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mercoledì 16 ottobre 2013

Banche centrali in un vicolo cieco

Ben Bernanke e Mario Draghi hanno già avuto occasione di ammetterlo: con le stra­tegie monetarie aggressive di que­sti anni – acquisti di titoli di Stato e non, tassi azzerati, soldi quasi in regalo alle banche – la Federal Re­serve e la Banca cen­trale europea si sono incamminate lungo sentieri inesplorati. Quello che i due ban­chieri centrali più po­tenti del mondo non hanno confessato è che non sanno più co­me tornare indietro.

Quando ha fatto capi­re che la Fed stava per tagliare la terza fase del suo
 quantitative ea­sing , e quindi avrebbe ridotto gli 85 miliardi di dollari che da gennaio ogni me­se riversa sui mercati, Bernanke ha spaventato gli investitori ed è sta­to costretto a tornare sui suoi pas­si prima che i tassi dei titoli del Te­soro andassero fuori controllo. Po­trebbe tornare sui suoi passi anche la Bce, che tra dicembre 2011 e feb­braio 2012 ha prestato alle banche mille miliardi di euro a un tasso mi­nimo per evitare che il sistema an­dasse al collasso. La scadenza fina­le del rimborso si avvicina (il pre­stito era triennale) ma si è già ca­pito che molte banche non po­tranno permettersi di sdebitarsi e quindi la Bce sta pensando di aiu­tarle con un altro prestito. Non è diversa la situazione delle Banche centrali di Giappone e Regno U­nito, tanto ardite nelle loro strate­gie monetarie quanto incerte sui percorsi per ritirarle.

«Una Banca centrale può essere il salvatore del sistema, ma se poi il sistema non si muove, allora il sal­vatore diventa il peccatore» ha am­messo Lorenzo Bini Smaghi par­lando ieri a un convegno milanese in cui il Centro Paolo Baffi della Bocconi ha messo assieme econo­misti ed ex alti dirigenti delle gran­di Banche centrali. «Banchieri cen­trali: salvatori o peccatori?» ha chiesto l’istituto di ricerca. Bini Smaghi, che fino al dicembre del 2011 era nel direttivo della Bce, ha
 risposto che per una Banca centra­le è molto facile fare il salvatore del­la situazione («basta comprare quello che i mercati vogliono ven­dere »), ma a quel punto si sta solo prendendo tempo: se i 'salvati' (cioè banche e governi) non usano la tregua monetaria per tagliare i debiti e fare le riforme allora il sal­vataggio diventa un danno. È quel­lo che sta avvenendo in Europa. «Ma credo che quando verrà il mo­mento di usare l’Omt – dice Bini Smaghi citando il programma di acquisto di bond con cui Draghi ha calmato drasticamente le paure dei mercati dall’estate del 2012 in poi – allora sarà chiaro che la Bce può aiutare, ma solo se i governi ri­spettano le sue condizioni». È il punto in cui il 'peccatore' torna ad essere un 'salvatore', ma stavolta molto severo. Questo ruolo toc­cherà anche a Janet Yellen, l’eco­nomista che dal prossimo gennaio prenderà il posto di Bernanke alla guida della Fed e dovrà gestire il ri­tiro delle misure ultra-espansive varate in questi an­ni dalla Banca cen­trale. Al convegno milanese l’ameri­cano Kevin Warsh – che nel 2006 stupì il mondo entrando nel board della Fed senza avere nem­meno 36 anni (ne è uscito nel 2011) – ha lavorato anni con Yellen e assicu­ra che è un’econo­mista «straordina­riamente prepara­ta ». Ma avverte: «È incredibilmen­te focalizzata su modelli economi­ci molto recenti che però que­st’anno si sono dimostrati delu­denti nel prevedere la ripresa a­mericana. Se non funzionassero nemmeno l’anno prossimo, la Fed sarebbe costretta a cambiare stra­tegia ». 
da Avvenire di oggi