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martedì 14 maggio 2013

Le Borse e le Banche centrali

Nel suo anno e mezzo alla guida della Banca centrale euro­pea Mario Draghi ha tagliato quattro volte i tassi (erano all’1,5% quando è entrato in carica e ora sono allo 0,5%), ha prestato mille miliardi alle banche, ha comprato i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà e ha promesso che se sarà necessario tornerà a comprarli, e in quantità illimitata. Ha riempito di soldi l’Europa come nessuno aveva mai fatto prima, ma quel denaro si ferma nei bilanci di banche troppo spaventate per prestarli alle imprese. Al massimo i soldi finiscono in Borsa. «Siete frustrati per la cautela del­le banche?» gli ha chiesto un giornalista americano nella confe­renza stampa del 2 maggio, dopo l’ultimo taglio dei tassi. «Siamo... sì, frustrati, certamente, ha usato la parola giusta – ha risposto il banchiere italiano –. Il fatto è che noi non andiamo in giro a spar­gere soldi con l’elicottero. In Europa bisogna passare dalle ban­che ». Sono trascorsi 44 anni da quando l’economista Milton Fried­man inventò l’esempio dell’elicottero della banca centrale che get­ta banconote dal cielo su un paesino afflitto dalla deflazione, e quell’immagine è ancora straordinariamente efficace. Quando quel cronista lo ha stuzzicato, a Draghi saranno venuti in mente i suoi due principali colleghi, che hanno fatto già decollare i loro e­licotteri spargisoldi: l’americano Ben Bernanke (non a caso 'Heli­copter Ben', per i critici) e il giap­ponese Haruhiko Kuroda.
L’eccezionale politica monetaria e­spansiva della Bce appare poca co­sa davanti a quello che stanno fa­cendo la Federal Reserve e la Ban­ca del Giappone. Dopo avere azze­rato i tassi e immesso nel sistema 2mila miliardi di dollari compran­do bond del Tesoro e titoli legati ai mutui, la Fed lo scorso settembre ha avviato il suo terzo piano di 'quantitative easing': «Comprere­mo titoli legati ai mutui al ritmo di 40 miliardi al mese», aveva an­nunciato Bernanke, salvo poi raddoppiare la spesa (a 85 miliardi) a dicembre. Bernanke continuerà a rovesciare denaro sull’economia americana finché la disoccupazione non sarà scesa abbastanza: quando ha iniziato il tasso dei senza lavoro era all’8,1%, ad aprile la quota di disoccupati era diminuita al 7,5%, l’obiettivo è scendere ver­so il 6%. Nel frattempo sull’altro lato del Pacifico il nuovo governa­tore giapponese Haruhiko Kuroda sta caricando i suoi elicotteri. Il primo ministro Shinzo Abe lo ha chiamato per aiutarlo a risolleva­re – a colpi di spesa pubblica – un’economia depressa da vent’anni e lui ci vuole riuscire con un piano monetario realmente faraonico: in due anni raddoppierà i soldi in circolazione in Giappone. La ba­se monetaria aumenterà di 130mila miliardi di yen (987 miliardi di euro, ai cambi attuali). «Voglio adottare tutte le misure immagina­bili » ha avvertito l’economista giapponese: comprerà senza molti scrupoli titoli di Stato con scadenze quarantennali, ma anche fon­di comuni di investimento al ritmo di 7 miliardi di yen al mese. Il suo obiettivo è riconquistare un’inflazione stabile al 2%, un mirag­gio desiderabile in un Paese in cui i prezzi sono da anni in discesa e il debito è al 230% del Pil. Se poi, come in effetti sta accadendo, Ku­roda ottiene anche una svalutazione dello yen che può dare una ma­no alle esportazioni, tanto meglio. Anche il Regno Unito è pronto a far decollare il suo elicottero. La cloche è affidata al canadese Mark Carney, che dal 1° luglio prenderà il posto dell’attuale governatore Mervyn King. La Banca d’Inghilterra, che ha tassi allo 0,5% da 4 an­ni, ha già adottato misure estremamente aggressive, comprando ti­toli di Stato per 375 miliardi di sterline (443 miliardi di dollari), ma da Carney – che da governatore del Canada ha protetto il Paese dalla crisi – molti si aspettano mosse più ardite.

Se queste strategie funzioneranno gli studenti di economia delle prossime generazioni troveranno nei loro manuali lunghi capitoli sugli anni in cui la crisi fu affogata in un mare di denaro. Se falli­ranno quelle pagine parleranno di come la recessione fu ulterior­mente peggiorata da una bolla inflazionistica gonfiata da Bernanke, Kuroda e colleghi. Perché un’inflazione galoppante è il naturale ef­fetto collaterale di una politica monetaria troppo espansiva.
Per il momento l’inflazione è sotto controllo, la domanda è debo­le e i soldi freschi non hanno dato grandiosi risultati nell’economia reale. Piuttosto si sono viste grandi cose sui mercati finanziari, che stanno facendo il pieno di nuova moneta. La ricerca di alti rendi­menti ha portato le ondate di liquidità sul mercato dei titoli di Sta­to dell’euro, facendo crollare i tassi dei Btp italiani e dei Bonos spa­gnoli. Con tanti soldi in giro le Borse sembrano avere trovato il Pae­se di Bengodi, con gli indici che abbattono i massimi toccati prima della crisi: a marzo nuovo record storico Wall Street, questo mar­tedì record per Francoforte, mercoledì record per la piccola In­stanbul. Fra qualche settimana potrebbero arrivare anche i record di Londra e Zurigo.
Il rischio è che impreviste interruzioni del flusso di nuova liquidità facciano crollare i listini e rimandino alle stelle gli spread .La spe­ranza è che nel giro di qualche mese si parli anche dei 'record' di ripresa delle aziende e dell’occupazione. Il bello della metafora del­l’elicottero è che la pioggia di soldi aiuta la gente del villaggio a sta­re meglio. La banca e la Borsa non sono menzionate. 
da Avvenire