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giovedì 9 febbraio 2012

Dal pozzo alla pompa: come si forma il prezzo del pieno

DA MILANO PIETRO SACCÒ (Avvenire, 9.2.2012)

P
rendiamo il prezzo di un litro di ben­zina. Togliamo le tasse, il costo del tra­sporto, i margini dei petrolieri e quel­li dei benzinai. Quello che ci resta è il valore del carburante per chi lo scambia sui mer­cati all’ingrosso. Par­liamo di una cifra che, a gennaio, ammonta­va in media a 985 dol­lari alla tonnellata per la benzina e 974 per il gasolio. Tradotti in più concreti euro al litro sono 58 centesimi per la verde e 64 per il die­sel. «D’accordo, ma chi ha deciso che i prezzi sono questi?» si chie­de giustamente l’auto­mobilista meno docile, che da sempre mentre riempie il serbatoio ha la netta sensazione che qualcuno lo stia fregando.

Chi gli risponde indi­cando le quotazioni internazionali del pe­trolio in realtà lo sta depistando. Lo testi­moniano per esempio i numeri di gennaio: a un +2,25% del prezzo in dollari del barile di
petrolio europeo (la quotazione Brent) è cor­risposto un +7,4% del prezzo all’ingrosso del­la benzina e un +2,1% di quello del gasolio. Infatti è vero che benzina e gasolio si rica­vano dal petrolio, ma un conto è la materia prima e un altro è il prodotto raffinato, che ha invece una sua domanda e una sua of­ferta, e quindi un mercato autonomo. Il mer­cato dove si stabilisce il prezzo all’ingrosso della benzina preso in considerazione dagli operatori in tutto il mondo, si chiama Platts, ed è ormai abituato ad essere accompagna­to da aggettivi tipo 'opaco', 'oscuro', 'so­spetto'. Il fatto di appartenere al colosso del­l’informazione finanziaria McGraw-Hill (quello che controlla anche l’agenzia di ra­ting Standard & Poor’s e ha tra i suoi azioni­sti fondi speculativi e grandi banche d’affa­ri) non contribuisce al buon nome del Platts, un’azienda nata più di un secolo fa quando con 2.500 dollari avuti in prestito da una compagnia assicurativa il venticinquenne Warren Cumming Platt si è messo a pubbli­care laNational Petroleum News, una pub­blicazione periodica sui prezzi del greggio negli Stati Uniti da distribuire ai proprietari dei pozzi e ai loro clienti.

Quello del fondatore non è solo un aned­doto, ma anche un da­to importante: prima ancora che mercato, Platts è infatti ancora oggi un’agenzia di informazione econo­mica. È a questa agen­zia che i responsabili di oltre 280 aziende at­tive nel mercato del­l’energia (tra gli italia­ni ci sono produttori come l’Eni, raffinatori come Saras o Erg, banche d’affari come UniCredit) comunica­no il prezzo a cui sono disposti a comprare o vendere un carico di carburante attorno a un’area precisa, che per l’Italia è il porto di Genova. La trattativa si svolge sulla piat­taforma elettronica eWindow, dove tutti gli operatori abbonati al Platts possono vedere le singole offerte e­conomiche, chi le ha fatte e quali sviluppi ha l’affare. Mettiamo che una compagnia petrolifera abbia una nave con un carico 30 mila tonnellate di carburante che interessa a due compagnie di distribuzione. Il detta­glio del carico, il prezzo fissato dal vendito­re e quelli offerti dai possibili compratori compaiono su eWindow. Si parte, di solito,
da cifre relativamente distanti (nell’ordine di pochi dollari per tonnellata) che si avvi­cinano gradualmente attraverso piccoli rial­zi e ribassi sempre pubblicati sulla piat­taforma elettronica. Si va avanti così fino al raggiungimento di un accordo, che natural­mente può anche non arrivare. Il tutto av­viene davanti agli occhi degli altri operato­ri, che possono intervenire nella trattativa in qualsiasi momento. Quando a Londra so­no le quattro e mezza del pomeriggio Platts considera chiusa la giornata di scambi, quin­di calcola il prezzo medio di giornata per i vari prodotti nei diversi porti e lo trasmette ai suoi abbonati. Ed è tenendo conto di quel­la quotazione che le compagnie firmano i loro contratti e aggiornano i listini. Anche quando vendono carburanti che non han­no acquistato, perché sono loro fin dall’ini­zio (come capita a chi copre tutta la filiera, come l’Eni). Non lo fanno per obbligo, ma semplicemente perché non possono per­mettersi di ignorare quello che succede sul mercato. Per questo sul prezzo 'all’ingros­so' del nostro pieno sembra esserci poco margine di risparmio.

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