La Federal Reserve continua a spostare in avanti il momento in cui smetterà di spingere l’acceleratore. Martedì sera, alla cena annuale del club americano degli economisti, il presidente Ben Bernanke ha ripercorso le motivazioni dietro le scelte fatte nei suoi otto anni alla guida della Banca centrale. Ha spiegato che la forward guidance, cioè la scelta di dare ai mercati indicazioni a lungo termine sulle strategie della Fed, rappresenta un grande passo avanti verso una politica monetaria più trasparente. Poi ha difeso il quantitative easing : il massiccio acquisto di titoli pubblici e legati ai mutui – ha detto Bernanke – sta servendo a tenere bassi i tassi di breve periodo. Quindi il capo della Fed ha fatto capire che questa strategia andrà avanti ancora a lungo: ci vorrà infatti «un po’ di tempo» prima che la politica monetaria americana torni «alla normalità».
Per Bernanke è stato uno degli ultimi discorsi da banchiere centrale. Oggi la Commissione bancaria del Senato americano confermerà la nomina di Janet Yellen a prendere la guida della Fed dal 1 ° febbraio, uno dei passaggi finali per la conferma definitiva. Con il cambio di presidenza la Fed potrebbe diventare ancora più aggressiva. Rispondendo alle domande di un senatore, Yellen ha sottolineato un concetto che Bernanke ha già ripetuto un paio di volte negli ultimi mesi: le soglie non sono meccanismi automatici. Significa che se la Banca centrale ha detto che i tassi resteranno azzerati almeno finché la disoccupazione non tornerà sotto il 6,5%, non è però detto che al raggiungimento di quell’obiettivo il costo del denaro tornerà a salire. E lo stesso vale per il quarto piano di quantitive easing: non ci sono automatismi che costringeranno al Fed a ridurre gli acquisti di titoli, che da gennaio proseguono al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese (anche se alla riunione di ottobre i consiglieri della Fed sono tornati a parlare della possibilità di tagliare lo shopping nei prossimi mesi).
Sono pessime notizie per i rigoristi della Banca centrale europea. Più le altre grandi banche centrali sperimentano politiche ultra-aggressive più sale la pressione perché la Bce faccia altrettanto. Martedì è stata l’Ocse a dare un consiglio, non richiesto, a Mario Draghi: «La Bce deve stare molto attenta – ha scritto l’organizzazione nel suo rapporto sull’economia mondiale – ed essere preparata a usare misure anche non convenzionali per eliminare che i rischi di deflazione diventino permanenti». Simili richiami non lasciano freddi i responsabili della politica monetaria europea. La settimana scorsa Peter Praet, capo economista della Bce, ha spiegato che se Francoforte vedesse a rischio la sua missione «prenderemo tutte le misure che riterremo di dover prendere per svolgere il nostro mandato ». Mentre martedì il portoghese Vitòr Constâncio ha chiarito che quella del quantitative easingeuropeo è «un’opzione, niente di più». Ma è stata una di quelle mezze smentite che si trasformano in conferme. Tanto che Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e leader dei custodi del rigore tedesco all’interno del consiglio della Bce, si è fatto intervistare dallo Zeit per spiegare che l'attuale politica monetaria espansiva è «giustificata» da una prospettiva di inflazione molto bassa e che ora non è il momento di parlare di nuove mosse: «Il consiglio ha appena deciso di tagliare i tassi, dunque non mi sembra sensato mandare immediatamente il messaggio che è pronto a farlo di nuovo».
Eppure già ieri qualcuno da Francoforte ha fatto arrivare all’agenzia Bloomberg una nuova indiscrezione: la Bce starebbe valutando di portare il tasso sui depositi bancari in negativo, allo -0,1%. Sarebbe un altro passo avanti verso una Bce più all’americana.
da Avvenire
Per Bernanke è stato uno degli ultimi discorsi da banchiere centrale. Oggi la Commissione bancaria del Senato americano confermerà la nomina di Janet Yellen a prendere la guida della Fed dal 1 ° febbraio, uno dei passaggi finali per la conferma definitiva. Con il cambio di presidenza la Fed potrebbe diventare ancora più aggressiva. Rispondendo alle domande di un senatore, Yellen ha sottolineato un concetto che Bernanke ha già ripetuto un paio di volte negli ultimi mesi: le soglie non sono meccanismi automatici. Significa che se la Banca centrale ha detto che i tassi resteranno azzerati almeno finché la disoccupazione non tornerà sotto il 6,5%, non è però detto che al raggiungimento di quell’obiettivo il costo del denaro tornerà a salire. E lo stesso vale per il quarto piano di quantitive easing: non ci sono automatismi che costringeranno al Fed a ridurre gli acquisti di titoli, che da gennaio proseguono al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese (anche se alla riunione di ottobre i consiglieri della Fed sono tornati a parlare della possibilità di tagliare lo shopping nei prossimi mesi).
Sono pessime notizie per i rigoristi della Banca centrale europea. Più le altre grandi banche centrali sperimentano politiche ultra-aggressive più sale la pressione perché la Bce faccia altrettanto. Martedì è stata l’Ocse a dare un consiglio, non richiesto, a Mario Draghi: «La Bce deve stare molto attenta – ha scritto l’organizzazione nel suo rapporto sull’economia mondiale – ed essere preparata a usare misure anche non convenzionali per eliminare che i rischi di deflazione diventino permanenti». Simili richiami non lasciano freddi i responsabili della politica monetaria europea. La settimana scorsa Peter Praet, capo economista della Bce, ha spiegato che se Francoforte vedesse a rischio la sua missione «prenderemo tutte le misure che riterremo di dover prendere per svolgere il nostro mandato ». Mentre martedì il portoghese Vitòr Constâncio ha chiarito che quella del quantitative easingeuropeo è «un’opzione, niente di più». Ma è stata una di quelle mezze smentite che si trasformano in conferme. Tanto che Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e leader dei custodi del rigore tedesco all’interno del consiglio della Bce, si è fatto intervistare dallo Zeit per spiegare che l'attuale politica monetaria espansiva è «giustificata» da una prospettiva di inflazione molto bassa e che ora non è il momento di parlare di nuove mosse: «Il consiglio ha appena deciso di tagliare i tassi, dunque non mi sembra sensato mandare immediatamente il messaggio che è pronto a farlo di nuovo».
Eppure già ieri qualcuno da Francoforte ha fatto arrivare all’agenzia Bloomberg una nuova indiscrezione: la Bce starebbe valutando di portare il tasso sui depositi bancari in negativo, allo -0,1%. Sarebbe un altro passo avanti verso una Bce più all’americana.
da Avvenire
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