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domenica 1 aprile 2012

Sulle rivoluzioni via Twitter


di Simon Kuper, sul Financial Times del 31 aprile 2012

When I recently discovered Twitter, I went from contemptuous to addicted in about three days. But one thing still puzzles me about the world’s 10th most popular website: the notion that it’s a revolutionary medium. The failed Moldovan rebellion of 2009 was probably the first to be dubbed the “Twitter revolution”, but since then, Twitter has been credited with launching the Iranian uprising, Arab spring and London riots. Now it has supposedly prompted the African Union to hunt for the Ugandan warlord Joseph Kony, after an anti-Kony propaganda film spread through social media and was watched more than 100 million times. I confidently predict that the next revolution anywhere on earth will be dubbed “the Twitter revolution”.
Non-tweeting readers may have formed the impression that the Twittersphere is devoted to summoning people to demonstrations in grey repressive capitals. In fact, “trending” items are usually celebrity deaths, goals in football matches or anything to do with the teenaged singer Justin Bieber. And what’s true of Twitter appears true of computers in general. They are antirevolutionary devices. The global addiction to computers is helping keep the world quiet and peaceful.

Mostly, though, computers produce quietism. Despite Occupy Wall Street, a striking fact of the great recession in developed countries has been the passivity of young people.
Every now and then, of course, social media do contribute to change. The Facebook page “We are all Khaled Said”, named after a young Egyptian who died in police custody, helped galvanise protesters in Cairo’s Tahrir Square last year. And bad activists use YouTube and Twitter too. “On the web one can proselytise for the jihad all day and night with friends from around the world,” writes Jytte Klausen, an expert on terrorism at Brandeis University, and colleagues.
Historically, revolutions are made by the young: few of the Parisians who stormed the Bastille in 1789 came on Zimmer frames. And today’s youth ought to be rebelling. About a fifth of under-25s in western countries are unemployed. Their luckier peers are mostly either studying something that won’t lead to much, working as underpaid interns or waiting tables. The best-educated generation in history is ceasing even to think in terms of careers anymore: entry-level positions in sought-after industries such as fashion and media are now typically unpaid. If that were me, I’d be angry.
True, there was a wave of rebellion: by one estimate, 900 occupations of urban public space have taken place in western countries since last spring. However, from Oakland to Auckland the wave died. This was not 1968. Only in the much less internet-penetrated Arab world did the young demonstrators persist. Of course, few western youths quite want to topple their regimes, but there was an additional force keeping them off the streets: computers. Computers are the perfect narcotic, even better than TV, because you rarely sit around a computer with your friends. Occupy Wall Street quickly grasped that to keep its customers satisfied, it needed to install free WiFi in New York’s Zuccotti Park. The authorities quickly grasped that to deflate the occupation, they needed to seize the wifi gear.
Many young people today practically live with screens. A study by the Kaiser Family Foundation in 2010 found that Americans aged eight to 18 were spending nearly eight hours a day on devices such as computers, smart phones and TV. The study’s authors were stunned: they hadn’t realised anyone could pack that much screen time into a day.
If you’re watching a screen, you’re probably not making revolution. The 300 million Chinese microbloggers are arguably the greatest antirevolutionary force on earth. Where were they a year ago, when the Communist party was worrying about uprisings? In their bedrooms, blogging. Some of them blogged about politics.
It didn’t change much. Sarah Nouwen, a law lecturer at Cambridge who studied the viral campaign against Kony, believes that, for many people, sending a political tweet is an end in itself. “It’s something you can use to strengthen your moral CV,” she says. “So if you tweet about Kony, you look and feel good.” The tweeter may not fret much about what happens in Uganda afterwards. This is what is known as “slacktivism”: lazy support for causes.
Perhaps we should be grateful to screens. Some social scientists puzzling over the recent fall in violent crime in western countries have formulated a new theory: many potential criminals are too addicted to their screens to go outside. After all, mugging, fighting in pubs and storming the presidential palace are leisure-time activities. When you can spend your leisure-time inside with a computer, why stand in the rain and harass passers-by? The economists A. Scott Cunningham, Benjamin Engelstätter and Michael R. Ward argue that though violent video games make people feel more violent, the net effect of those games is to reduce violence because they keep potentially violent people home.

http://www.ft.com/cms/s/2/0e072330-7940-11e1-9f0f-00144feab49a.html#ixzz1qhdq5k9h

sabato 31 marzo 2012

Il contributo dell'Italia all'Esm


Isabella Buffacchi, Sole 24 ore 
L'Italia quest'anno contribuirà al "capitale versato" del fondo di stabilità permanente Esm con una quota pari a 5,7 miliardi che sarà versata in due rate da 2,85 miliardi, pagate l'una in luglio e l'altra entro ottobre. Questi due importi saranno coperti con emissione di titoli di Stato a medio e lungo termine, con caratteristiche che saranno stabilite per decreto dal ministero dell'Economia.
Questi 5,7 miliardi andranno a sommarsi ai 10,3 miliardi già erogati dall'Italia alla Grecia tramite prestiti bilaterali intergovernativi e all'aumento del debito pubblico per 3,974 relativamente ai prestitiEfsf già concessi a Portogallo e Irlanda tra il febbraio 2011 e il gennaio 2012. Il conto della "crisi del debito europeo", sotto il profilo contabile senza nessuna perdita secca per le casse dello Stato, sale così a circa 20 miliardi. E salirà ancora. L'Italia verserà in tutto, entro la prima metà del 2014, cinque rate di capitale "paid-in" nell'Esm, per un totale di 14,25 miliardi: questa liquidità verrà raccolta, stando a fonti bene informate, tramite emissione di BTp o altri titoli a medio-lungo termine.

Più chiarezza sui "redditi degli italiani"


Franco Bechis su Libero del 31 marzo 2012
"Gli imprenditori raramente sono dipendenti della loro azienda. Il loro reddito viene dalle azioni in loro possesso. Tassate in origine, quelle ricchezze non debbono essere inserite nella dichiarazione dei redditi. E quindi non entrano in quella statistica e nella cifra dei 18.170 euro. Se si tratta di partecipazioni non qualificate (meno del 5 per cento in una società quotata o del 25 per cento in una non quotata), i dividendi che li fanno ricchi sono tassati con la cedolare secca nel momento stesso in cui li ricevono: era del 12,5 per cento, ora è al 20 per cento. Se l’imprenditore invece ha una partecipazione qualificata, quindi più del 25 per cento in una qualsiasi società non quotata e più del 5 per cento in una quotata, ad entrare nella dichiarazione dei redditi è solo il 49,72 per cento dei redditi effettivamente ricevuti. Il motivo è semplice: gli utili vengono distribuiti dalle società quando sono netti, e cioè già tassati a reddito di impresa. Quindi per capirci, anche se le statistiche sembrano bugiarde, non è vero che gli imprenditori sono più poveri dei loro dipendenti, perché il reddito reale medio è circa il doppio di quei 18.170 euro censiti dal dipartimento delle politiche fiscali.


http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=82248339

Altri numeri dello shale gas

Tra il 1978 e il 1992 il governo federale americano ha speso ben 137 milioni di dollari per sviluppare le tecnologie che permettono l'estrazione dello shale gas. Robert Hefner, imprenditore del gas naturale e autore di The grand energy transition, fa notare che con il gas naturale si risparmiano 20 milioni di dollari ogni anno per riscaldare 65 milioni di famiglie americane. La Russia può chiedere fino a 17 dollari per 300 metri cubi di gas dai Paesi confinanti, come l'Ucraina e le nazioni europee. Gli Stati Uniti producono gas naturale a 2,5c dollari per 300 metri cubi e dispongono della tecnologia di liquefazione più avanzata ed economica al mondo.


"Si passerà da un mondo in cui pochi Paesi Russia, Iran, Qatar e Arabia Saudita controllano il prezzo e le forniture di gas naturale a un mondo in cui questa fonte energetica sarà molto più diffusa. (Per il momento, l`Iran non ha alcun accesso alle tecnologie indispensabili per sfruttare i propri giacimenti)".


Fareed Zakaria
http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=82260622

I debiti dell'america

"Nel suo ultimo giorno da presidente, il 19 gennaio 2009, Bush junior lasciava al paese un debito (Total Public Debt) di 10.626 miliardi, circa il 70% del Pil, dopo averne aggiunto in otto anni 4.899, cioè un raddoppio. Al 15 marzo 2012, in soli tre anni e due mesi scarsi, Obama superava d'un balzo, causa crisi finanziaria ed economica, i 4.900 miliardi in più. Di questo passo prima di Pasqua verrebbero doppiati i 15.600 (15.589 al 27 marzo), il 105% sul Pil 2011. Mantenendo la velocità media di crescita registrata in un anno, i 16.300 verrebbero superati entro metà ottobre, al più tardi. Entro settembre, cioè entro la fine dell'anno fiscale 2012, dice il Bilancio (Omb)."


Mario Margiocco, il Sole 24 Ore


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-03-31/compiti-casa-stati-uniti-081054.shtml?uuid=AbK9whGF

venerdì 30 marzo 2012

I tedeschi lasciano senza atomo il Regno Unito

Altro brusco passo indietro nel rinascimento nucleare globale. Le tedesche Rwe e E.on hanno deciso di uscire dalla joint venture Horizon Nuclear Power che avrebbe dovuto progettare e realizzare nuovi impianti nucleari in Gran Bretagna. Le due società hanno spiegato che la crisi economica le ha private di molte risorse e il ritiro dei tedeschi del nucleare ha messo ulteriore pressione su di loro.


http://www.nytimes.com/2012/03/30/business/global/Britains-Nuclear-Plans-Suffer-Setback.html

giovedì 29 marzo 2012

I sauditi: "Prezzi del petrolio insensati"

Ali al Naimi, ministro del petrolio saudita, stavolta ha scritto direttamente al Financial Times per ribadire che "non c'è un motivo razionali per cui i prezzi del petrolio debbano rimanere ai livelli attuali" e chiarire che "l'Arabia Saudita vorrebbe vedere un prezzo più basso. Un prezzo giusto e ragionevole che non danneggi la ripresa mondiale, specialmente nelle economie emergenti e in via di sviluppo, e che generi un buon ritorno per le nazioni produttrici, e che attragga investimenti sull'industria petrolifera"


http://www.ft.com/intl/cms/s/0/9e1ccb48-781c-11e1-b237-00144feab49a.html#axzz1qLSeiWul