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venerdì 16 novembre 2012

Il mercato aereo della Sicilia orientale


Se Wind Jet è una compagnia aerea mezza fallita non è perché le mancavano i passeggeri. Quello che mancava all'azienda di Antonino Pulvirenti è piuttosto quello che attualmente manca a tutte le altre compagnie aeree italiane: la capacità di chiudere i bilanci in attivo. I passeggeri non sono il problema,
perché quelli abbondano: sono stati 148 milioni nel 2011, il 6,4% in più di quelli del 2010. Anche nella prima metà di un anno difficile come questo 2012 il traffico aereo italiano non è diminuito: 69 milioni di passeggeri
tra gennaio e giugno, lo 0,2% in più rispetto a un anno fa. Con i suoi 3 milioni di passeggeri all'anno Wind Jet si era guadagnata una quota ridotta  del mercato nazionale, ma una fetta importante di un'area preziosa come
la Sicilia, che vale più di 13 milioni di passeggeri. L'aeroporto Fontanarossa di Catania, che era la base di Wind Jet, con i suoi 6,7 milioni di passeggeri è il 6° più trafficato di Italia. Palermo, con 5 milioni di passeggeri, è il 9°, mentre si sta facendo spazio Trapani: la base siciliana di Ryanair nel 2011 ha raggiunto gli 1,5 milioni di passeggeri. Adesso che la compagnia di Pulvirenti ha mandato gli aerei chissà dove per proteggerli dalle ambizioni dei creditori, i vettori rivali hanno l'opportunità di andare a riempire lo spazio rimasto vuoto, che vale più o meno 2 milioni di passeggeri.
Le rotte più preziose sono Catania-Roma (1,8 milioni di passeggeri nel 2011), Catania-Milano e Palermo-Roma (entrambe 1,5 milioni di passeggeri) e Palermo-Milano (1 milione). In tutti e quattro i casi è Alitalia a dominare il mercato, con quote che vanno da un minimo del 40 a un massimo del 58%. Non è un caso che l'Antitrust abbia chiesto pesanti rinunce alla ex compagnia di bandiera nel suo progetto di assorbimento di Wind Jet: nei casi migliori l'operazione avrebbe dato ad Alitalia il 65% del mercato di una tratta, ma ci sono rotte (come la preziosa Palermo-Linate) dove la ex compagnia di bandiera avrebbe avuto il 98%. L'altro 2% sarebbe rimasto a Meridiana. E infatti proprio la compagnia dell'Aga Kahn è in prima fila per coprire
lo spazio lasciato vuoto da Wind Jet.
Ma ci sono gruppi molto più potenti che potrebbero cogliere l'occasione di raccogliere altro denaro in Sicilia. Sono le famigerate regine del "low cost", che spaventano molto Vito Riggio, il presidente dell'Enac, ma riescono a offrire voli a prezzi contenuti combinandoli a bilanci in attivo. Ryanair, diventata la più grande compagnia aerea d'Europa, in questo momento raggiunge solo la Sicilia occidentale: 30 rotte da Trapani e 12 da Palermo. Il vettore irlandese potrebbe essere interessato a volare anche su Catania, per allargarsi alla Sicilia orientale. Il problema è che nel modello di business di Ryanair è quasi sempre previsto che lo scalo raggiunto dalla compagnia low cost "contribuisca" alle spese.
È un modo di gestire una linea aerea che funziona bene dove gli aeroporti non hanno traffico e, per le esigenze turistiche degli enti locali, che sono anche i loro azionisti, hanno bisogno di attirare passeggeri. Ma questo non è il caso di Catania e Palermo, che sembrano avere già un loro traffico "naturale". Stephen McNamara, portavoce della compagnia irlandese, è possibilista: «Il nostro scheduling (orario, ndr) invernale è ormai completo, continueremo a lavorare con gli aeroporti siciliani per discutere di crescita». L'altra
grande low cost, l'inglese easyJet, funziona diversamente: non chiede soldi agli aeroporti e predilige gli scali principali. In Sicilia ha già una presenza solida: ha il 28% del mercato sulla Palermo-Milano, il 19% sulla Catania-Milano, il 17% sulla Palermo-Roma. Contattata per verificare il suo interesse, easyJet non ha risposto. Ma all'Antitrust il vettore inglese aveva spiegato che le sarebbe interessato aprire rotte da Catania verso Bologna, Pisa, Venezia e Torino, tratte "minori" che valgono tutte assieme un po' meno di un milione di passeggeri e sulle quali, salvo Bologna, un'alleanza tra Alitalia e WindJet avrebbe creato una situazione di monopolio.
Per ora, comunque, gli slot di Wind Jet, cioè i diritti di decollo e atterraggio collegati a determinati orari, sono ancora in mano alla compagnia di Pulvirenti che evidentemente spera di venderli prima che, fra 6 mesi, cadano per il mancato uso e tornino in gioco. Quelli su Linate, in particolare, sono molto preziosi, perché l'aeroporto di Milano è "pieno" e quindi chiuso a qualsiasi nuovo ingresso. Chi riuscisse a comprare quegli potrebbe garantirsi molto del traffico lasciato "orfano" dalla compagnia.
               
da Avvenire del 19 agosto 2012
                                                                     

giovedì 8 novembre 2012

Il petrolio iracheno delude. Piace il Kurdistan

Il petrolio iracheno si sta rivelando una delusione per le compagnie occidentali. Non tanto per i risultati delle esplorazioni (che sono ottimi, con la produzione che secondo la Iea potrebbe raddoppiare in 8 anni) quanto per le complicazioni burocratiche. "Se avessimo avuto piu' soddisfazione dal nostro duro lavoro, non ci porremmo nemmeno il tema, perché offrirci per West Qurna o per Nassiriya sarebbe stato una scelta ovvia, ma ci stiamo domandando se aumentare il nostro impegno in un Paese si è rivelato più complesso di quello che immaginavamo" ha detto qualche giorno fa l'Ad dell'Eni Paolo Scaroni. Ed è notizia di ieri che la Exxon è in cerca di qualcuno a cui vendere la sua fetta del progetto West Qurna-1 (un giacimento da 400 mila barili al giorno) lamentandosi di condizioni contrattuali poco favorevoli e infrastrutture pessime. Exxon preferisce lavorare in Kurdistan (e Baghdad, che non riconosce quel Paese, non permette di lavorare sui suoi giacimenti a chi collabora con il Kurdistan). I curdi (che oggi producono 100 mila barili al giorno ma possono crescere a 175 mila già quest'anno) rischiano di portare via agli iracheni parecchi compagnie. Si mormora di Chevron e della stessa Eni. Anche i turchi di Tpao sono stati allontanati dall'Iraq perché la Turchia sta stringendo legami troppo stretti con i curdi.

mercoledì 7 novembre 2012

Gli utili della Kfw per cancellare il debito pubblico tedesco

La coalizione cristiano-liberale che governa sulla Germania sta valutando se usare la Kreditanstalt fur Wiedeaufbau (la KfW, la Cassa depositi e prestiti tedesca) per acquistare debito pubblico. L'idea, su cui secondo il Foglio ci sarebbe già un accordo, è quella di considerare come entrate gli utili della KfW (2,6 miliardi nel 2011). Visto che i conti della Kfw non rientrano nella contabilità nazionale questa mossa farebbe sparire dai conti tedeschi fette di debito pubblico. . 

La crisi della stampa tedesca

La Germania è uno dei paesi europei con il più alto tasso di lettura di libri e giornali. Italia Oggi racconta che le cose stanno però cambiando anche lì: nel 2002 si vendevano 27,5 milioni di quotidiani al giorno, nel 2007 la cifra è scesa a 24,2 milioni e nel 2011 a 21,8. La stima per il primo semestre dell'anno è una perdita di altre 600 mila copie. La tiratura del Bild è passata dai 4 milioni di copie del 2009 ai 3,5 milioni attuali. Lo Spiegel ha ridotto le vendite del 7%, a 262 mila copie.

Il petrolio rischia un brusco calo dei prezzi

Secondo la Us Energy Information Administration la produzione di petrolio degli Stati Uniti raggiungerà gli 11,7 milioni di barili al giorno entro la fine del 2013. Sarebbe l'8,5% in più rispetto ad ora, così gli Usa avrebbero una capacità petrolifera quotidiana vicina a quella dell'Arabia Saudita (che è in grado di produrre 12 milioni di barili al giorno ma oggi ne produce solo 10). Il solo North Dakota produce 700 mila barili al giorno, cioè più dei 500 mila dell'Ecuador e poco meno dei 750 mila barili del Qatar. Come risultato la quota di importazioni sul totale del consumo petrolifero americano l'anno prossimo scenderà sotto il 40% per la prima volta dal 1991. Sono problemi per il cartello dell'Opec, che produce 31 milioni di barili al giorno e vedrà ridursi significativamente la domanda di greggio degli Stati Uniti. L'Opec soffre anche perché la Russia - che non ha intenzione di entrare nel cartello - sta producendo 10,5 milioni di barili al giorno, il 2% in più rispetto a un anno fa e il massimo dagli anni '80.
Leonardo Maugeri, ex manager del'Eni esperto di petrolio, il prezzo del greggio va verso un brusco calo: "In assenza di crisi vere - ad esempio una guerra nel gofo persico o una improvvisa e simultanea interruzione della produzione in diversi paesi produttori -le forze che muovono il mercato petrolifero puntano a un significativo calo dei prezzi".

Solare, nuova crisi in vista

In cinque anni la capitalizzazione complessiva dei primi 5 gruppi mondiali del solare è crollata del 90%. Molte compagnie sono già fallite. "Se c'era qualcosa di sbagliato da fare, l'industria l'ha fatto, dalla sovrapacità al basarsi sui sussidi governativi" (Ft). Secondo le previsioni di Bernstein il prossimo anno il costo per Watt dell'energia solare potrebbe scendere dagli attuali 1,23 dollari ben sotto il dollaro. Un prezzo che renderà questa energia più conveniente del gas nelle zone più assolate della Cina (ma comunque il prezzo per Watt è del 50% superiore a quello del petrolio) ma che porterà al fallimento chi non riesce a stare dietro a certi prezzi.

I mostruosi margini sull'iPad Mini

Questo ottimo schema del Wsj basato su dati Ihs illustra con precisione i costi di produzione del nuovo iPad mini e di 2 prodotti concorrenti. Apple su ogni iPad mini venduto fa un margine del 43%: dei 329 dollari del modello base, 141 sono utili della casa produttrice (presumibilmente con il cambio euro-dollaro vicino a 1,3 l'utile realizzato in Europa è superiore di un 20-30%). La Microsoft conta di fare ancora più profitti con Surface (il margine è del 55%), mentre sul Kindle Fire della Amazon il margine è ridottissimo (17%). Sui modelli più costosi dell'iPad mini il margine cresce: 278 dollari sul modello da 429 dollari (il 32 giga, margine del 65%) e 350 dollari su quello da 529 dollari (il 64 giga, margine del 66%). Considerando che alla conference call del 25 ottobre Peter Oppenheimer, responsabile finanziario del gruppo, ha ammesso che i margini offerti dell'iPad mini sono "significativamente inferiori alla media del gruppo" ci si può rendere conto di come la Apple possa chiudere i bilanci con risultati mostruosamente enormi.