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giovedì 5 luglio 2012

Le perdite di Fiat in Europa


"Quest’anno, Europa, Medio Oriente e Africa daranno alla Fiat 19 miliardi di fatturato con un trading profit
negativo per 650 milioni; il Nord America 47 miliardi di fatturato con un margine positivo per 3,1 miliardi;
l’America Latina (principalmente il Brasile), farà 10,6 miliardi di ricavi e quasi un miliardo di margine; l’Asia e il resto del mondo, 3,3 miliardi di ricavi e 350 milioni di trading profit. Partendo da tali previsioni e dai multipli dei concorrenti, l’analista Massimo Vecchio attribuisce all’Europa (Fiat) un valore negativo per 3,4 miliardi, mentre ne assegna di positivi al Nord America (Chrysler) per 16 miliardi, all’America Latina (Fiat) per 10,8, al resto del mondo (Fiat e Chrysler) per 2,4, alla Ferrari per 4 miliardi e così via fino a maturare un valore teorico lordo di 31,6 miliardi che, al netto dei debiti e degli interessi di minoranza (i sindacati Usa in Chrysler), scende a 16 miliardi. La somma delle parti tradizionale, fatta dallo stesso analista, porta a un valore assai diverso, 7,4 miliardi, sempre ottimistico ma molto più vicino alla reale capitalizzazione di Borsa, che corre sui 5 miliardi".
dal Corriere di oggi

mercoledì 4 luglio 2012

I problemi elettrici di JPMorgan

L'autorità americana per l'energia ha multato JPMorgan due volte negli ultimi tre mesi: gli investigatori vogliono capire se la banca ha manipolato i mercati dell'energia elettrica in California e nel Midwest. C'è il sospetto che le operazioni finanziarie della banca abbiano fatto salire il costo dell'energia di almeno 73 milioni.
dal Ft

La crescita del debito pubblico italiano secondo il Censis

Calcola il Censis che nel decennio degli anni '70 il Pil è aumentato in media del 3,8% e il debito era del 56%, nel decennio successivo la crescita è stata del 2,4% e il debito del 94,8%, nel decennio degli anni '90 crescita all'1,6% e debito al 108,5%, tra il 2000 e il 2010 Pil +0,4% e debito al 118,6%.
dal Foglio

Cosa succede alla Barclays

mio pezzo su Avvenire di oggi


Lo scandalo del tasso Libor "truccato" si sta allargando al di là di ogni aspettativa, con un effetto valanga che rischia di travolgere l’intera classe dirigente del sistema bancario del Regno Unito. La prima a pagare è Barclays, che venerdì scorso ha chiuso il caso che la riguarda accettando una multa da 290 milioni di sterline imposta dall’Autorità finanziaria britannica (la Fsa), dal dipartimento di Giustizia americano e dalla Cftc, la commissione statunitense che regola il mercato dei derivati. Le indagini riguardano altre 20 grandi banche internazionali – comprese Citigroup, Deutsche Bank e Hsbc – e coinvolgono direttamente Paul Tucker, il vice governatore della Banca di Inghilterra.
Barclays, 322 anni di storia, è una banca senza più una guida. Lunedì si è dimesso il presidente Marcus Agius, nel tentativo di proteggere l’amministratore delegato, l’americano Bob Diamond. Non è servito: ieri, sotto pressione della politica inglese, si è dimesso anche Diamond e se n’è dovuto andare anche il direttore generale Jerry del Missier. «Spero sia un primo passo verso una nuova cultura della responsabilità nel sistema bancario inglese» ha detto David Osborne, cancelliere dello Scacchiere. Oggi Diamond sarà ascoltato dalla commissione di inchiesta parlamentare voluta dal premier David Cameron. Il banchiere, che avrebbe diritto a una buonuscita di 20 milioni di euro (il Cda lo ha però invitato a rinunciare), potrebbe raccontare storie molto sgradevoli sulla Banca centrale inglese.
Al centro di tutta questa vicenda ci sono i tassi Libor che, con scadenze da 1 giorno ai 12 mesi, indicano gli interessi a cui le banche si stanno prestando reciprocamente denaro (soprattutto sterline e dollari, per l’euro il tasso è l’Euribor). Sono indicatori fondamentali per la finanza globale: si basano sul Libor contratti per un valore totale stimato in 350 mila miliardi di dollari, 5 volte il Pil del pianeta. Per fissare questi tassi, la British Banker Association (la Bba) ogni giorno chiede alle banche a che tasso contano di ottenere denaro in prestito dagli altri istituti il giorno dopo, quindi fanno la media. Barclays è stata punita perché da alcune email scambiate tra i suoi dipendenti emerge che gli addetti comunicavano alla Bba tassi diversi da quelli reali. Lo facevano per due motivi: a volte per favorire i trader interni, che speculavano sulle oscillazioni del Libor e promettevano bottiglie di champagne Bollinger ai colleghi disposti a mentire per aiutarli, altre volte per nascondere la sfiducia che le altre banche avevano sullo stato di salute di Barclays.
Questa seconda esigenza, in particolare, sarebbe stata avvallata dalla Bank of England. In una nota interna del 2008 inviata da Diamond (allora responsabile degli investimenti) all’amministratore delegato John Varley, il manager sottolineava che Paul Tucker, allora direttore generale per i Mercati della Banca di Inghilterra, gli aveva fatto presente che al ministero del Tesoro gli chiedevano perché Barclays comunicasse tassi così alti per il Libor. Scriveva Diamond: «Tucker ha assicurato che le chiamate che ha ricevuto dal governo sono di primo piano, e lui è certo che noi non abbiamo bisogno di consigli, che non deve sempre essere per forza il caso di mostrarci così alti (sui tassi Libor, ndr) come abbiamo fatto ultimamente».
L’agenzia Reuters ieri ha evidenziato come almeno 5 volte tra il 2007 al 2009 da alcuni addetti della Barclays e da dipendenti di altre banche siano stati mandati precisi allarmi sull’inattendibilità delle cifre del Libor alla Banca centrale inglese, alla Bba e alla Fsa. Sirene che, evidentemente, sono state poco ascoltate.
È il coinvolgimento degli stessi "vigili" della City a fare del caso Libor una bomba la cui esplosione può annientare i vertici della finanza londinese. Per il primo ministro Cameron, che si vanta di essere il discendente di una famiglia di banchieri, sarà personalmente difficile gestire la vicenda. Già l’opposizione lo accusa di essere troppo morbido. E certe decisioni che nel frattempo si stanno prendendo oltre la Manica non lo aiutano. «Se le 17 nazioni della zona euro fanno un’unione bancaria, e francamente penso che debbano farla, e se sapremo dotarci di meccanismi di salvaguardia, allora per noi non sarebbe un cambiamento fondamentale» ha assicurato ieri un premier britannico poco abile nel nascondere le sue paure: la prospettiva di un’Unione bancaria europea non può che lasciare Londra più isolata e attaccabile.

lunedì 2 luglio 2012

La straordinaria crescita polacca

Secondo un recente studio dell'istituto di ricerca economica francese Coe-Rexecode i polacchi lavorano 1.975 ore all'anno, più dei tedeschi e molto più dei francesi, che si fermano a 1.679 ore all'anno. I tedeschi hanno un'efficienza doppia dei polacchi, ma i salari dei polacchi sono un quindi di quelli tedeschi.
Secondo una ricerca di Nomura, la Polonia sarebbe l'unico Paese europeo a non finire in recessione anche nel caso di uno scioglimento della zona euro. Tra il 2008 e il 2011 il Pil della Polonia è salito del 15,8%, quello dell'Europa è sceso dello 0,5%.
dal Ft


Il Giappone riattiva il primo reattore

Domenica il Giappone ha riattivato il suo primo reattore, chiudendo così i due mesi senza energia nucleare. Il reattore riattivato è il numero 3 di Oi, gestito dalla Kansai Electric. Il 17 luglio dovrebbe essere riattivato anche il reattore numero 4.

Le case giapponesi fanno le auto all'estero

A causa dello yen forte le case automobilistiche giapponesi progettano di spostare la produzione all'estero per risparmiare. C'è la Toyota che farà la Yaris a Valenciennes per venderla negli Stati Uniti, la Nissan chiuderà due linee nella fabbrica di Oppama e farà le auto (secondo le indiscrezioni) in Thailandia, poi ha annunciato mille assunzioni in Mississipi, dove costruirà la Sentra, Honda ha annunciato che vuole allargare il suo export dalle fabbriche statunitensi a 150 mila auto all'anno.
dal Wsj