Attenti agli acquisti, da qui a Natale. Sarà lo shopping delle prossime settimane a dirci se l’economia italiana l’anno prossimo migliorerà in maniera significativa. Parola di Mario Deaglio, uno dei più autorevoli economisti italiani: «Se le cose funzionano dovremo avere un miglioramento lieve già nei consumi natalizi». L’indicazione del professore piemontese (un’indicazione, non una previsione, dato che «nell’economia attuale fare previsioni è molto più difficile rispetto a vent’anni fa») può essere presa come la massima sintesi del più complesso ragionamento contenuto nel Diciottesimo rapporto sull’economia globale e l’Italia, frutto della collaborazione tra il Centro di ricerca Luigi Einaudi e Ubi Banca.
Contano gli acquisti di Natale perché al centro della crisi italiana c’è la paura di spendere. «Le famiglie sono ancora solide dal punto di vista finanziario, ma hanno paura del futuro – spiega Deaglio –. Quindi contraggono i consumi e piuttosto comprano Btp». Ecco che allora «superare la paura di compiere acquisti necessari e già rinviati» è un passaggio fondamentale per fare ripartire la nostra economia, e quindi «è comprensibile che si ragioni sui 200 euro in più o in meno...». L’acquisto non più rimandato può essere il fattore capace di fare girare verso l’alto la curva della crescita italiana. L’alternativa e un lieve recupero e un’immediata stabilizzazione su bassi livelli. Secondo l’analisi del Centro Einaudi, per dare più forza a questa risalita debole attesa per il primo trimestre dell’anno prossimo occorrono poi altri due passaggi: il primo è ricominciare a ragionare per settori, nel senso di decidere su quali punti di forza puntare per i prossimi anni; il secondo è recuperare i soldi pubblici sprecati e usarli per «iniziative produttive». Basterà? No, se l’Europa non ci aiuta e non facciamo le riforme: «All’Eurogruppo a Spagna e Francia hanno avuto più tempo per aggiustare i conti, noi no. Se la Germania su questo fosse più leggera avremmo quei 4-5 miliardi in più che ci aiuterebbero a spingere la ripresa. Se però poi non facciamo le riforme possiamo avere comunque una ripresa, ma una ripresa breve: andiamo a sbattere subito contro un tetto molto basso e dopo 6-8 mesi ci troveremo di nuovo nelle difficoltà di prima, ma senza nessuno disposto a farci credito»
Bisogna proteggere i fili d’erba della ripresa dalla gelata (e infatti Fili d’erba, fili di ripresa è il titolo dello studio del Centro Einaudi). Vale per l’Italia ma anche per gli altri. A partire dalla Francia, dove, secondo Deaglio, «hanno perso il controllo dell’economia ». Non c’è area del mondo che oggi sia al riparo dal rischio di una crisi economia: non gli Stati Uniti, dove lo Stato e i cittadini sono sempre più indebitati (il tasso di insolvenza sui prestiti per l’università, nota l’economista, è allo spaventoso livello del 30%); non la Cina, dove si va verso una società «moderatamente prospera», ma non ricca; non il Giappone, che sta sperimentando politiche monetarie 'kamikaze' per combattere un declino ormai ventennale. La vecchia Europa non sta certo meglio, tra nazioni che cercano di proteggere il loro cortile con misure protezionistiche e movimenti di protesta sociale che combattono la stessa idea di Unione Europea. In questo momento, conclude Deaglio, molto dipende da quello che si deciderà a Berlino: «Sono passati due mesi dalle elezioni e ancora i tedeschi prendono tempo sul nuovo governo. Tengono tutto in sospeso. È pericoloso: se la Germania sbaglia l’Europa è veramente a rischio».
da Avvenire
Contano gli acquisti di Natale perché al centro della crisi italiana c’è la paura di spendere. «Le famiglie sono ancora solide dal punto di vista finanziario, ma hanno paura del futuro – spiega Deaglio –. Quindi contraggono i consumi e piuttosto comprano Btp». Ecco che allora «superare la paura di compiere acquisti necessari e già rinviati» è un passaggio fondamentale per fare ripartire la nostra economia, e quindi «è comprensibile che si ragioni sui 200 euro in più o in meno...». L’acquisto non più rimandato può essere il fattore capace di fare girare verso l’alto la curva della crescita italiana. L’alternativa e un lieve recupero e un’immediata stabilizzazione su bassi livelli. Secondo l’analisi del Centro Einaudi, per dare più forza a questa risalita debole attesa per il primo trimestre dell’anno prossimo occorrono poi altri due passaggi: il primo è ricominciare a ragionare per settori, nel senso di decidere su quali punti di forza puntare per i prossimi anni; il secondo è recuperare i soldi pubblici sprecati e usarli per «iniziative produttive». Basterà? No, se l’Europa non ci aiuta e non facciamo le riforme: «All’Eurogruppo a Spagna e Francia hanno avuto più tempo per aggiustare i conti, noi no. Se la Germania su questo fosse più leggera avremmo quei 4-5 miliardi in più che ci aiuterebbero a spingere la ripresa. Se però poi non facciamo le riforme possiamo avere comunque una ripresa, ma una ripresa breve: andiamo a sbattere subito contro un tetto molto basso e dopo 6-8 mesi ci troveremo di nuovo nelle difficoltà di prima, ma senza nessuno disposto a farci credito»
Bisogna proteggere i fili d’erba della ripresa dalla gelata (e infatti Fili d’erba, fili di ripresa è il titolo dello studio del Centro Einaudi). Vale per l’Italia ma anche per gli altri. A partire dalla Francia, dove, secondo Deaglio, «hanno perso il controllo dell’economia ». Non c’è area del mondo che oggi sia al riparo dal rischio di una crisi economia: non gli Stati Uniti, dove lo Stato e i cittadini sono sempre più indebitati (il tasso di insolvenza sui prestiti per l’università, nota l’economista, è allo spaventoso livello del 30%); non la Cina, dove si va verso una società «moderatamente prospera», ma non ricca; non il Giappone, che sta sperimentando politiche monetarie 'kamikaze' per combattere un declino ormai ventennale. La vecchia Europa non sta certo meglio, tra nazioni che cercano di proteggere il loro cortile con misure protezionistiche e movimenti di protesta sociale che combattono la stessa idea di Unione Europea. In questo momento, conclude Deaglio, molto dipende da quello che si deciderà a Berlino: «Sono passati due mesi dalle elezioni e ancora i tedeschi prendono tempo sul nuovo governo. Tengono tutto in sospeso. È pericoloso: se la Germania sbaglia l’Europa è veramente a rischio».
da Avvenire