Ben Bernanke e Mario Draghi hanno già avuto occasione di ammetterlo: con le strategie monetarie aggressive di questi anni – acquisti di titoli di Stato e non, tassi azzerati, soldi quasi in regalo alle banche – la Federal Reserve e la Banca centrale europea si sono incamminate lungo sentieri inesplorati. Quello che i due banchieri centrali più potenti del mondo non hanno confessato è che non sanno più come tornare indietro.
Quando ha fatto capire che la Fed stava per tagliare la terza fase del suo quantitative easing , e quindi avrebbe ridotto gli 85 miliardi di dollari che da gennaio ogni mese riversa sui mercati, Bernanke ha spaventato gli investitori ed è stato costretto a tornare sui suoi passi prima che i tassi dei titoli del Tesoro andassero fuori controllo. Potrebbe tornare sui suoi passi anche la Bce, che tra dicembre 2011 e febbraio 2012 ha prestato alle banche mille miliardi di euro a un tasso minimo per evitare che il sistema andasse al collasso. La scadenza finale del rimborso si avvicina (il prestito era triennale) ma si è già capito che molte banche non potranno permettersi di sdebitarsi e quindi la Bce sta pensando di aiutarle con un altro prestito. Non è diversa la situazione delle Banche centrali di Giappone e Regno Unito, tanto ardite nelle loro strategie monetarie quanto incerte sui percorsi per ritirarle.
«Una Banca centrale può essere il salvatore del sistema, ma se poi il sistema non si muove, allora il salvatore diventa il peccatore» ha ammesso Lorenzo Bini Smaghi parlando ieri a un convegno milanese in cui il Centro Paolo Baffi della Bocconi ha messo assieme economisti ed ex alti dirigenti delle grandi Banche centrali. «Banchieri centrali: salvatori o peccatori?» ha chiesto l’istituto di ricerca. Bini Smaghi, che fino al dicembre del 2011 era nel direttivo della Bce, ha risposto che per una Banca centrale è molto facile fare il salvatore della situazione («basta comprare quello che i mercati vogliono vendere »), ma a quel punto si sta solo prendendo tempo: se i 'salvati' (cioè banche e governi) non usano la tregua monetaria per tagliare i debiti e fare le riforme allora il salvataggio diventa un danno. È quello che sta avvenendo in Europa. «Ma credo che quando verrà il momento di usare l’Omt – dice Bini Smaghi citando il programma di acquisto di bond con cui Draghi ha calmato drasticamente le paure dei mercati dall’estate del 2012 in poi – allora sarà chiaro che la Bce può aiutare, ma solo se i governi rispettano le sue condizioni». È il punto in cui il 'peccatore' torna ad essere un 'salvatore', ma stavolta molto severo. Questo ruolo toccherà anche a Janet Yellen, l’economista che dal prossimo gennaio prenderà il posto di Bernanke alla guida della Fed e dovrà gestire il ritiro delle misure ultra-espansive varate in questi anni dalla Banca centrale. Al convegno milanese l’americano Kevin Warsh – che nel 2006 stupì il mondo entrando nel board della Fed senza avere nemmeno 36 anni (ne è uscito nel 2011) – ha lavorato anni con Yellen e assicura che è un’economista «straordinariamente preparata ». Ma avverte: «È incredibilmente focalizzata su modelli economici molto recenti che però quest’anno si sono dimostrati deludenti nel prevedere la ripresa americana. Se non funzionassero nemmeno l’anno prossimo, la Fed sarebbe costretta a cambiare strategia ».
Quando ha fatto capire che la Fed stava per tagliare la terza fase del suo quantitative easing , e quindi avrebbe ridotto gli 85 miliardi di dollari che da gennaio ogni mese riversa sui mercati, Bernanke ha spaventato gli investitori ed è stato costretto a tornare sui suoi passi prima che i tassi dei titoli del Tesoro andassero fuori controllo. Potrebbe tornare sui suoi passi anche la Bce, che tra dicembre 2011 e febbraio 2012 ha prestato alle banche mille miliardi di euro a un tasso minimo per evitare che il sistema andasse al collasso. La scadenza finale del rimborso si avvicina (il prestito era triennale) ma si è già capito che molte banche non potranno permettersi di sdebitarsi e quindi la Bce sta pensando di aiutarle con un altro prestito. Non è diversa la situazione delle Banche centrali di Giappone e Regno Unito, tanto ardite nelle loro strategie monetarie quanto incerte sui percorsi per ritirarle.
«Una Banca centrale può essere il salvatore del sistema, ma se poi il sistema non si muove, allora il salvatore diventa il peccatore» ha ammesso Lorenzo Bini Smaghi parlando ieri a un convegno milanese in cui il Centro Paolo Baffi della Bocconi ha messo assieme economisti ed ex alti dirigenti delle grandi Banche centrali. «Banchieri centrali: salvatori o peccatori?» ha chiesto l’istituto di ricerca. Bini Smaghi, che fino al dicembre del 2011 era nel direttivo della Bce, ha risposto che per una Banca centrale è molto facile fare il salvatore della situazione («basta comprare quello che i mercati vogliono vendere »), ma a quel punto si sta solo prendendo tempo: se i 'salvati' (cioè banche e governi) non usano la tregua monetaria per tagliare i debiti e fare le riforme allora il salvataggio diventa un danno. È quello che sta avvenendo in Europa. «Ma credo che quando verrà il momento di usare l’Omt – dice Bini Smaghi citando il programma di acquisto di bond con cui Draghi ha calmato drasticamente le paure dei mercati dall’estate del 2012 in poi – allora sarà chiaro che la Bce può aiutare, ma solo se i governi rispettano le sue condizioni». È il punto in cui il 'peccatore' torna ad essere un 'salvatore', ma stavolta molto severo. Questo ruolo toccherà anche a Janet Yellen, l’economista che dal prossimo gennaio prenderà il posto di Bernanke alla guida della Fed e dovrà gestire il ritiro delle misure ultra-espansive varate in questi anni dalla Banca centrale. Al convegno milanese l’americano Kevin Warsh – che nel 2006 stupì il mondo entrando nel board della Fed senza avere nemmeno 36 anni (ne è uscito nel 2011) – ha lavorato anni con Yellen e assicura che è un’economista «straordinariamente preparata ». Ma avverte: «È incredibilmente focalizzata su modelli economici molto recenti che però quest’anno si sono dimostrati deludenti nel prevedere la ripresa americana. Se non funzionassero nemmeno l’anno prossimo, la Fed sarebbe costretta a cambiare strategia ».
da Avvenire di oggi