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mercoledì 17 aprile 2013

L'oro di Cipro

Il punto 29 del piano di salvataggio di Cipro prevede la vendita delle riserve d'oro del paese per incassare 400 milioni di euro. Secondo i numeri del Fondo monetario internazionale Cipro ha 13,9 tonnellate d'oro. Con un euro dollaro a 1,3 e l'oro a 1.375 dollari una tonnellata d'oro vale circa 32 milioni di euro. L'intera riserva aurea di Cipro quindi oggi vale 445 milioni. Se la quotazione del'oro, in euro, scendesse di un altro 10%, però, anche vendendo tutto il suo oro Cipro non potrebbe rispettare i requisiti imposti dall'Europa.
da Zerohedge


lunedì 15 aprile 2013

I paradisi fiscali in Europa

Negli anni in cui l’economia euro­pea cresceva, nessuno a Bruxelles si era messo a fare lo schizzinoso con gli Stati dell’Unione Europea che aiu­tavano i cittadini degli altri a non pagare le tasse. Avere dei paradisi fiscali all’interno dell’Ue è stata considerata, per anni, una cosa normale. Era normale nel 2005 sce­gliere Jean-Claude Juncker come primo presidente permanente dell’Eurogruppo – il coordinamento dei ministri delle Finan­ze dell’area euro – e confermarlo per ben tre volte. In questo modo per 8 anni una delle più importanti istituzioni della mo­neta unica è stata guidata dallo storico pri­mo ministro del Lussemburgo, che è il più visibile paradiso fiscale dell’Ue. Il Lussem­burgo vive di finanza e garantisce un tota­le segreto bancario a chi apre un conto in uno dei suoi spor­telli. Questa preziosa riserva­tezza ha consentito alle ban­che del Granducato di accu­mulare depositi da tutto il mondo per un totale che vale circa 23 volte il suo Pil. Ma la pacchia è finita. Qualche gior­no fa il governo lussemburghese ha dovu­to cedere alle pressioni europee: dal 2015 rinuncerà al segreto bancario. Probabil­mente l’Europa lo costringerà ad abban­donare anche la sua altra cattiva abitudi­ne: quella di applicare un bassissimo livel­lo di tassazione sugli incassi finanziari, co­sì da spingere tante multinazionali a basa­re nel Granducato le loro holding per poi trasferire lì – sotto forma di dividendi o in­teressi – gli incassi raccolti nel resto d’Eu­ropa e nasconderli così al fisco.
Anche nella esemplare Austria c’è un rigo­roso segreto bancario. Maria Fekter, mini­stro delle Finanze austriaco, ricorderà que­sto suo pessimo fine settimana a Dublino, con i colleghi di tutt’Europa che insisteva­no per spingerla ad arrendersi come ha fat­to il Lussemburgo. Per ora ha resistito, an­che se ha finito per difendersi in maniera bambinesca: «Perché – ha attaccato venerdì – il G20 non fa niente per chiudere le la­vanderie di denaro nelle isole Cayman o nelle isole Vergini...o in Delaware?». Fekter poteva trovare argomentazioni migliori. Magari fare presente che il successore di Juncker alla guida dell’Eurogruppo è il rap­presentante di un altro autorevolissimo pa­radiso fiscale europeo. Jeroen Dijsselbloem è infatti il ministro delle Finanze dei Paesi Bassi, nazione che si permette di dare le­zioni alle economie in difficoltà pur sa­pendo di danneggiarle direttamente attra­verso un sistema di tassazione minima sul­le royalties e di trattati bilaterali con isolet­te esotiche che aiuta tante multinazionali a spedire in Olanda i loro incassi europei e quindi mandare il tutto alle Cayman pa­gando sull’intera cifra una tassazione ridi­cola. In questi viaggi di denaro dai Paesi Bassi ai Caraibi si passa spesso per un al­tro paradiso fiscale europeo, l’Irlanda, che non tassa i guadagni ottenuti all’estero da un’impresa nazionale.Davanti a furbizie così palesi da parte dei suoi membri storici, l’Unione Europea non si è potuta per­mettere di fare nulla per evi­tare che al suo interno na­scessero altri paradisi fiscali. Come Cipro, che non preve­deva tasse su dividendi, inte­ressi e vendite di azioni e ga­rantiva massima riservatezza su chi portava denaro dall’estero. Sembra­va un altro 'paradiso' mediterraneo, ora è un inferno: il piano di salvataggio europeo ha imposto all’isola tasse sui depositi ban­cari che possono arrivare quasi al 40%, chi aveva fatto la pensata di portare i suoi sol­di a Cipro è servito. Altri, invece, sono av­vertiti: la punizione inflitta ai ciprioti do­vrebbe servire da lezione anche a lettoni e maltesi, che con decisi tagli alle tasse sui profitti finanziari sembrano ambire a di­ventare i nuovi paradisi fiscali dell’Unione. In realtà, se il piano europeo avrà succes­so, di paradisi fiscali all’interno dell’Ue nel giro di qualche anno non ne sarà rimasto nessuno. Resteranno paradisi europei fuo­ri dall’Ue: la potente Svizzera, Andorra, il Principato di Monaco le Isole britanniche e il Liechtenstein. Ma sono realtà che si pos­sono stroncare con un po’ di volontà poli­tica. All’Italia sono bastati lo scudo fiscale e l’inserimento nella lista nera del Tesoro per lasciare senza i fondi dei nostri 'fur­betti' la Repubblica di San Marino.
da Avvenire

martedì 2 aprile 2013

Le condizioni del salvataggio di Cipro, spiegate

L'Europa presterà al governo cipriota 10 miliardi di euro da restituire in 22 anni a un tasso del 2,5%.
La Laiki Bank viene incorporata nella Bank of Cyprus, dove nei conti correnti la cifra che eccede i 100 mila euro sarà così gestita: il 37,5% dei depositi sarà convertito in azioni della banca, un altro 22,5% sarà trattenuto come cuscinetto e potrebbe essere parzialmente o totalmente convertito in azioni se fosse necessario. Ai correntisti resta il controllo sul restante 40% (ma per ora possono gestire solo il 10% di quel denaro).

giovedì 21 marzo 2013

Perché Cipro non può riaprire le banche

 Cipro non lascerà riaprire le ban­che finché non avrà trovato u­na soluzione. Non basta vota­re contro il prelievo di 5,8 miliardi dai conti correnti concordato dal premier Nicos Anastasiades con l’Europa: or­mai i soldi messi in banca si sono rive­lati possibili provviste di emergenza del governo, appena ne avranno occa­sione i legittimi proprietari si affrette­ranno a ritirare quel denaro per por­tarlo in rifugi più sicuri. La chiusura delle banche, imposta dal governo ci­priota martedì scorso, è stata quindi prolungata fino a martedì prossimo (sfruttando anche un altro lunedì di vacanza). Per altri cinque giorni nem­meno un euro dei 70 miliardi deposi­tati nei conti delle banche dell’isola po­trà muoversi. Solo quando il salvatag­gio sarà definito bancomat e sportelli torneranno ad essere operativi.
Da qui a martedì il governo di Anasta­siades dovrà trovare una soluzione. Michalis Sarris, il suo ministro dell’E­conomia, è a Mosca per trattare un possibile aiuto dal Cremlino. Ha chie­sto al collega russo Anton Siluanov di prolungare di 5 anni, dal 2016 al 2021, la scadenza del prestito da 2,5 miliar­di che la Russia ha concesso a Cipro due anni fa, di ridurre il tasso di inte­resse di quel finanziamento (oggi al 4,5%) e di aggiungere un nuovo aiuto da 5 miliardi di euro. Sono richieste pesanti, ma Mosca, scrivono i giorna­li ciprioti, potrebbe ottenere in cam­bio quote negli enormi e non sfrutta­ti giacimenti di gas al largo dell’isola, pezzi di società pubbliche privatizza­bili (banche comprese) e proteggere i 20 miliardi di euro depositati a Cipro da cittadini russi.
Mentre il ministro Sarris tratta con i russi su scenari che portano il Paese fuori dall’euro, Anastasiades prosegue il negoziato con l’Europa per non la­sciare la moneta unica. Secondo le in­discrezioni il premier ha proposto alla troika un 'piano B' in cui avrebbe tro­vato 4,2 miliardi spostando intera­mente sui titoli di Stato ciprioti gli in­vestimenti dei suoi fondi pensione ma che includerebbe anche un prelievo sui depositi bancari oltre i 100mila eu­ro. Il piano sarà presentato oggi ai lea­der dei partiti che, se lo approvassero, arriverebbe subito in Parlamento. L’i­dea però non ha convinto i tecnici di Unione europea, Banca centrale e Fon­do monetario, che hanno giudicato la proposta poco praticabile e non suffi­ciente. Ora si sta lavorando a un 'pia­no C'. Nell’attesa la Banca centrale europea resterà ferma: da giugno fornisce alle tre banche di Cipro – Banca di Cipro, Laiki e Hellenic – 8 miliardi attraver­so il programma di emergenza Ela. È una cifra che vale il 50% del Pil ci­priota, senza garanzie sul salvataggio Draghi non farà altre concessioni. La crisi di Cipro nasce proprio dalle dif­ficoltà del suo sproporzionato siste­ma bancario (vale 8 volte il Pil) che dopo avere perso 3,5 miliardi investi­ti su titoli greci ora ha bisogno di 12 miliardi per non collassare.
Nicosia si è cacciata in un guaio che sta facendo emergere pesanti tensioni geopolitiche tra Mosca e Bruxelles, ma la sua economia è comunque poca co­sa: con 17,5 miliardi ha un Pil inferio­re a quello della sola Umbria. Per que­sto gli investitori non sono troppo spa­ventati. Ieri le Borse sono andate be­nissimo, con Milano che, spinta dalle banche, ha guadagnato il 2,2%, facen­do meglio di Parigi (+1,4%), Fran­coforte (+0,7%) e Londra (-0,1%). Più che alle notizie in arrivo da Nicosia, le Borse badavano a quelle che sarebbe­ro venute da New York, dove, a merca­ti europei chiusi, la Federal Reserve ha confermato che andrà avanti con le sue politiche ultra-espansive finché la ri­presa americana non sarà soddisfa­cente.

da Avvenire di oggi

lunedì 18 marzo 2013

I numeri di Cipro

A Cipro ci sono depositi per 68 miliardi di euro. Di questi 43 sono soldi dei ciprioti, 21 sono di cittadini non europei e 5 di cittadini europei. I depositi europei sono soprattutto di cittadini greci che, spaventati per la crisi greca, hanno spostato i soldi nella vicina Cipro contando di metterli al sicuro. Tra le nazioni europee il Regno Unito è quello che può contare più depositi: 1,9 miliardi. Secondo i calcoli delle banche la tassa chiesta da Bruxelles - il 10% sui depositi sopra i 100 mila euro, il 6,7% sotto quella soglia - costerà 2 miliardi di euro ai russi, che sono gli stranieri con la maggiore quantità di depositi a Cipro. E' dalla fine di febbraio che circolavano voci su possibili tasse sui depositi. Nelle ultime settimane tra i 100 e 150 milioni di euro lasciavano Cipro ogni giorno.
dal Ft