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sabato 31 marzo 2012

Più chiarezza sui "redditi degli italiani"


Franco Bechis su Libero del 31 marzo 2012
"Gli imprenditori raramente sono dipendenti della loro azienda. Il loro reddito viene dalle azioni in loro possesso. Tassate in origine, quelle ricchezze non debbono essere inserite nella dichiarazione dei redditi. E quindi non entrano in quella statistica e nella cifra dei 18.170 euro. Se si tratta di partecipazioni non qualificate (meno del 5 per cento in una società quotata o del 25 per cento in una non quotata), i dividendi che li fanno ricchi sono tassati con la cedolare secca nel momento stesso in cui li ricevono: era del 12,5 per cento, ora è al 20 per cento. Se l’imprenditore invece ha una partecipazione qualificata, quindi più del 25 per cento in una qualsiasi società non quotata e più del 5 per cento in una quotata, ad entrare nella dichiarazione dei redditi è solo il 49,72 per cento dei redditi effettivamente ricevuti. Il motivo è semplice: gli utili vengono distribuiti dalle società quando sono netti, e cioè già tassati a reddito di impresa. Quindi per capirci, anche se le statistiche sembrano bugiarde, non è vero che gli imprenditori sono più poveri dei loro dipendenti, perché il reddito reale medio è circa il doppio di quei 18.170 euro censiti dal dipartimento delle politiche fiscali.


http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=82248339

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