L'ultima indagine di Idc dice che la quota di mercato di Apple nei tablet è scesa dal 59,7% di un anno fa al 50,4% dell'ultimo trimestre estivo. Quella di Samsung è salita dal 6,5 al 18,4%. Amazon ha conquistato il 9% del mercato.Asus, con il Nexus 7, è aumentata dal 3,8 all'8,6%.
Cerca nel blog
martedì 6 novembre 2012
La brutta crisi della Volvo cinese
Nella prima metà del 2012 la Volvo - acquistata dal 2010 da Zhejian Geely Holding Group - ha perso 254 milioni di corone svedesi (38 milioni di dollari). Le vendite non vanno: nei primi 10 mesi dell'anno sono scese del 5,9% a livello globale, del 10,6% in Europa e del 7,3% in Cina. A ottobre le immatricolazioni sono state 34.843. Le fabbriche di Gent e Torslanda lavorano a ritmi ridotti.
giovedì 1 novembre 2012
Anche per General Motors il problema è l'Europa
General Motors ha perso 478 milioni di dollari in Europa tra luglio e settembre. Le previsioni sono di chiudere il bilancio europeo con una perdita tra gli 1,5 e gli 1,8 miliardi di dollari (l'anno scorso il rosso fu di 747 milioni). Durante il terzo trimestre Opel e i suoi concessionari sono riusciti a ridurre gli inventari di 100 mila auto rallentando la produzione e spingendo le vendite. Opel ha anche tagliato 2.300 posti di lavoro. L'obiettivo è tornare a fare utili tra il 2014 e il 2016.
mercoledì 31 ottobre 2012
La tassa di successione negli Stati Uniti
La tassa di successione negli Stati Uniti attualmente prevede un'aliquota del 35% sulle eredità, ma solo sui valori da 5 milioni di dollari in su. Questa soluzione è frutto di un accordo del 2010 tra democratici e repubblicani. Quello stesso accordo prevede che la tassa - quasi eliminata da Bush - ritorni al 55% l'anno prossimo mentre la soglia minima nel frattempo scenderebbe a 1 milione. Non succederà: Romney vuole cancellare la tassa di successione mentre Obama ora propone un'aliquota del 45% dai 3,5 milioni in su. Nel 2011 questa tassa ha generato entrate da 7,4 miliardi di dollari, quest'anno dovrebbe arrivare a 11 miliardi.
Etichette:
Obama,
Romney,
tassa di successione,
Tasse,
Usa
martedì 30 ottobre 2012
Perché i mutui diventano impossibili
Pagina allarmata sui mutui, sul Sole di oggi. Le banche fanno di tutto per non concedere più mutui: tengono gli spread al 3%, alzano dal 30 al 40% la quota rata/reddito massima, tagliano dal 100 al 70% il rapporto massimo tra mutuo e valore dell'abitazione. Perché lo fanno? Il Sole non risponde. Ci provo con un'ipotesi banale: prima di tornare a fare prestiti a chi vuole comprarsi una casa, aspettano di capire fin dove dovranno scendere i valori degli immobili. Perché l'impressione è che tra Imu, demografia e calo dei redditi sul mattone ci sia ancora da tagliare parecchio (20-30-40?).
venerdì 26 ottobre 2012
L'auto in ritirata.
La selezione naturale delle fabbriche d’auto europee procede inesorabile. Ford ha annunciato che chiuderà entro la fine del 2014 lo stabilimento di Genk, in Belgio, dove oggi con 4.300 addetti costruisce la Mondeo, il Galaxy e il S-Max. Fra due anni questi veicoli finiranno fuori produzione, Ford ha deciso di affidare la costruzione dei nuovi modelli alla fabbrica spagnola di Valencia, dove produce la monovolume C-Max con 3.500 operai che, secondo i calcoli degli analisti, costano il 75% in meno dei loro colleghi belgi. Il mercato dell’auto europea vive una crisi strutturale, lo stabilimento spagnolo lavora al 50-60% della sua capacità produttiva. Con i nuovi modelli potrà raggiungere quell’80% considerato la soglia minima per non lavorare in perdita. La Ford, come la Fiat, oggi perde soldi in Europa e li guadagna altrove. A Detroit prevedono di chiudere il 2012 con 9 miliardi di dollari di utili. Sarebbero stati 10, ma l’attività europea farà un rosso di 1 miliardo. A ogni auto costruita nel Vecchio Continente, spiegano i manager, corrisponde una perdita di 1.125 euro; abbandonare il Belgio costerà 1,1 miliardi di dollari ma permetterà di risparmiare ogni anno 730 milioni. Probabilmente giovedì annunceranno anche la chiusura della fabbrica inglese di Southampton, 500 dipendenti.
Quella di Genk, aperta nel 1964, è la quinta fabbrica europea di automobili di cui è stata pianificata la chiusura negli ultimi due anni. La General Motors nel 2010 ha chiuso lo stabilimento di Anversa, ancora in Belgio, e progetta di fermare nel 2014 la fabbrica tedesca di Bochum. L’anno scorso Fiat ha lasciato Termini Imerese. Psa, cioè il gruppo Peugeot-Citroën, ha annunciato che interromperà la produzione ad Aulnay, a una manciata di chilometri da Parigi.Quest’ultima chiusura però potrebbe essere evitata grazie all’intervento dello Stato. Psa è in profonda crisi (in 6 mesi ha perso 819 milioni di euro) e ieri, oltre ad annunciare una rafforzamento dell’alleanza con General Motors, ha ufficialmente ottenuto l’aiuto formale del governo francese. Lo Stato concederà 7 miliardi di euro di garanzie e 11,5 miliardi di rifinanziamenti al Banque Psa Finance, l’istituto con cui la casa automobilistica finanzia gli acquisti delle sue auto. La banca della Peugeot all’inizio del mese è stata declassata da Moody’s al livello di 'spazzatura', e senza aiuti rischiava di rimanere a corto di liquidità. Il sostegno statale non è gratis: prestiti e garanzie sono a pagamento, inoltre l’azienda non potrà distribuire dividendi né pagare stock option ai manager e ha dovuto accettare l’ingresso di un rappresentante dello Stato e di uno dei sindacati nel suo consiglio di sorveglianza. Probabilmente anche il piano di tagli e chiusure annunciato in estate (gli esuberi previsti sono 10 mila) dovrà essere ammorbidito. Arnaud Montebourg, ministro dello Sviluppo economico di Hollande, lo ha chiesto esplicitamente.
Attenzione, però, perché anche l’auto europea ha i suoi falchi. Falchi, come al solito, tedeschi. David McAllister, primo ministro dello Stato della Bassa Sassonia, azionista di Volkswagen con una quota del 20%, ha già invitato il governo di Berlino a chiedere alla Commissione europea di verificare se quelli previsti dal piano francese non siano aiuti di Stato illegali. Mentre tutte le case automobilistiche europee sono più o meno in difficoltà Volkswagen, Mercedes e Bmw sanno come resistere. Ieri Volkswagen ha mostrato i conti dei primi 9 mesi: ha fatto 8,8 miliardi di utili, poco meno di un anno fa, ma conta di chiudere l’anno con 11,3 miliardi di profitti. Fiat-Chrysler, che presenterà i suoi risultati martedì, nel 2012 potrebbe fare utili per 1,1 miliardi. Dieci volte meno. Più forti degli altri, i tedeschi comprensibilmente non vogliono che i loro rivali europei in difficoltà siano aiutati. È il mercato. Sergio Marchionne come presidente di turno dell’Acea, l’associazione dei produttori europei, ha tentato di ottenere Bruxelles un piano di sostegno che aiuti il settore a ridurre la capacità produttiva (ad esempio agevolazioni per riconvertire le fabbriche), ma Volkswagen è intervenuta per fermarlo. Così, senza una strategia comune, ogni Paese dell’Unione europea ora va per la sua strada nella gestione della crisi dell’auto. E ai manager costretti a chiudere fabbriche rimaste senza mercato tocca sorbirsi le periodiche lezioni di Martin Winterkorn, il numero uno di Volkswagen. Ieri, in occasione dei conti, il tema è stato 'perché non delocalizzare': «Dove scompare la produzione – ha ricordato a tutti il manager tedesco – scompare, a breve o lungo termine, anche lo sviluppo».
da Avvenire
Quella di Genk, aperta nel 1964, è la quinta fabbrica europea di automobili di cui è stata pianificata la chiusura negli ultimi due anni. La General Motors nel 2010 ha chiuso lo stabilimento di Anversa, ancora in Belgio, e progetta di fermare nel 2014 la fabbrica tedesca di Bochum. L’anno scorso Fiat ha lasciato Termini Imerese. Psa, cioè il gruppo Peugeot-Citroën, ha annunciato che interromperà la produzione ad Aulnay, a una manciata di chilometri da Parigi.Quest’ultima chiusura però potrebbe essere evitata grazie all’intervento dello Stato. Psa è in profonda crisi (in 6 mesi ha perso 819 milioni di euro) e ieri, oltre ad annunciare una rafforzamento dell’alleanza con General Motors, ha ufficialmente ottenuto l’aiuto formale del governo francese. Lo Stato concederà 7 miliardi di euro di garanzie e 11,5 miliardi di rifinanziamenti al Banque Psa Finance, l’istituto con cui la casa automobilistica finanzia gli acquisti delle sue auto. La banca della Peugeot all’inizio del mese è stata declassata da Moody’s al livello di 'spazzatura', e senza aiuti rischiava di rimanere a corto di liquidità. Il sostegno statale non è gratis: prestiti e garanzie sono a pagamento, inoltre l’azienda non potrà distribuire dividendi né pagare stock option ai manager e ha dovuto accettare l’ingresso di un rappresentante dello Stato e di uno dei sindacati nel suo consiglio di sorveglianza. Probabilmente anche il piano di tagli e chiusure annunciato in estate (gli esuberi previsti sono 10 mila) dovrà essere ammorbidito. Arnaud Montebourg, ministro dello Sviluppo economico di Hollande, lo ha chiesto esplicitamente.
Attenzione, però, perché anche l’auto europea ha i suoi falchi. Falchi, come al solito, tedeschi. David McAllister, primo ministro dello Stato della Bassa Sassonia, azionista di Volkswagen con una quota del 20%, ha già invitato il governo di Berlino a chiedere alla Commissione europea di verificare se quelli previsti dal piano francese non siano aiuti di Stato illegali. Mentre tutte le case automobilistiche europee sono più o meno in difficoltà Volkswagen, Mercedes e Bmw sanno come resistere. Ieri Volkswagen ha mostrato i conti dei primi 9 mesi: ha fatto 8,8 miliardi di utili, poco meno di un anno fa, ma conta di chiudere l’anno con 11,3 miliardi di profitti. Fiat-Chrysler, che presenterà i suoi risultati martedì, nel 2012 potrebbe fare utili per 1,1 miliardi. Dieci volte meno. Più forti degli altri, i tedeschi comprensibilmente non vogliono che i loro rivali europei in difficoltà siano aiutati. È il mercato. Sergio Marchionne come presidente di turno dell’Acea, l’associazione dei produttori europei, ha tentato di ottenere Bruxelles un piano di sostegno che aiuti il settore a ridurre la capacità produttiva (ad esempio agevolazioni per riconvertire le fabbriche), ma Volkswagen è intervenuta per fermarlo. Così, senza una strategia comune, ogni Paese dell’Unione europea ora va per la sua strada nella gestione della crisi dell’auto. E ai manager costretti a chiudere fabbriche rimaste senza mercato tocca sorbirsi le periodiche lezioni di Martin Winterkorn, il numero uno di Volkswagen. Ieri, in occasione dei conti, il tema è stato 'perché non delocalizzare': «Dove scompare la produzione – ha ricordato a tutti il manager tedesco – scompare, a breve o lungo termine, anche lo sviluppo».
da Avvenire
martedì 23 ottobre 2012
Hyundai anche in Brasil
"Chi sono i concorrenti più pericolosi? La risposta del manager tedesco è netta: «Più dei cinesi, mi preoccupano i coreani». Hyundai ha per ora una quota di mercato dell'1,5%, ma la sua fabbrica a Piracicaba, nella regione di San Paolo, è appena entrata in funzione: la casa coreana punta a produrre 150mila unità l'anno prossimo, con un modello di business particolare: la rete commerciale dei modelli prodotti qui (con la sigla HB, Hyundai Brasil) sarà completamente separata da quelli importati".
Martin Winterkorn di Voliswagen al Sole24Ore
Martin Winterkorn di Voliswagen al Sole24Ore
Iscriviti a:
Post (Atom)