 metri cubi del 2008 fino sotto ai 2 dollari (-85%). Un prezzo che sta scombussolando l’industria energeti­ca nazionale: gli impianti a carbone ormai non sono più economicamente sostenibili mentre le stesse compagnie che estraggono gas naturale con i vecchi metodi sono co­strette a chiudere quei pozzi che, a questi prez­zi, producono in perdita. Mentre gli americani si godono un mondo che sta cambiando tutto a loro vantaggio, gli altri sono costretti ad aggiornare i loro pro­getti. Senza che la cosa fosse troppo notata, nel 2011 gli Stati Uniti sono diventati il primo produttore mondiale di gas naturale (con 684 miliardi di metri cubi estratti) rubando il po­sto alla Russia (che si è fermata a circa 634 mi­liardi di metri cubi). Si parla di energia, ma anche di potere. Mosca vende gas naturale ai suoi poco amati 'vicini' – come Polonia e U­craina – con prezzi attorno ai 17 dollari per 300 metri cubi, 8 volte il prezzo americano.

Gli Usa, molto avanti nelle tecniche di liqui­dazione e rigassificazione, potrebbero inter­venire. Ha previsto Fareed Zakaria, uno dei più autorevoli editorialisti economici statu­nitensi, che «alla scadenza dei contratti tra Russia e Paesi europei, Mosca si ritroverà a fronteggiare un drammatico calo nelle en­trate », e presto «si passerà da un mondo in cui pochi Paesi – Russia, Iran, Qatar e Arabia Saudita – controllano il prezzo e le forniture di gas naturale a un mondo in cui questa fon­te energetica sarà molto più diffusa».

Il miglior esempio delle imprevedibili novità nello scenario energetico mondiale viene da un progetto su cui già stanno lavorando in A­laska (Stato in cui si trova il 13% delle riser­ve americane dello
 shale gas): l’idea è realiz­zare una condotta che porti il gas verso sud, dove si dovrebbe costruire un impianto che lo riduca allo stato liquido così da poterlo ca­ricare sulle navi cisterna e trasportarlo fino in Cina, dove oggi il gas naturale si paga 15,5 dollari per 300 metri cubi, 7 volte la quota­zione Anche Pechino però vuole il suo gas a basso prezzo. Le stime dicono che la materia prima c’è: le riserve cinesi di gas non convenziona­le sarebbero di circa 25 mila miliardi di metri cubi, anche maggiori di quelle degli Stati U­niti e i inferiori solo a quelle di Argentina, Mes­sico e Australia, altre regioni ricche di shale gas. Il problema è che estrarre il nuovo gas è molto complicato e oggi nessuna compagnia cinese sa farlo. Difatti il colosso nazionale Si­nopec ha investito 2,5 miliardi in un’alleanza con la statunitense Devon Energy per acqui­sirne le competenze. Anche l’italiana Eni è in cerca di shale gas in Cina. Il suo obiettivo prio­ritario resta però il gas non convenzionale eu­ropeo (le riserve sono stimate in 18 mila mi­liardi di metri cubi): ce ne sarebbe soprattut­to in Piccardia (nella Francia del Nord), in U­craina e in Polonia. Ma prima la Francia, lo scorso novembre, e poi la Bulgaria, a gennaio, hanno deciso di fermare le esplorazioni. Han­no bloccato tutto per ragioni ambientali: la tecnica del fracking che si usa per rompere gli scisti e liberare il gas prevede il pompaggio sotteranneo di liquidi che includono anche sostanze chimiche sospettate di inquinare le falde acquifere. È un sospetto, appunto: solo nell’ultimo mese in America l’autorità am­bientale Epa ha finito per rimangiarsi tre do­cumenti in cui accusava alcune aziende di a­vere inquinato l’acqua. Nuovi test dimostra­no infatti che l’inquinamento non c’è stato. E nel Regno Unito il Dipartimento per l’energia e il cambiamento climatico ha da poco con­cesso il riavvio delle esplorazioni nei mari del Nord.

Nel dubbio, l’Europa vuole limitare le ricerche. Col rischio di danneggiare soprattutto la Po­lonia, che è già in uno stato abbastanza a­vanzato di esplorazione. Varsavia ha già fatto capire che non è disposta a fermarsi. Nem­meno davanti alle prime delusioni: Exxon , tra le prime ad avviare le esplorazioni, a gennaio ha annunciato che i due primi pozzi non so­no in grado di dare gas in quantità che possa giustificare la loro esistenza e l’istituto geolo­gico polacco ha tagliato le stime sulle riserve dell’85%, da 5,3 milioni a 800 mila metri cu­bi. Ma le ricerche vanno avanti. La Polonia vuole essere la prima, in Europa, ad emanci­parsi dagli equilibri geopolitici dell’energia del Novecento.
 

martedì 17 aprile 2012

I soldi che tornano dall'Opec

Secondo un'analisi dell'Agenzia internazionale dell'energia per ogni dollaro che gli Stati Uniti hanno speso per importare petrolio dai Paesi dell'Opec, nel 2011 sono tornati indietro (attraverso l'acquisto di prodotti made in Usa da parte dei cittadini dei Paesi Opec) 34 centesimi. Il dato è molto inferiore rispetto alla media 1970-2000, che vedeva tornare in Usa 55 centesimi per ogni dollaro dato all'Opec. Ancora peggio il Giappone: tornano 14 centesimi per ogni dollaro, contro una media storica di 43. Va invece benissimo l'Europa, alla quale tornano 80 centesimi per dollaro (come nella sua media storica), e va bene la Cina, con un ritorno di 64 centesimi (in passato non le tornava nulla).

venerdì 13 aprile 2012

Il petrolio c'è, anche senza Iran

Secondo l'Agenzia internazionale dell'energia, "il ciclo di fondamentali che,dal 2009, si inaspriscono, per ora si è interrotto" e quindi sul mercato del petrolio dovremmo vedere prezzi stabili o al ribasso. Secondo alcuni analisti - in particolare - in estate potremmo vedere prezzi dei carburanti più bassi.Gli stoccaggi globali durante il primo trimestre sono aumentati di 1,2 milioni di barili al giorno, segno che il mercato petrolifero potrebbe rimanere bilanciato anche se l'Iran dovesse togliere dal mercato 1 milione di barili al giorno. Secondo le stime della Iea l'Iran nel primo trimestre ha tagliato le esportazioni del 9,7% (350 mila barili in meno nel confronto con un anno fa)

La Cina fa scorta di petrolio

Le importazioni di petrolio cinese hanno raggiunto i 5,57 milioni di barili al giorno a marzo, in aumento dell'8,7% rispetto a un anno fa. Nel primo timestre l'aumento è dell'11% (nel 2011 fu del 6%). Secondo gli analisti Pechino sta aumentando le sue riserve, e questo nonostante i prezzi siano molto alti. Le riserve attuali permettono alla Cina di alimentarsi per 40 giorni, l'obiettivo e arrivare a 90 giorni (quasi come gli Stati Uniti).


dal Wsj

domenica 8 aprile 2012

Fallimenti a catena nel fotovoltaico tedesco

Ha chiuso l'americana Solar Trust, perché la sua controllante tedesca Solar Millenium è fallita a dicembre, fallito un tentativo di cessione a Solarhybrid, fallita anche lei. A dicembre in Germania fallite anche Solon e Q-Celles. Colpa del taglio ai sussidi e della concorrenza cinese.

Wsj

sabato 7 aprile 2012

Il petrolio che serve a Ryiadh

In Arabia Saudia la domanda di energia sale del 10% all'anno. Così Riyadh è costretta di usare 3 milioni di barili di petrolio al giorno (il 25% della produzione) per i consumi interni. Calcola la Iea che l'Arbia consuma più petrolio della Germania, che ha il triplo di abitanti e un'economia cinque volte più grande. Il problema è che se l'Arabia ha bisogno del suo petrolio l'Occidente vede ridursi la "spare-capacity" araba, con cui Ryadh può venirgli incontro nei momenti di tensioni sul prezzo. Uno studio di Jadwa Investment dice che più o meno attorno il 2020 la spare capacity sarà azzerata e per il 2043 il Paese sarà costretto a tenersi tutto il petrolio che produce.

Wsj

lunedì 2 aprile 2012

L'Epa ritira le accuse sullo shale gas


L'Enviromental Protection Agency ha ritirato la sua dichiarazione con cui accusava Range Resources Corp. di avere inquinato le falde acquifere a Fort Worth, nel Texas, a causa dei gas usati per spaccare gli scisti e ottenere shale gas. A simili conclusioni l'Epa è arrivata anche per pozzi nel Wyoming e in Pennsylvania. 

sabato 31 marzo 2012

Altri numeri dello shale gas

Tra il 1978 e il 1992 il governo federale americano ha speso ben 137 milioni di dollari per sviluppare le tecnologie che permettono l'estrazione dello shale gas. Robert Hefner, imprenditore del gas naturale e autore di The grand energy transition, fa notare che con il gas naturale si risparmiano 20 milioni di dollari ogni anno per riscaldare 65 milioni di famiglie americane. La Russia può chiedere fino a 17 dollari per 300 metri cubi di gas dai Paesi confinanti, come l'Ucraina e le nazioni europee. Gli Stati Uniti producono gas naturale a 2,5c dollari per 300 metri cubi e dispongono della tecnologia di liquefazione più avanzata ed economica al mondo.


"Si passerà da un mondo in cui pochi Paesi Russia, Iran, Qatar e Arabia Saudita controllano il prezzo e le forniture di gas naturale a un mondo in cui questa fonte energetica sarà molto più diffusa. (Per il momento, l`Iran non ha alcun accesso alle tecnologie indispensabili per sfruttare i propri giacimenti)".


Fareed Zakaria
http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=82260622

venerdì 30 marzo 2012

I tedeschi lasciano senza atomo il Regno Unito

Altro brusco passo indietro nel rinascimento nucleare globale. Le tedesche Rwe e E.on hanno deciso di uscire dalla joint venture Horizon Nuclear Power che avrebbe dovuto progettare e realizzare nuovi impianti nucleari in Gran Bretagna. Le due società hanno spiegato che la crisi economica le ha private di molte risorse e il ritiro dei tedeschi del nucleare ha messo ulteriore pressione su di loro.


http://www.nytimes.com/2012/03/30/business/global/Britains-Nuclear-Plans-Suffer-Setback.html

mercoledì 28 marzo 2012

Gli effetti dell'aumento del prezzo del petrolio

Goldman Sachs calcola che un aumento del prezzo del petrolio del 10% tende a spingere al ribasso la crescita del Pil degli Stati Uniti dello 0,2% dopo un anno e dello 0,4% dopo due. In Europa la riduzione è dello 0,2% per il primo anno. 

Lo shale gas alla cinese

Nel suo discorso alla nazione il premier cinese Wen Jiabao ha per la prima volta parlato dello shale gas (yeyanqi, in cinese). Secondo gli studi del ministero del Territorio e delle Risorse cinese, Pechino ha riserve per 25 mila miliardi di metri cubi di gas, 200 volte il consumo annuale del Paese. Ma Wen ha ammesso che ci sono grossi problemi: le compagnie cinesi non sono ancora capaci di estrarlo. Per questo hanno investito molto in alleanze con le società americane (ad esempio Sinopec ha puntato 2,5 miliardi sulla Devon Energy). L'obiettivo della Cina è produrre 6,5 miliardi di metri cubi di metri cubi di gas all'anno dal 2015 e 60 miliardi dal 2020.

http://www.ft.com/intl/cms/s/0/3fcc49a4-71de-11e1-90b5-00144feab49a.html#axzz1qLSeiWul

La Germania rischia il black out

La Germania dopo il disastro di Fukushima ha chiuso 8 centrali nucleari su 17, rinunciando così a 20 Gigawatt di potenza. Lo scorso febbraio la rete elettrica nazionale è andata molto vicino a un blackout. Il problema è che  le centrali sono a sud, dove le industrie di Stoccarda e Monaco hanno bisogno di tanta energia. Adesso quell'energia arriva da nord, ma la rete elettrica tedesca non era pensata per questo enorme trasferimento di elettricità.

http://www.ft.com/intl/cms/s/0/8925115a-6eb7-11e1-afb8-00144feab49a.html#axzz1qLSeiWul