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venerdì 11 gennaio 2013

Il salvataggio di Aig (o quello di Goldman Sachs)


La storia di Aig che faceva causa al governo americano perché salvandola l’aveva imbrogliata era troppo brutta per essere vera. Infatti la clamorosa richiesta di risarcimento è stata scartata: il consiglio di amministrazione della più grande compagnia di assicurazioni del pianeta ha chiarito mercoledì che ha deciso di rifiutare «interamente» la proposta di unirsi alla causa intentata la scorsa estate contro Washington dalla Starr, la società di investimento che era il maggiore azionista del gruppo assicurativo prima che il governo, il 16 settembre del 2008, nazionalizasse Aig prendendo il controllo dell’80% delle azioni.
Denunciare il governo sarebbe stato paradossale, considerato che dal 1° gennaio Aig ha lanciato una campagna pubblicitaria con lo slogan "Thank you America". Negli spot la società, a nome dei suoi 62 mila dipendenti, ringrazia il Paese per avere salvato il gruppo con 182 miliardi di dollari e segnala che si è sdebitata: lo scorso 14 dicembre il Tesoro americano ha finito di vendere le sue azioni Aig, in tutto ha incassato 204 miliardi. Il salvataggio, in sostanza, ha fruttato al governo 22 miliardi.
Rinnegata dalla Aig di oggi, la causa anti-governativa resta comunque in piedi, sulle gambe della Aig che fu. La Starr è infatti la società che il fondatore di Aig, Cornelius Vander Starr, lasciò in eredità al suo pupillo Maurice "Hank" Greenberg nel 1968. Greenberg – classe 1925, figlio di un negoziante di caramelle morto quando lui aveva 7 anni, soldato ebreo per l’esercito americano nella II Guerra mondiale – ha guidato Aig dal 1968 al 2005, quando è stato costretto ad andarsene per accuse di frode (poi mai dimostrate) partite dalla procura di New York. È stato lui a fare della compagnia assicurativa un gigante di Wall Street ed è stato ancora lui, nel 1987, ad ideare la divisione "prodotti finanziari" che 21 anni dopo porterà questo gigante a un passo dalla bancarotta.
Greenberg è la storia di Aig, e adesso vuole indietro i soldi – 25 miliardi di dollari – che, secondo la sua versione, lo Stato gli ha rubato. Ecco, la versione di Greenberg è un racconto intrigante di quello che avvenne nel drammatico settembre del 2008. Non tanto perché il vecchio finanziere accusa il governo di avere violato il 5° emendamento – dove si sancisce che «la proprietà privata non può essere presa per farne un uso pubblico senza un giusto compenso» – o di avere applicato al prestito un tasso del 15%, quasi da usura, ma soprattutto perché Greenberg sostiene che Washington salvò formalmente Aig, ma in realtà stava salvando la solita Goldman Sachs.
La faccenda è intrigante. Il 15 settembre 2008 era fallita Lehman Brothers e il 16 stava per fallire Aig. La compagnia assicurativa falliva per un rapido succedersi di eventi: le agenzie di <+corsivo>rating<+tondo> erano nel panico e le avevano tagliato bruscamente il voto, questo declassamento la costringeva a procurarsi immediatamente 20 miliardi di capitale come garanzie per i contratti di assicurazione contro l’insolvenza (i Cds) che aveva venduto a Goldman Sachs. Goldman infatti era il suo principale partner dal 2002: Aig la proteggeva dal rischio di insolvenza su 20 miliardi di titoli che sembravano sicurissimi. Invece quei titoli si stavano rivelando spazzatura, e nessuno sarebbe stato così pazzo da prestare ad Aig i 20 miliardi di dollari che le servivano per onorare i contratti e non dichiarare bancarotta. Se Aig fosse fallita, Goldman si sarebbe dovuta mettere in fila con gli altri creditori per avere indietro qualche briciola di quei miliardi. Probabilmente sarebbe fallita anche lei. Ma intervenne il governo che nazionalizzò la compagnia assicurativa e la riempì di denaro. Tra le condizioni del salvataggio Washington inserì il rimborso dei Cds a prezzo pieno e la rinuncia ad avviare azioni legali contro una serie di banche. Goldman naturalmente era in quella lista e dalla compagnia assicurativa ottenne il rimborso più ricco, quasi 13 miliardi. Le condizioni del salvataggio, insomma, le garantirono di superare illesa i mesi da incubo di Wall Street. A pensare quel piano fu Henry Paulson, segretario al Tesoro. Fino al 2006 aveva fatto il presidente e l’amministratore delegato di Goldman Sachs. Difficile non capire la rabbia del vecchio Greenberg.
da Avvenire di oggi