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martedì 23 aprile 2013

Volkswagen ruba il manager americano di Maserati


Il nuovo piano europeo di Marchionne punta a espandere la presenza delle auto del gruppo Fiat nella fascia medio-alta del mercato. In questo senso il marchio Maserati ha un ruolo strategico. Il pubblico per queste auto sta in Europa, in Asia, in Nordamerica. E tanto per iniziare la Volkswagen ha fregato a Maserati il suo manager per gli Stati Uniti.

(ANSA) - ROMA, 22 APR - Mark McNabb, che nei giorni scorsi aveva lasciato la Maserati dove ricopriva il ruolo di CEO per le attività in Nordamerica, è il nuovo chief operating officer di Volkswagen of America. McNabb sarà operativo - si legge in una nota dell'azienda nella sua nuova posizione - dal prossimo primo maggio e risponderà al CEO di Volkswagen of America, Jonathan Browning, per sovraintendere alle vendite del marchio negli Stati Uniti ed all'ambizioso progmma di crescita in quel mercato. McNabb, che prima della Maserati ha lavorato in Cadillac e in GM (partecipando anche alla ricerca degli acquirenti per Saab e Hummer), in Nissan ed Infiniti e in Mercedes, ha 51 anni di cui 25 passati nell'industria automobilistica. Volkswagen of America distribuisce negli Usa, attraverso una rete di 610 dealer indipendenti i modelli Beetle, Beetle Convertible, Eos, Golf, Golf R, GTI, Jetta, Jetta SportWagen, Passat, CC, Tiguan, Touareg e Routan, molti dei quali costruiti nello stabilimento di Chattanooga, nel Tennessee. (ANSA)

lunedì 28 gennaio 2013

Toyota torna il primi produttore di auto al mondo


Toyota Motor ha riconquistato la corona di primo produttore in termini di vendite, nel 2012, battendo i rivali General Motors e Volkswagen. Toyota ha venduto 9,75 milioni di auto nel mondo, toccando un livello record, in rialzo del 22,6% rispetto al 2011. Gm ha venduto 9,28 milioni di veicoli, +2,9% su anno, Volkswagen 9,07 milioni +11,2%.

venerdì 26 ottobre 2012

L'auto in ritirata.

La selezione naturale delle fabbriche d’auto europee procede inesorabile. Ford ha annunciato che chiuderà entro la fine del 2014 lo stabilimento di Genk, in Bel­gio, dove oggi con 4.300 addetti costruisce la Mondeo, il Galaxy e il S-Max. Fra due anni questi veicoli finiranno fuori produzione, Ford ha deciso di affidare la costruzione dei nuovi modelli alla fabbrica spagnola di Valencia, do­ve produce la monovolume C-Max con 3.500 operai che, secondo i calcoli degli analisti, co­stano il 75% in meno dei loro colleghi belgi. Il mercato dell’auto europea vive una crisi strut­turale, lo stabilimento spagnolo lavora al 50-60% della sua capacità produttiva. Con i nuo­vi modelli potrà raggiungere quell’80% con­siderato la soglia minima per non lavorare in perdita. La Ford, come la Fiat, oggi perde sol­di in Europa e li guadagna altrove. A Detroit prevedono di chiudere il 2012 con 9 miliardi di dollari di utili. Sarebbero stati 10, ma l’atti­vità europea farà un rosso di 1 miliardo. A o­gni auto costruita nel Vecchio Continente, spiegano i manager, corrisponde una perdita di 1.125 euro; abbandonare il Belgio costerà 1,1 miliardi di dollari ma permetterà di ri­sparmiare ogni anno 730 milioni. Probabil­mente giovedì annunceranno anche la chiu­sura della fabbrica inglese di Southampton, 500 dipendenti.
Quella di Genk, aperta nel 1964, è la quinta fabbrica europea di automobili di cui è stata pianificata la chiusura negli ultimi due anni. La General Motors nel 2010 ha chiuso lo sta­bilimento di Anversa, ancora in Belgio, e pro­getta di fermare nel 2014 la fabbrica tedesca di Bo­chum. L’anno scorso Fiat ha lasciato Termini Ime­rese. Psa, cioè il gruppo Peugeot-Citroën, ha an­nunciato che interrom­perà la produzione ad Aulnay, a una manciata di chilometri da Parigi.
Quest’ultima chiusura però potrebbe essere e­vitata grazie all’intervento dello Stato. Psa è in profonda crisi (in 6 mesi ha perso 819 milio­ni di euro) e ieri, oltre ad annunciare una rafforzamento dell’alleanza con General Mo­tors, ha ufficialmente ottenuto l’aiuto forma­le del governo francese. Lo Stato concederà 7 miliardi di euro di garanzie e 11,5 miliardi di rifinanziamenti al Banque Psa Finance, l’isti­tuto con cui la casa automobilistica finanzia gli acquisti delle sue auto. La banca della Peu­geot all’inizio del mese è stata declassata da Moody’s al livello di 'spazzatura', e senza aiu­ti rischiava di rimanere a corto di liquidità. Il sostegno statale non è gratis: prestiti e garan­zie sono a pagamento, inoltre l’azienda non potrà distribuire dividendi né pagare stock option ai manager e ha dovuto accettare l’in­gresso di un rappresentante dello Stato e di u­no dei sindacati nel suo consiglio di sorveglianza. Probabilmente anche il piano di tagli e chiusure annunciato in estate (gli esuberi previsti sono 10 mila) dovrà essere am­morbidito. Arnaud Mon­tebourg, ministro dello Sviluppo economico di Hollande, lo ha chiesto esplicitamente.
Attenzione, però, perché anche l’auto euro­pea ha i suoi falchi. Falchi, come al solito, te­deschi. David McAllister, primo ministro del­lo Stato della Bassa Sassonia, azionista di Volk­swagen con una quota del 20%, ha già invita­to il governo di Berlino a chiedere alla Com­missione europea di verificare se quelli previ­sti dal piano francese non siano aiuti di Stato illegali. Mentre tutte le case automobilistiche europee sono più o meno in difficoltà Volk­swagen, Mercedes e Bmw sanno come resi­stere. Ieri Volkswagen ha mostrato i conti dei primi 9 mesi: ha fatto 8,8 miliardi di utili, po­co meno di un anno fa, ma conta di chiudere l’anno con 11,3 miliardi di profitti. Fiat-Chry­sler, che presenterà i suoi risultati martedì, nel 2012 potrebbe fare utili per 1,1 miliardi. Die­ci volte meno. Più forti degli altri, i tedeschi comprensibilmente non vogliono che i loro rivali europei in difficoltà siano aiutati. È il mercato. Sergio Marchionne come presiden­te di turno dell’Acea, l’associazione dei pro­duttori europei, ha tentato di ottenere Bruxel­les un piano di sostegno che aiuti il settore a ridurre la capacità produttiva (ad esempio a­gevolazioni per riconvertire le fabbriche), ma Volkswagen è intervenuta per fermarlo. Così, senza una strategia comune, ogni Paese del­l’Unione europea ora va per la sua strada nel­la gestione della crisi dell’auto. E ai manager costretti a chiudere fabbriche rimaste senza mercato tocca sorbirsi le periodiche lezioni di Martin Winterkorn, il numero uno di Volk­swagen. Ieri, in occasione dei conti, il tema è stato 'perché non delocalizzare': «Dove scom­pare la produzione – ha ricordato a tutti il ma­nager tedesco – scompare, a breve o lungo ter­mine, anche lo sviluppo». 

da Avvenire

martedì 23 ottobre 2012

Hyundai anche in Brasil

"Chi sono i concorrenti più pericolosi? La risposta del manager tedesco è netta: «Più dei cinesi, mi preoccupano i coreani». Hyundai ha per ora una quota di mercato dell'1,5%, ma la sua fabbrica a Piracicaba, nella regione di San Paolo, è appena entrata in funzione: la casa coreana punta a produrre 150mila unità l'anno prossimo, con un modello di business particolare: la rete commerciale dei modelli prodotti qui (con la sigla HB, Hyundai Brasil) sarà completamente separata da quelli importati".
Martin Winterkorn di Voliswagen al Sole24Ore