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mercoledì 17 luglio 2013

Tutti in affitto dai fondi sovrani

Quando i soldi crescono sugli alberi – o sgorgano dal sottosuolo – ci si può an­che permettere di spenderli mala­mente. Per esempio facendo indigestione di a­zioni delle più grandi banche mondiali pochi mesi prima del crollo di Lehman Brothers. A­dia, il fondo sovrano di Abu Dhabi, aveva pun­tato pesante sulle regine della finanza britan­nica proprio alla vigilia della grande crisi. Co­me risultato, secondo uno studio del Council on Foreign Relations, solo tra il 2007 e il 2008 ci ha perso 183 miliardi di dollari. Il fondo sovrano li­bico Lia, che si era affidato a Goldman Sachs per guadagnare con i derivati di azioni e valute, ha affidato alla leggendaria banca americana 1,2 miliardi. Alla fine dei giochi ha avuto indietro meno di 2 milioni. Qia, Il fondo del Qatar con cui gli sceicchi dell’Emirato si dilettano tra squa­dre di calcio (il Paris Saint Germain) e prestigiose griffe ( Valentino), ha speso un miliardo e mez­zo di sterline per costruire lo Shard, la torre di Renzo Piano che domina Londra. Perfido, il 

Daily Mail
 un mese fa ha scritto che lo spetta­colo dello Shard di notte è una tristezza: i prez­zi sono troppo alti, la torre semivuota e buia è una macchia nera che stona con le luci degli uffici della City. Piano se l’è presa, ha fatto pre­sente che lo Shard deve essere ancora comple­tato e ha promesso che quando sarà pronto – questo ottobre – il suo grattacielo a forma di scheggia si riempirà.

Vedremo. Per gli emiri del Qatar cambia poco: già un anno fa avevano spiegato che gli piace­va l’idea della torre di vetro, il prezzo e il senso economico dell’operazione non avevano im­portanza. Perché i soldi dell’emiro, appunto, e­rompono dal terreno, nella forma del petrolio e del gas che, esportati in tutto il mondo, ali­mentano queste enormi spese.

Secondo i calcoli del Sovereign Wealth Fund In­stitute, l’organizzazione che studia più a fondo questo settore, il patrimonio dei fondi sovrani a giugno ammontava a 5.474 miliardi di dolla­ri. Sono 1.500 miliardi in più rispetto a tre anni fa, è quasi la metà del Pil della zona euro. Que­sta enorme quantità di denaro non viene tutta dalle materie prime: i fondi che vivono di gas e petrolio hanno un patrimonio di circa 3.100 mi­liardi. Quasi tutto il resto appartiene a quei fon­di sovrani che raccolgono i disavanzi commer­ciali dei loro Paesi. Come il Cic, il China Invest­ment Corporation costruito da Pechino quasi 40 anni fa. Con un patrimonio di 482 miliardi di dollari è il secondo fondo sovrano più gran­de del pianeta, dietro quello norvegese (ali­mentato a gas naturale) che ha in gestione 746 miliardi.

Finché il prezzo del petrolio o il commercio in­ternazionale tengono, questi fondi possono continuare a crescere pur chiudendo i conti in rosso. Però per chi li gestisce è sempre più dif­
ficile giustificare le perdite. «I fondi sovrani han­no dovuto affrontare critiche pubbliche nei lo­ro paesi a causa di una serie di perdite sugli in­vestimenti esteri alla vigilia della crisi – ha scrit­to la casa di consulenza inglese TheCityUk in un report diffuso a marzo –. Come risultato le en­tità delle operazioni sono state ridotte negli ul­timi anni». I soldi comunque non mancheran­no. È ancora TheCityUk a scrivere che «i fondi potranno vedere un continuo afflusso di capitali nei prossi­mi anni, con i paesi asiatici, in particolare la Cina, che conti­nueranno a fare scorta di mo­neta estera e con la domanda di materie prime che crescerà grazie alla ripresa dell’econo­mia globale e alla domanda dei mercati emergenti».

La novità è che, scottati dalle troppe batoste subite giocando a conquistare le grandi banche europee e americane (abbia­mo fatto solo qualche esempio, ma potevamo citare tra gli altri i 2 miliardi persi dal coreano Kic con Merrill Lynch, o il caso di Mubadala, sempre di Abu Dhabi, che negli ultimi due an­ni ha fatto svalutazioni di quasi 4,5 miliardi sui suoi titoli finanziari), i fondi si stanno buttan­do sull’immobiliare commerciale. Secondo il Sovereign Investment Lab del centro studi boc­coniano Paolo Baffi, dei 58,4 miliardi di dollari investiti dai fondi sovrani nel 2012 ben 15 mi­liardi (il 26%) erano destinati al 'real estate'. È un aumento del 50% rispetto al 2011. Per la pri­ma volta gli investimenti immobiliari hanno superato quelli finanziari. Ne abbiamo visto un esempio anche in Italia, quan­do a maggio il fondo sovrano del Qatar è entrato, con una quota del 40%, nel progetto immobiliare milanese di Por­ta Nuova. Più in grande, il ci­nese Cic ha comprato i quar­tieri generali di Deutsche Bank a Londra mentre gli arabi del­l’Adia hanno preso il control­lo di quelli di Amundi a Parigi. Come farebbe un piccolo risparmiatore dopo una brutta esperienza di Borsa, i giganteschi fondi degli Stati ora puntano forte sul mattone. Se hanno perso miliardi per diventare soci dei colossi della finanza, ora sperano di guadagna­re affitandogli gli uffici.