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mercoledì 8 febbraio 2012
martedì 7 febbraio 2012
Una valutazione sul potenziale dello shale gas in Europa - Analisi - Agi Energia
Una valutazione sul potenziale dello shale gas in Europa
mercoledì 1 febbraio 2012
Di Ruud Weijermars* e Crispian McCredie (Consulenti per Alboran Energy Strategy)
Lo shale gas è stato definito la nuova rivoluzione energetica; tuttavia, questa risorsapresenta diversi controversi aspetti legati alla sua incerta economicità e al suo temuto impatto ambientale. Ruud Weijermars e Crispian McCredie, Consulenti per Alboran energy Strategy, spiegano perché è più probabile che lo sviluppo europeo dello shale gas venga guidato da Varsavia e non da Bruxelles.
Lo shale gas è stato da più parti acclamato come una risorsa energetica potenzialmente molto vasta. Ma le compagnie petrolifere potranno rimpiazzare le riserve esistenti, profittevoli ma in declino, con nuove e altrettanto profittevoli riserve di shale gas? Inoltre, se tali risorse sono presenti all’interno di uno Stato sovrano europeo, riusciranno a ridurre il bisogno interno di importare gas così da migliorare la sicurezza energetica?
Nonostante i recenti successi riportati dagli Stati Uniti, la produzione di shale gas è paralizzata da almeno due grandi svantaggi: la sua estrazione non è ancora un’attività profittevole e l’opinione pubblica è scettica circa l’impatto ambientale delle operazioni ad esso relative.
Diversi analisti energetici, primo fra tutti l’istituto statunitense Bernstein Research, hanno ripetutamente sollevato preoccupazioni circa lo status finanziario delle compagnie statunitensi indipendenti che dominano il business del gas non convenzionale negli USA. Un report del 2010 dal titolo “More pain ahead for the 45 operators?”, ha riportato le debolezze dei loro bilanci finanziari. Il rallentamento dei flussi di cassa delle compagnie dedite a questo business viene anche confermato in uno studio accademico indipendente divenuto un punto di riferimento1. Lo studio compara gli utili non distribuiti di ExxonMobil e Chesapeake destinati ad essere reinvestiti nelle compagnie nell’ultimo decennio. ExxonMobil, il più grande produttore mondiale di gas convenzionale, ha riportato 190 miliardi di dollari di utili non distribuiti tra il 2000 e il 2009. Per contro, Chesapeake, uno dei principali produttori di gas non convenzionale negli USA, non ha utili non distribuiti; in effetti, nel 2009 la compagnia ha accumulato un deficit (avendo perso più di quanto ha guadagnato, il valore degli utili non distribuiti della compagnia è negativo) di 1,3 miliardi di dollari.
Prospettive potenziali
Attualmente, il gas intrappolato in scisti rappresenta il 14% dell’offerta domestica di gas negli USA2. Il resto del mondo è desideroso di replicare l’esempio statunitense sperando di incrementare la produzione interna di gas attraverso risorse non convenzionali. La figura 1 illustra l’ammontare di gas tecnicamente recuperabile dalle rocce scistose presenti in diverse aree del mondo, sulla base di quanto recentemente stimato da Advance Resource International in uno studio commissionato dal Dipartimento per l’Energia degli USA3. Questa ricerca pone in evidenza come il potenziale europeo di shale gas, pari a 18 tonnellate di metri cubi, sia di fatto molto limitato rispetto a quello presente in altre regioni del mondo. Tuttavia, se pienamente sviluppate, queste risorse potrebbero consentire forniture di gas all’Europa per altri 25 anni a livelli di consumo stimati oscillare tra 600 e 700 miliardi di metri cubi/anno.
Ma le risorse di shale gas non sono distribuite in modo uniforme in Europa, principalmente concentrate in Polonia e Francia. Gran parte dell’area produttiva dell’Europa Occidentale rientra in licenze di produzione detenute da compagnie che operano nel petrolio e gas convenzionali Nell’Europa Orientale, la situazione è differente. In Polonia, le compagnie petrolifere e piccoli operatori indipendenti si sono accaparrati nuove aree con lo specifico scopo di sviluppare riserve di shale gas e tight gas.
Gli economics dello shale gas in Europa è stata valutata in diversi studi recenti4-5. Un grande vantaggio per i produttori di gas europei è che il prezzo del gas dell’Europa Continentale è molto meno volatile e generalmente più alto di quello degli USA. La ragione risiede nel fatto che gli Stati Uniti consegnano il gas a prezzi spot sulla base di contratti a breve termine, mentre in Europa Continentale i contratti per la fornitura di gas sono prevalentemente indicizzati al petrolio e di lungo termine6. Negli ultimi 3 anni, i prezzi all’ingrosso europei sono stati da due a tre volte superiori a quelli statunitensi.
Ci sono, tuttavia, diversi fattori che ostacolano un rapido sfruttamento dello shale gas in Europa. Dal punto di vista operativo, mancano adeguati impianti di perforazione onshore e strutture flottanti necessarie per il fracking, che devono quindi essere acquistate da fornitori statunitensi, rendendo il loro utilizzo più costoso di quanto non lo sia negli USA. Ma chi scrive ritiene che, in futuro, i prezzi del gas aumenteranno6 mentre il costo della tecnologia associata allo sfruttamento dello shale gas tenderà a ridursi ad un livello che ne permetterà lo sviluppo economico. Se in Europa lo sviluppo di shale gas dovesse arrestarsi, la dipendenza dalle importazioni di gas non potrebbe far altro che aumentare2.
Chi ha interesse nello sviluppo di shale gas
Il successo dello sviluppo dello shale gas in ciascun paese europeo sarà in buona parte determinato dagli stakeholder regionali. I paesi europei differiscono significativamente in termini di mix di energia primaria (Figura 2). Conseguentemente, il livello di interesse nello sviluppo dello shale gas varierà considerevolmente da Paese a Paese. La Polonia è il maggior detentore di riserve di shale gas in Europa (Figura 1) ma è anche il paese in cui carbone copre il maggior peso relativo sul mix di energia primaria (55%, Figura2). La produzione di gas dalle risorse interne di shale gas potrebbe migliorare le performance delle sue centrali elettriche alimentate a carbone, con conseguente riduzione delle emissioni di gas serra e della dipendenza polacca dal gas russo. La Francia possiede il secondo più grande bacino di shale gas (Figura 1) ma l’opposizione locale contro lo sviluppo di questa risorsa è piuttosto forte ed è determinata a mantenere l’opzione nucleare. La Norvegia è il paese maggiormente dotato di risorse energetiche, con il 41% dell’energia primaria proveniente dall’idroelettrico (Figura 2), e resta il maggior produttore ed esportatore di petrolio e gas in Europa anche senza lo shale gas. Pertanto, anche se il paese presenti sostanziali risorse di shale gas (Figura 1) il loro sviluppo potrebbe essere lento. Lo shale gas dovrà poi competere con la molto più profittevole produzione di gas convenzionale della piattaforma continentale norvegese. Al contempo, l’Ucraina possiede il quarto deposito di shale gas più grande d’Europa (Figura 1) ma ha una politica energetica ancora influenzata dalla strategia energetica russa. Ne consegue, uno sviluppo di shale gas politicamente molto più complesso che in Polonia. La Svezia è il minor consumatore di gas d’Europa, con questa fonte che rappresenta solo il 2,6% dell’offerta primaria di energia e non è presente un mercato finale. Lo sviluppo dello shale gas richiederà quindi la creazione di un mercato locale del gas con annessi vincoli infrastrutturali. La Danimarca, la Gran Bretagna, l’Olanda e la Germania sono tutte grandi consumatrici di gas con considerevoli infrastrutture e mercati retail maturi. L’offerta domestica di gas convenzionale è in declino. Questi paesi presentano, pertanto, tutti gli elementi per poter trarre beneficio dallo shale gas ridimensionando le costose importazioni di gas.
Preoccupazioni ambientali
Al di là dei discutibili aspetti economici relativi allo sviluppo dello shale gas, è la battaglia della comunicazione nei confronti dell’opinione pubblica che va vinta. Le attività di perforazione dei primi pozzi di shale gas nel Regno Unito, vicino a Blackpool, sono state recentemente fermate a seguito delle crescenti preoccupazioni sollevate dai residenti secondo cui il fracking aveva causato una piccola scossa di terremoto nel 2010. La perforazione è stata posticipata anche in Olanda, a Boxtel, in attesa della pubblicazione di un rapporto da parte del governo olandese contenente una valutazione dei rischi e le eventuali ulteriori misure politiche da intraprendere. Al contempo, il film statunitense Gasland ha sollevato preoccupazioni circa la contaminazione di una falda acquifera causata da perdite di gas e probabilmente ha giocato un ruolo non da poco sull’imposizione della moratoria francese sullo sviluppo dello shale gas. Il rilascio di gas in atmosfera è un’altra potente fonte di emissioni di gas serra7: già considerevole nelle operazioni relative al gas convenzionale, potrebbe esserlo ancora di più nelle fasi di sviluppo dello shale gas.
La strada davanti
Se lo sviluppo dello shale gas verrà ritardato, si dovranno considerare le principali questioni in gioco. Dati i problemi attualmente connessi all’opzione nucleare in molte regioni, specialmente in Germania e in Svezia, possiamo continuare ad utilizzare il carbone per la produzione di elettricità o dovrà essere presa in considerazione l’opzione Artico per ricercare le future riserve di gas? Continuerà l’Europa ad essere dipendente dal GNL importato e dal gas russo anche ben oltre il 2020?
Una maggiore comprensione e apertura da parte dell’opinione pubblica nei confronti dell’industria dello shale gas è necessaria per superare l’attuale percezione collettiva. Negli USA si sono verificati alcuni incidenti, ma con oltre 100.000 pozzi di shale gas perforati solo negli ultimi 5 anni i problemi sono stati contenuti e non sembrano endemici all’industria stessa. Rimanere realistici circa i possibili rischi è importante e la creazione di un fondo per i reclami potrebbe inviare segnali positivi sulla serietà dell’industria e sulla sua volontà di adottare misure volte a rimediare eventuali problemi in qualunque luogo si verifichino.
Storicamente, l’industria europea del gas ha fatto scarso ricorso ad azioni di marketing. Questo elemento sta diventando un ostacolo allo sviluppo dello shale gas, considerando che chi critica detta fonte ha già ricevuto notevole attenzione mediatica mentre le compagnie che vi operano sono state tardive nel raccontare il loro punto di vista. Solo in Polonia esiste un supporto statale allo shale gas. Se avrà successo, la politica polacca potrebbe aiutare ad aprire l’arena europea allo shale gas. Non appena la produzione inizierà, i critici dello shale gas potrebbero esprimere la loro opinione o tacerla.
Per le compagnie che operano nel gas non convenzionale rimane altresì critico ristabilire la profittabilità e distribuire utili agli azionisti. Queste devono dimostrare che lo shale gas può essere prodotto generando un ragionevole profitto. Lo sviluppo delle riserve di gas non convenzionale può avere successo solo se gli utili finanziari che hanno inizialmente allettato gli investitori si concretizzeranno il prima possibile.
Gli occhi sono ora puntati sulla Polonia piuttosto che su Bruxelles.
* Lavora anche at Delft University of Technology.
Note
1. Weijermars, R & Watson, S, 2011. ‘Can technology R&D close the unconventional gas performance gap?’ First Break, Vol. 29 (No 5), p89–93.
2. DOE/EIA, 2009. Annual energy review 2009. Projections: National energy modeling system, run REF2011.D120810C.
3. DOE/EIA, 2011. World shale gas resources: An initial assessment of 14 regions outside the United States.
4. Bernstein, 2010. Bernstein commodities & power: What to watch – A timeline of European unconventional natural gas drilling. Oswald Clint et al. Bernstein Research, July 23, 2010; 7 pages.
5. Geny, F, 2010. ‘Can unconventional gas be a game changer in European markets?’ Oxford Institute for Energy Studies, Natural Gas Series, 46, 120 pages.
6. Weijermars, R & McCredie, C, 2011. ‘Gas pricing – Lifting the price.’ Petroleum Review,
Vol. 65, No 770, p14–17.
7. Howarth, R W, Santoro, R & Ingraffea, A, 2011. ‘Methane and the greenhouse gas footprint of
natural gas from shale formations’. Climatic Change, 106, p679–690.
L’articolo è la traduzione di un testo precedentemente pubblicato su Petroleum Review di Ottobre 2011 (disponibile anche online http://www.alboran.com/files/2012/01/Assessing-shale-gas-potential.pdf)
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venerdì 3 febbraio 2012
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Altri conti di Facebook
Il piano di raccogliere 5 miliardi di dollari dall’iniziale offerta si basa sulla forza dei numeri di Facebook, che come simbolo avrà «FB»: dal 2009 al 2011 le entrate sono cresciute da 777 milioni di dollari a 3,7 miliardi e i profitti si sono impennati da 122 milioni a 668 milioni. La prosperità nasce dalla costante espansione del pubblico: il 2011 si è concluso con 845 milioni di users, il 39 per cento in più del 2010, e a tali ritmi in estate toccherà quota 1 miliardo. E’ un pubblico che comunica a ritmi vertiginosi - 2,7 miliardi di preferenze "likes" e commenti al giorno negli ultimi 3 mesi del 2011 - grazie a 483 milioni di users che si connettono ogni 24 ore: è tale caratteristica a fare di Facebook un veicolo pubblicitario prezioso, spiegando perché è proprio questa la fonte dell’85 per cento di entrate. Ma non ci sono solo luci nel «Registration Statement» perché «Facebook, Inc.» possiede 3,9 miliardi di liquidi mentre Google ne ha 45 miliardi. Il motivo è che ogni user genera 4,39 dollari di entrate mentre su Google arriva a quota 30 dollari. Di conseguenza Google ha entrate annuali assai superiori a Facebook: 38 miliardi di dollari. La concorrenza con Google è serrata e così fra gli "elementi di rischio" Facebook include lo sviluppo del social network Google+, adoperato da Barack Obama per l’"hangout digitale" dalla Casa Bianca. Per reggere la concorrenza di Google, Facebook sviluppa entrate alternative alla pubblicità come la vendita di giochi e da applications che offrono prodotti dal suo website. L’altra differenza con Google è che Zuckerberg, 27 anni, detiene ben il 57 per cento delle azioni di Facebook ovvero quasi l’equivalente della somma delle quote di Sergey Brin e Larry Page nel motore di ricerca che hanno fondato.
Fra i "maggiori pericoli" alla quotazione, Facebook individua la possibilità che i regolatori i Ue e Usa possano imporre norme sulla privacy destinate a ostacolare l’accumulazione di informazioni sugli users. Poi c’è il timore della "scomparsa di Mark Zuckerger, Sheryl Sandberg ed altri personaggi chiave" perché il fondatore dell’azienda di Menlo Park in California, il suo braccio destro e alcuni top manager vengono considerati insostituibili. L’altra minaccia viene dallo sviluppo dei cellulari perché al momento chi li usa per collegarsi con Facebook non vede la pubblicità. E ancora: "Se non riusciremo a conservare gli attuali users o ad aumentarli, o se dovessero diminuire, le nostre entrate sarebbero danneggiate in maniera significativa". Ovvero, c’è il pericolo della bolla speculativa. Da qui la determinazione a espandersi in maniera aggressiva e i mercati con più opportunità sono Brasile, Germania, India, Giappone, Russia e Sud Corea mentre le speranze si concentrano sulla Cina, a patto però che Pechino consenta maggiore libertà di navigazione su Internet.
Riguardo al valore delle azioni quelle di classe B valevano 29,7 dollari a fine dicembre e il prezzo dell’offerta pubblica di acquisto - fra 3-4 mesi - potrebbe essere di 35-40 dollari. Sarà il mercato a dire l’ultima parola sulla quotazione e al momento emergono due indicazioni contrastanti: da un lato la grande attesa degli users che preannuncia un’alta domanda e dall’altro la prudenza dei maggiori investitori intimoriti dai rischi del settore dell’alta tecnologia oppure già in possesso di pacchetti azionari attraverso transazioni private. A gestire l’offerta saranno Morgan Stanley, Goldman Sachs e JP Morgan Chase.
Maurizio Molinari
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Facce di Pechino
Le condanne per responsabilità dei giudici? 4 in 24 anni.
Le polemiche, insomma, durano da oltre vent'anni. Ebbene, l'emendamento di Pini prevede, in particolare, che «chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento» di un magistrato «in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni o per diniego di giustizia», possa rivalersi facendo causa allo Stato e al magistrato per ottenere un risarcimento dei danni. Le modifiche apportate alla norma attualmente in vigore, sono quindi essenzialmente due. Innanzitutto l'emendamento estende la responsabilità anche alla più generica «manifesta violazione del diritto». In secondo luogo l'emendamento prevede la citazione diretta del giudice o del pm da parte del presunto danneggiato. Prima, il cittadino che si riteneva leso nel suo diritto citava in giudizio lo Stato che poi poteva rivalersi sul magistrato, ma solo entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio. Ora, invece, la modifica prevede la possibilità di promuovere subito la causa contro i singoli giudici, determinando, secondo i magistrati, il rischio di massicce astensioni e ricusazioni oppure di un'atteggiamento tendenzialmente «più morbido» dei pm per evitare problemi.
Inoltre bisogna aggiungere che il sistema introdotto ieri dall'emendamento non esiste in nessun altro Paese. In quelli di diritto scritto, come Austria, Francia, Germania, Spagna e Svizzera è prevista infatti, come attualmente da noi, la possibilità di esperire in un novero limitato di casi un'azione di risarcimento dei danni solamente contro lo Stato che potrà rivalersi in parte contro il magistrato. Nei paesi di common law (come Stati Uniti e Gran Bretagna), la responsabilità politica del Congresso o del Lord Cancelliere viene a costituire un punto di equilibrio e di contrappeso alla totale immunità da responsabilità civile dei magistrati (immunity from civil liability). Il giudice americano — sia federale sia statale — gode infatti di una immunità per i propri atti giudiziari anche se commessi con dolo. Ma può essere rimosso, sia pure secondo una procedura complessa.
I fautori della responsabilità civile diretta dei magistrati italiani fanno notare invece che dall'entrata in vigore della legge dell'88 l'Italia è l'unico caso al mondo in cui un giudizio nei confronti dei magistrati (affidato peraltro ad appartenenti alla medesima categoria) deve passare per nove gradi. Tre per l'ammissibilità del procedimento, tre per individuare la responsabilità del singolo magistrato, e tre per l'eventuale rivalsa da parte del ministero della Giustizia. Per cui dal 1988 a oggi sono state appena 406 le cause effettivamente avviate da cittadini nei confronti di un giudice. Sottoposte al vaglio preventivo del tribunale di appartenenza, le citazioni dichiarate «ammissibili» sono state soltanto 34. E le condanne sono state quattro in tutto.
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