Travolti dall’enormità dei loro debiti, certi Stati dell’euro hanno rinunciato a governarsi e si sono affidati ad altri, che li gestiscono badando ai propri – legittimi – interessi. Ora sono in un tunnel di recessione il cui sbocco saranno pesanti tensioni sociali. Tra quei Paesi c’è anche l’Italia. L’economista Loretta Napoleoni lo ha scritto in Democrazia vendesi , un libro che esce oggi ed è un’analisi cupa della crisi dell’euro. «Non sono cose che penso solo io – avverte subito–. Le dicono in tanti, e tra questi ci sono molti premi Nobel. Ad esempio Paul Krugman o Joseph Stiglitz» Leggerla non è un bel modo per cominciare l’anno che, nelle previsioni, dovrebbe chiudersi con l’inizio di una debole ripresa.
Il fatto è che per l’Italia, come per la Spagna o per la Grecia, una ripresa in queste condizioni non è possibile. Il 'fiscal compact' ci impone una ingessatura inevitabilmente recessiva. Per rincorrere obiettivi di finanza pubblica decisi a Bruxelles noi stiamo strozzando le piccole e medie e imprese, l’unico motore rimasto alla nostra economia. Qui a meno di una straordinaria innovazione tecnologica non abbiamo più nulla che possa farci ripartire. Andiamo verso un impoverimento che ci riporterà una condizione che non vedevamo dalla fine della guerra. Con un debito pubblico al 120% del Pil l’Italia aveva alternative all’austerità?
Le alternative ci sono ancora, e credo che finiremo per usarle, perché ridurre il debito in questo modo è impossibile e socialmente insostenibile. Abbiamo bisogno di un taglio netto e forzato che coinvolga le banche, come quello applicato alla Grecia. Dal punto di vista finanziario è possibile farlo. Lo dovrebbe fare l’Italia ma ne avrebbero bisogno quasi tutti, la Spagna ma anche la Francia... Queste insolvenze non ucciderebbero l’euro?
Lo costringerebbero a cambiare. La moneta unica è stata fatta male, perché tratta allo stesso modo sistemi economici nazionali che sono molto diversi. Favorisce solo i tedeschi e le nazioni del Nord. Dopo questi tagli del debito si dovrebbe ripartire da un 'euro a due velocità', un’ipotesi che infatti già circola da diverso tempo. Le economie in difficoltà però hanno anche problemi che non riguardano i conti pubblici...
I Paesi della periferia dell’euro hanno da molti anni problemi di competitività che sono peggiorati rapidamente dopo la perdita dell’indipendenza monetaria. Non è solo 'svalutare la lira'...una moneta è una componente dinamica di un sistema economico, deve potersi muovere assieme agli altri ingranaggi. Con l’euro abbiamo bloccato la moneta per adeguarla a esigenze altrui. Stiamo vedendo che non funziona. Lo scenario che descrive assomiglia a una rivolta del Sud Europa contro la Germania. È realistico?
Ovvio, è difficile. Il problema è che i politici dei Paesi della periferia dell’euro hanno una debolezza psicologica che gli impedisce di mettersi assieme e condurre le loro battaglie; gli manca l’orgoglio degli inglesi, gli unici capaci di non farsi guidare dagli altri. In Italia, poi, c’è molta ideologia e questo ci impedisce di metterci assieme anche al nostro interno quando dobbiamo difendere gli interessi nazionali. E io credo che l’impoverimento del Paese sia un tema di interesse nazionale da contrastare mostrandoci uniti. Se la politica continuerà a non capirlo rischiamo pericolose tensionisociali.
da Avvenire
Il fatto è che per l’Italia, come per la Spagna o per la Grecia, una ripresa in queste condizioni non è possibile. Il 'fiscal compact' ci impone una ingessatura inevitabilmente recessiva. Per rincorrere obiettivi di finanza pubblica decisi a Bruxelles noi stiamo strozzando le piccole e medie e imprese, l’unico motore rimasto alla nostra economia. Qui a meno di una straordinaria innovazione tecnologica non abbiamo più nulla che possa farci ripartire. Andiamo verso un impoverimento che ci riporterà una condizione che non vedevamo dalla fine della guerra. Con un debito pubblico al 120% del Pil l’Italia aveva alternative all’austerità?
Le alternative ci sono ancora, e credo che finiremo per usarle, perché ridurre il debito in questo modo è impossibile e socialmente insostenibile. Abbiamo bisogno di un taglio netto e forzato che coinvolga le banche, come quello applicato alla Grecia. Dal punto di vista finanziario è possibile farlo. Lo dovrebbe fare l’Italia ma ne avrebbero bisogno quasi tutti, la Spagna ma anche la Francia... Queste insolvenze non ucciderebbero l’euro?
Lo costringerebbero a cambiare. La moneta unica è stata fatta male, perché tratta allo stesso modo sistemi economici nazionali che sono molto diversi. Favorisce solo i tedeschi e le nazioni del Nord. Dopo questi tagli del debito si dovrebbe ripartire da un 'euro a due velocità', un’ipotesi che infatti già circola da diverso tempo. Le economie in difficoltà però hanno anche problemi che non riguardano i conti pubblici...
I Paesi della periferia dell’euro hanno da molti anni problemi di competitività che sono peggiorati rapidamente dopo la perdita dell’indipendenza monetaria. Non è solo 'svalutare la lira'...una moneta è una componente dinamica di un sistema economico, deve potersi muovere assieme agli altri ingranaggi. Con l’euro abbiamo bloccato la moneta per adeguarla a esigenze altrui. Stiamo vedendo che non funziona. Lo scenario che descrive assomiglia a una rivolta del Sud Europa contro la Germania. È realistico?
Ovvio, è difficile. Il problema è che i politici dei Paesi della periferia dell’euro hanno una debolezza psicologica che gli impedisce di mettersi assieme e condurre le loro battaglie; gli manca l’orgoglio degli inglesi, gli unici capaci di non farsi guidare dagli altri. In Italia, poi, c’è molta ideologia e questo ci impedisce di metterci assieme anche al nostro interno quando dobbiamo difendere gli interessi nazionali. E io credo che l’impoverimento del Paese sia un tema di interesse nazionale da contrastare mostrandoci uniti. Se la politica continuerà a non capirlo rischiamo pericolose tensionisociali.
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